Lunedi' 28 Febbraio 2005: Matt Ward



Il suo disco del 2003 si intitolava “The transfiguration of Vincent”, e vi assicuro che se all’epoca l’avete ascoltato non l’avete domenticato tanto facilmente: soprattutto per una versione spettrale di “Let’s dance” di David Bowie. Una versione che lasciava presagire che proprio nessuna danza sarebbe accaduta.

Il suo nome e’ Matt Ward e fa il cantautore. Matt Ward e’ nato in California, ma ora vive a Portland, nell’Oregon, che negli Stati Uniti gode di una reputazione da citta’ di pazzi.

E da un matto Matt Ward e’ stato scoperto, da quello spirito inquieto che risponde al nome di Howe Gelb, cantante e polistrumentista del progetto in perenne trasformazione chiamato Giant Sand. Howe Gelb che pubblico’ i primi due dischi di Ward per la sua piccola etichetta, la Ow Om.

E Howe Gelb che compare come ospite anche in questo quarto album di Ward, che porta il titolo di “Transistor radio”, pubblicato in questi giorni da Matador.

“Transistor radio” e’ un disco dedicato, leggiamo sulle note di copertina, alle ultime radio indipendenti rimaste, e soprattutto alle stazioni radio del passato. Quelle radio che erano animate dalla passione per la musica e che si ascoltavano, tra mille fruscii, in onde medie.

Ha dichiarato a Uncut Matt Ward: “Ho letto dell’impatto che la scomparsa di John Peel (storico dj di BBC Radio 1) ha avuto. La sua scomparsa per me rappresenta un cambio della guardia nel nostro modo di comunicare. L’essere umano che comunica la sua passione per la musica e’ oggi sostituito da un robot che puo’ solo suonare quello che Clear Channel ha pre-programmato”.

Non sono certamente le radio commerciali quelle alle quali Matt Ward si rivolge. E non e’ il suono digitale di oggi, quello che esce dai solchi dei suoi dischi. Nella stessa intervista, Matt Ward si spinge a dichiarare: “Tra 100 anni, la rivoluzione digitale sara’ ricordata per quello che e’: gli anni bui del suono. Essa cancella l’umanita’ da ogni voce, corda o tamburo. Essa ha manipolato le nostre menti e le nostre orecchie al punto che oggi la musica di mezzo secolo fa ci appare ‘fuori moda’”.

La sua musica e’ proprio una reazione ai suoni gelidi, robotici degli i-Pod, alla riduzione dell’arte musicale in file MP3.

Stilisticamente Matt Ward riprende il folk di Woody Guthrie e del primo Bob Dylan, dei boot-stomp drums (i ritmi tenuti battendo gli stivali a terra) e delle cottonfield guitars che accompagnavano il blues che nasceva nei campi di cotone come canto che accompagnava il lavoro.

La sua e’ musica romaticamente aggrappata alla tradizione e il suo e’ un talento destinato, con ogni probabilita’, a restare ai margini del panorama musicale, cosi’ come accade a Howe Gelb o a Vic Chesnutt (che compaiono in questo “Transistor radio”): grandi scrittori di canzoni che il mondo frenetico nel quale viviamo non ha piu’ il tempo di ascoltare.

Ma provate a prestare attenzione a questo disco, alle sue semplici, consolatorie ballate, a quello stile chitarristico che riprende il finger-picking di John Fahey con naturalezza.

Ascoltate, in apertura, la spontaneita’ con la quale Matt Ward riprende in modo strumentale la meravigliosa “You still believe in me” di Brian Wilson. Date un ascolto a “One life away” che la segue, con quel suono pieno di nostalgia, che sembra uscire da una vecchia radio a transistor. Lasciatevi contagiare dalla cover di “Sweethearts on parade” di Louis Armstrong, avvolta da interferenze che sembrano le stesse dei primi dischi dei Flaming Lips.

C’e’ amore per la tradizione, reso con una produzione in meravigliosa bassa fedelta’ in questo disco, dalla copertina a tinta seppia e dai suoni naturali ottenuti con nulla.

Fragile e agrodolce, ritratto di quell’America perdente rappresentata in un film come “Sideways”, “Transistor radio” e’ decisamente un disco che merita un ascolto.

http://www.matadorrecords.com/m_ward/

Commenti

Unknown ha detto…
il nuovo disco dei Wedding Present e' molto gradevole..:)
Fabio ha detto…
Sono d'accordo. Tra i gruppi di quella generazione, anche gli House Of Love hanno recentemente pubblicato un disco piacevole.
Roberto Iza Valdés ha detto…
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