We knew she was gonna be huge, though

[Hayward Gallery, Luglio 2008]


Yeah, it wakes you up - straight away, Debbie Harry in violet boots. You know - and you were eating your tea and you go - excuse me.


Ieri mattina cercavo di svegliarmi ascoltando una vecchia raccolta di A Certain Ratio uscita su Soul Jazz qualche anno fa, mentre facevo colazione con una dose supplementare di te'. Se non avete mai letto la lunga intervista, 32 pagine, contenuta nel libretto allegato al CD, fatelo assolutamente.

Non tanto e non solo per l'aspetto musicale. Non posso pensare a un'altrettanto dettagliata descrizione della cultura giovanile inglese dell'Inghilterra suburbana dopo il punk come quella raccontata in quella intervista. Ne emerge un'Inghilterra davvero insulare, quella che mi ricordo di quando da ragazzino passavo le estati da queste parti e mi sembrava di essere stato paracadutato su Marte. Negozi che chiudevano tassativamente alle 5 e che la domenica restavano rigorosamente chiusi, nessuna eccezione. La cena, che si chiamava paradossalmente te', servita non piu' tardi delle 6. Che era anche l'ora del telegiornale, quello che da noi va in onda alle 8.

A Manchester esisteva una televisione che si chiamava Granada Television. Non so se esista ancora oggi, in questa eta' globale di Sky e MTV. Granada era un canale locale. Se avete visto recentemente Control, il film di Anton Corbjin sui Joy Division, ricorderete lo stile approssimativo di conduzione della trasmissione musicale che andava in onda alle 6 e mezza, subito dopo il telegiornale, condotta da Tony Wilson. A quell'ora, in prima serata, Wilson ospitava nel suo programma Debbie Harry, Elvis Costello, Iggy Pop, i Sex Pistols, i Buzzcocks, i Joy Division, gli Human League.

Finito il programma, tutti gli ospiti si trasferivano in quello che era un circolo di guidatori di autobus, che originariamente si chiamava Russel Club, ma che Wilson ribattezzo' Factory.

A Certain Ratio furono una delle prime formazioni a pubblicare per la Factory, quando Wilson decise di fare seguito all'esperienza di quelle club nights con un'etichetta. La prima uscita su Factory fu A Factory sample, che conteneva brani di Joy Division, Durutti Column, John Dowey e Cabaret Voltaire. La seconda fu proprio un sette pollici di A Certain Ratio, All night party.

Titolo appropriato. A Certain Ratio furono i primi esponenti del post-punk inglese, insieme soltanto al Pop Group di Bristol, ad incorporare elementi di black music e dance culture nella loro musica. Wilson era molto rigido rispetto a due richieste che faceva ai gruppi Factory: collaborare con Martin Hannett e Peter Saville, per avere una matrice sonora e grafica unificante per l'etichetta.

Martin Hannett, l'ho gia' scritto altre volte, lo considero un genio assoluto. Il suono profondo dei Joy Division lo invento' lui trafficando in studio. Quello stesso suono, pieno di echi e riverberi, lo applico' anche alle produzioni di A Certain Ratio. Se considerate anche che A Certain Ratio condividevano la sala prove con il gruppo di Ian Curtis e che Simon Topping aveva una voce con un'impostazione molto simile a quella di Ian, capite perche' le prime uscite di A Certain Ratio possono ricordare dei Joy Division che anziche' ispirarsi ai Velvet Underground si rifanno ai Funkadelic.

A Certain Ratio furono i precursori di un suono che metteva insieme la cupezza dei cieli grigi inglesi con ritmi profondamente black. Quel suono che si sarebbe evoluto in Massive Attack e Portishead.

Per registrare il loro primo disco, il memorabile e insuperato To each, A Certain Ratio se ne andarono a New York. Vivevano in un loft di Lower Manhattan, passavano le loro notti al Danceteria, diventarono amici degli ESG. Pensate che una sera una giovanissima Madonna apri' uno show per loro.

Then she wanted us to move all our fucking gear off the stage, because there was just her and two dancers, and backing tapes. We just said, fuck off, who do you think you are? It was a huge argument. She was full of attitude even then. We knew she was gonna be huge, though.

La Factory di allora era davvero un ambiente eclettico, basti pensare che dalla Factory presero le mosse anche Orchestral Manoeuvres in the Dark e Mick Hucknall dei Simply Red, e che nelle varie formazioni di A Certain Ratio passo' addirittura Andy Connell, che avrebbe avuto la sua parte di successo negli anni '80 con il suo gruppo Swing Out Sister.

Ma a onor del vero, tutta la scena dance di Manchester, quella legata all'Hacienda, parte proprio dal viaggio negli Stati Uniti di A Certain Ratio. Da New York gli A Certain Ratio tornarono con borsate di vinile mai ascoltato prima nel Nord Est Inghilterra: di tutto purche' nero o latino, da Airto Moreira a Afrika Bambaataa, da Art Blakey a Hermeto Pascoal. I New Order poco dopo li seguirono. E se ne tornarono con in testa Temptation, Blue Monday, Confusion. Capolavori, ma allora non potevamo capire.

