Martedi’ 25 Gennaio 2005: Julian Cope



Venerdi’ sera avevo poco piu’ di 38 di febbre e fuori faceva freddo. Non importa, ho pensato, mi imbaccucco ben bene e vado a sentire Julian Cope (che suonava una rara data alla Royal Festival Hall). E cosi’ ho fatto, febbricitante sono salito alla piattaforma della metropolitana (che dove abito e all’aperto, su un ponte sopraelevato abbastanza ventoso) sperando che il treno arrivasse in fretta. Poi per evitare il vento su Hungerford Bridge sono sceso a Waterloo e mi sono trascinato sul retro del teatro. Insomma ho preso tutte le precauzioni per non perdere Julian Cope, senza contemporaneamente rischiare un brutto peggioramento della mia febbre.

Mi aspettavo un concerto memorabile. E invece, lo dico con tutta la delusione che potete immaginare, tutto quello che Julian Cope ha proposto suonava come una brutta copia dell’hard rock degli Steppenwolf (che vi assicuro, con la febbre e’ letale!). Fortunatamente sono stato tutto il tempo seduto (perche’ non sarei riuscito a stare in piedi per piu’ di 5 minuti in quelle condizioni), ma sempre piu’ distratto e meno interessato a quello che sentivo. Il nuovo disco di Julian Cope e' uscito ieri e non l’ho ancora ascoltato, ma se e’ come il concerto state alla larga.

Tra l’altro Cope ha fatto 2 set, interrotti a meta’ da un set dei Comets On Fire assolutamente insopportabile (immaginate un incrocio tra gli Hawkwind e i Monster Magnet pero’ portato alle estreme conseguenze di rumore).

Come ultimo brano Cope ha suonato uno dei suoi pezzi storici che amo maggiormente, “Raynard the fox”, la storia poetica della volpe Raynard, che fugge dai cacciatori che hanno sterminato la sua famiglia. Poetica su disco. Venerdi’ (oltre 20 anni dopo la pubblicazione su album va ammesso) Cope l’ha trasformata in una pantomima oltremodo sbrodolata e teatrale, drammatica e molto oscura. E noiosa, come noiosa e’ stata tutta la serata.

Julian si e’ proprio perso. Ma restano i suoi capolavori del passato. Non perdete per nessuna ragione, se ancora non sono sui vostri scaffali dei dischi, “Fried” e “World shut your mouth” del 1984. Ascoltate la versione originale di “Raynard the fox”, la splendida, primaverile psichedelia di “Sunspots”, le atmosfere acustiche di “Me singing”, il pop quasi XTC di “Bill Drummond said”, canzoni che restano immortali e che il noioso, appesantito Julian Cope di oggi non sa piu’ scrivere. E se la trovate, di ”Fried” cercate la prima tiratura su vinile, quella con allegato il poster di un giovane Julian sotto un guscio di tartaruga, che guarda il mondo da una collina. Poster che da oltre 20 anni e’ appeso sul mio letto, nella casa dove vivevo con i miei genitori.

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