The dishes are cracked the forks are plastic the food is in cellophane I puke elastic

[Cloth Fair, Luglio 2008]


Ieri sera ho trascorso una serata domestica, il che per me e' abbastanza un evento. Credo di non avere passato una sola sera a casa da quando sono tornato a Londra a meta' Luglio.

La mia casa e' davvero poco attrezzata per trascorrerci piu' di poche ore. Non ho una televisione, ne' un computer, ne' un DVD. Pero' ho molti buoni dischi e libri, una bella collezione di te' e tisane, e la possibilita' di gustare tutto quanto sul mio piccolo roof terrace pieno di piante.

Ieri sera, approfittando di un po' di tempo a disposizione, ho fatto un ripasso di storia in vista di un programma che voglio curare per Radio Popolare su un importante trentennale.

New York, 1978. Brian Eno e' in citta' per registrare il secondo disco dei Talking Heads. Nel Maggio di quell'anno finisce in una galleria d'arte di Tribeca, dove e' in corso un festival di 5 giorni chiamato semplicemente Bands. Ogni sera, due band propongono la loro musica a un ristretto pubblico di artisti visuali, musicisti, giornalisti, scenesters.

Tutte formazioni collocate a distanza di sicurezza da quel punk che stava diventando in qualche modo mainstream, nel momento in cui tutte le band che facevano capo al CBGB, Ramones, Television, Patti Smith Group, Blondie, Talking Heads, si stavano accasando con l'una o con l'altra major.

Conquistato da quei suoni cosi' altri, Eno contatta la Island e riesce a farsi finanziare un progetto discografico che doveva documentare il lavoro dei dieci gruppi che si erano esibiti in quel piccolo festival di Tribeca. Poi qualcosa succede, che non viene spiegato in nessuno dei testi che ho consultato ieri sera (No wave di Marc Masters e Rip it up and start again di Simon Reynolds), e le formazioni che rientreranno nel progetto diverranno solo quattro: Contortions, Teenage Jesus and the Jerks, Mars e DNA.

No New York contiene quattro tracce di ognuno di loro, sedici in tutto, poco piu' di quaranta minuti. La copertina e' una foto scattata da Eno, che non ptrebbe rappresentare meglio la musica contenuta nel disco: quattro silhouette irriconoscibili che sembrano camminare verso una acida fonte luminosa verde. Sul retro le foto in bianco e nero dei protagonisti, che sembrano immagini segnaletiche della polizia. Nessuno sorride: molti si limitano a guardare dentro la macchina fotografica con sguardo vuoto, totalmente inespressivo. L'effetto collettivo e' impressionante: un gruppo di psicotici alienati dai quali e' stata rimossa ogni idea residua di gioia.

Nella versione originale su vinile, per poter leggere i testi era necessario strappare la copertina: incoraggiamento verso un atto di distruzione analogo a quello perpetrato dai musicisti nei confronti del rock'n'roll.

La prima cosa che colpisce ascoltando No New York e' il suono, totalmente approssimativo, monotono, come se il disco fosse stato registrato su un due piste casalingo. Ai protagonisti quel suono non piacque affatto. I spoke to three of the bands and they all thought the album sucked and that producer Eno should have stayed at home scrisse un giornalista di Sounds. Glenn Branca, in un'intervista di quegli anni, disse che non riusciva a capacitarsi del fatto che Eno avesse voluto omogeneizzare il suono fino a quel punto di indistinzione.

L'attacco di No New York e' assolutamente strepitoso, un'aggressione senza alcun preambolo. I Contortions introducono se stessi senza troppi complimenti con rasoiate di chitarra funky al vetriolo sulle quali galleggia uno psicotico assolo di sax, prima che un giovanissimo James Chance si metta a strillare le sue devastate ossessioni: Sick of being on the losing end tired of playing the obliging friend. La necessita' di esprimere e vedere riconosciute le proprie emozioni e' urgenza improrogabile: I wanna see some emotion not the usual fluff I wanna be the one to tell you when to start and when you've had enough.

Tutto e' urgente, incompromissorio nel loro funky sfregiato totalmente delirante. Anche il desiderio. I live with the longing to be melted like butter and spread on shiny little eyelids I'm your makeup brush me on please I can switch you in a second from eyesore to fatal disease canta James Chance nella deragliante Flip your face.

Jaded introduce un dramma ancora piu' palpabile, in una sorta di punk blues scoordinato e acidissimo che tutti, dai Cramps agli Scientists, avrebbero a un certo punto tentato di emulare: My heart's a open sore won't someone tell me please what's to become of me when my pleasure turns to disgust.

A rilasciare l'insostenibile tensione pensa una cover di I can't stand myself, a proposito del disgusto citato in Jaded: James Brown violentato in mezzo a cumuli di spazzatura, il suo cadavere fatto a pezzi e abbandonato in una discarica.