Cosi' come non potevo capire, allora, l'accento cosi' ostentatamente nordico e working class di Simon Topping. Una rivoluzione che parti' dal basso quella della Factory.

L'Hacienda porto' al crollo finanziario dell'etichetta. Del resto, pare che quando cambiarono sede, Wilson decise di non badare a spese. Un tavolo dicono lo pago' qualcosa come 15 mila sterline di vent'anni fa. La Factory fu costretta a chiudere. Il catalogo fu venduto alla Warner. A Certain Ratio firmarono per la A&M, e poi incisero ancora qualcosa per la Rob's di Rob Gretton, ex manager dei Joy Division.

Che io sappia passando attraverso una miriade di formazioni diverse non si sono mai ufficialmente sciolti, anche se l'ultimo concerto londinese del quale sono a conoscenza risale al 2002 - all'Elektrowerkz, locale dalla vita breve, che stava vicino a dove vivo adesso.

Qualche sera fa, mentre ero a Milano, a casa di Alessandro Achilli mi e' capitato di sfogliare un volume di fotografie di Hoppy Hopkins e di aver sentito un senso di enorme frustrazione, guardando quella Londra di edifici scrostati e vecchie Austin e Morris e inevitabilmente confrontandola con quella che mi circonda oggi. Lo stesso senso di vuoto mi ha preso ieri guardando le foto del libretto allegato alla raccolta degli A Certain Ratio su Soul Jazz, Early. Parlano di un'Inghilterra povera e bellissima, a suo modo unica e rivoluzionaria, di circoli per guidatori di autobus e negozietti che chiudono presto e vendono cibi semplici ed esclusivamente locali. Un'Inghilterra che esiste oggi solo in vecchie foto sempre piu' ingiallite e che mi manca infinitamente.

[A Certain Ratio]

Commenti

Anonimo ha detto…
...che nostalgia!
Fabio ha detto…
Poi mah, sai, magari tra vent'anni scrivero' un post dicendo che la Londra degli anni 2000 era assolutamente fantastica. Per certi aspetti la e' anche. Si vive probabilmente molto meglio nella Londra di oggi che nella Manchester del 1977. Certo che la poesia di quelle vecchie foto...
Anonimo ha detto…
gli acr sono un'altra delle mie fisse, allora meglio scriva che la mia fissa ĆØ tutta quella scena che comprendeva la factory e le varie disques du crepuscule sparse per il mondo...gli acr li ho seguiti sempre (non vorrei sbagliare ma mi pare di aver visto in youtube un filmatino live del 2004 o giĆ¹ di lƬ) e i primi tre albums sono per me imperdibili (pure il quasi funk i'd like to see you again registrato a modena)

:) i.
Anonimo ha detto…
Causa la mia eta', io vidi gli ACR dal vivo all'Odissea 2001 a Milano, nel 1980/1981 (la memoria fa cilecca dopo quasi trenta anni). Straordinari. Come i DAF del resto, visti allora nello stesso locale (qualcuno se li ricorda?). Marco
Fabio ha detto…
Ivan -

A proposito di Crepuscule, hai visto che la discografia di A Certain Ratio su Wikipedia e' molto incompleta? Per esempio non include il singolo Shack up, che usciva proprio per Crepuscule, e nemmeno Do the du, che usciva su Factory USA.

Marco -

Eccome se li ricordo! Finirono anche su una storica copertina di Rockerilla, giurerei che fosse quella di Gennaio o Febbraio 1981. Rockerilla allora lo studiavo come se avessi dovuto preparare un esame. Non ricordo nemmeno cos'ho mangiato ieri sera, ma le recensioni tue e di Claudio sul Paisley Underground te le potrei ripetere a memoria.
Anonimo ha detto…
mi sono bevuto il tuo post d'un fiato...a presto

f.
Anonimo ha detto…
@ fabio: sƬ ĆØ vero! di solito faccio riferimento al sito belga di frank brinkujis sul crepuscolo e factory pages...

idem con patate (come diceva paperino e visto che parli di cena) io mi ricordo le recensioni di calovolo, del primo china crisis, di sylvian, cocteau twins, la copertina dedicata ai neworder in italy con bernand sumner in shorts inginocchiato vicino agli amplificatori e mi fermo qui...e vabbĆØ aggiungo pure una foto (xxx) in seconda o terza di copertina di cosey fanni tutti...

:)
Fabio ha detto…
F -

Spero non sia stato indigesto!

Ivan -

Non sei il primo e non sarai l'ultimo a citare Calovolo in questo blog, uno dei giornalisti preferiti da queste parti insieme al desaparecido Max Prestia - che stiamo cercando di rintracciare, in caso qualcuno abbia notizie.

Le copertine che citi le ricordo tutte. La foto di Cosey Fanni Tutti che citi pensa che l'ho rivista a una mostra organizzata recentemente dal Barbican. E la copertina di Exene Cervenka insieme a Lydia Lunch, ne vogliamo parlare? Ma quanto avanti era Rockerilla?