Con Teenage Jesus & the Jerks le cose non vanno meglio. Burning rubber e' ancora blues post-urbano, nero come una notte senza luna. Lydia Lunch strilla dall'inizio alla fine, il volume del microfono e' a fondo scala. Lo stomp di batteria e' lugubre, insostenibilmente minaccioso. La chitarra e' una sega elettrica che taglia metallo. The dishes are cracked the forks are plastic the food is in cellophane I puke elastic geme Lydia Lunch.

The closet porta la cupa violenza scoordinata dei suoni alle sue estreme, ultime conseguenze: Strip my feelings personality down the drain after all who needs a brain take a bullet to my eyes blow them out and see if I die.

Red alert dice tutto quello che deve dire in soli 35 secondi, a proposito dell'urgenza della quale si diceva prima.

I woke up dreaming e' ancora grido di dolore, abbandono, isolamento, alienazione, incomunicabilita': My wrists are split my elbows twisted my shoulders bent my knees arthritic I woke up bleeding you are my razor.

L'incubo continua con i Mars: velocita' a mille, aggressione dalla prima all'ultima nota, discordanza, aritmia, paranoia. You don't have to go too far before you're stuck in a jar with no clothes screaming screaming strilla come un invasato Mark Cunningham in Helen Fordsdale.

A concludere il disco sono i DNA. Organo, chitarra e batteria suonati come strumenti ritmici, a generare vertigini di battiti atonali. Il rumore mostruoso di Lionel e' puro insostenibile attacco prolungato al sistema nervoso, e Not moving totale definitivo frastuono di macchinari abbandonati a se stessi. Nessuno sa dove stiamo andando, ne' se stiamo andando da qualche parte: Where are we going? We're not moving, not moving.

Dopo la prima tiratura del 1978, le ristampe di No New York si sono seguite in modo erratico nel tempo, e il disco e' stato irreperibile per lunghi periodi. Nel 2005 un'etichetta russa, la Lilith, ne ha ristampate una manciata di copie, con note di copertina in cirillico. Non ho idea se si trovi ancora, e la Lilith non ha un suo sito, ma potete magari provare a contattarli: info@lilith-spb-ru.com.

Nel libro di Marc Masters sono riportate strepitose fotografie in rigoroso bianco e nero di quella New York: Alphabet City, l'East Village, il Lower East Side. Totalmente irriconoscibile rispetto ad oggi.

Qualche dichiarazione tratta dal libro:

It was like a wild West type of town, and the whole Lower East Side was incredibly empty. There weren't stores. You had to walk over to First Avenue to buy groceries (China Burg dei Mars)

If you went below Houston Street, there were no cars at night. There was just nothing there. You could go to a building and take it over - steal electricity out of the lamppost and live in it for years (il regista Scott B)

Poverty is so relative - we didn't mind the way we were living because we were actually doing what we wanted to do (Pat Place dei Contortions)

Work? Are you nuts? Please. $75 per month - that was my rent when I got an apartment on 12th Street. You could eat for two or three dollars a day. You begged, borrowed, stole, sold drugs, worked a couple of days at a titty bar if you had to (Lydia Lunch).

In attesa dell'uscita del volume di Thurston Moore e Byron Coley sulla new wave newyorkese, a giorni.

[No New York]
[Contortions]
[Teenage Jesus & the Jerks]
[Mars]
[DNA]

E stamattina, sul Guardian, intervista ai Suicide:

So they immediately attacked us with chairs, tables, anything they could get their hands on. That became the norm. I started carrying a bicycle chain on stage, figuring, if you can't beat em, join em. If the violence got really bad, what I'd do was smash a bottle and start cutting my face up. That seemed to have a calming effect on the crowd. I guess they reasoned that I was so fucking nuts that nothing they could do would bother me. I figured out a way of doing it so that I drew a lot of blood but I wouldn't be scarred for life. I had it down to a fine art. Another ploy I had was to lock the exit doors so nobody could escape. That was the ultimate 'fuck you', as far as I was concerned.

[Every night I thought I'd be killed]


Commenti

Anonimo ha detto…
Strano.
Contrariamente al solito, direi addirittura per la prima volta, il tuo post NON mi fa venire voglia di comprarmi il disco.
Auro (quello senza il blog)
Anonimo ha detto…
Bella recensione,
...ma non citi i Caramel Dandies Electric Storm! Suonavano al CBGB con Suicide e Contortions nel 78 a nome SONIC NOISES. Compaiono su NO! SHABBY VELVETS FOR SALE, antologia Ralpho in 33 copie. Ne parla Thurston Moore nell'intervista a Creem del gennaio 87, cito: "rumore bianco allo stato puro, cavalli impazziti di cristalli giallastri: Eno, Cale e i Velvet, ma dopo il 77".
La EHR pubblicĆ² un bootleg nell'84 (EHR UK, 34) intitolato LIVE IN SIMON: LOW FI LIGHTS, al sassofono proprio Chance.
Imperdibili! Per chi ama l'avanguardia, e il rumore analogico.
Fabio ha detto…
Sei il mio preferito lettore anonimo. Sono completamente serio. Il tuo commento lo incornicerei. Coglie tutto quello che non vorrei essere e invece sono.