Other music # 15

[Photographers' Gallery, Harri Peccinotti Green bath, Saul Leiter Art director and model - Settembre 2008]

Un po' di baite visitate ultimamente.

La Photographers' Gallery, che sono passato a salutare prima che si trasferisca in Romillies Street, Soho. Belle e ironiche le foto di Danny Treacy, ma davvero formidabile Fashion in the mirror, sguardo dietro le quinte capace di rendere umanissimo e simpatico un mondo altrimenti lontano. Il progetto della nuova galleria e' complicato e faraonico rispetto a dove stanno adesso. Mi manchera' il caffe' col tavolone comune e tutti i cataloghi e i giornali buttati sopra in ordine sparso.

Il Design Museum, dove c'e' una bella retrospettiva che si intitola Design Cities. Le citta' che hanno cambiato la storia del design (Dessau con la Bauhaus negli anni '20, Parigi e Le Courbusier negli anni '30, Los Angeles con l'industria cinematografica e gli Eames nei '40, la Milano di Castiglioni Ponti Colombo Sottsass nei '50, ecc.). Non grande, essenziale, molto didattica, un utile ripasso. Al piano superiore i tableaux vivants di Tim Walker, con belle citazioni di Alexander Liberman alle pareti.

Il British Film Institute dove ho avuto la gioia di vedermi su grande schermo Badlands, Terrence Malik 1973, il suo esordio, con Sissy Spacek e Martin Sheen assolutamente spaziali. E la mostra di disegni di Juliette Binoche. In attesa di gustarmi questo fine settimana l'ultimo Rohmer.

Il Curzon Soho dove ho visto l'ultimo film di Shane Meadows, sempre piu' simile a Ken Loach ma piu' ironico e leggero. Somers Town e' realismo sociale, council houses e hoodies, ma anche un film tenerissimo. Credo di essermi innamorato perdutamente di Elisa Lasowski che fa la camerierina in un lurido caff e vive in un casermone popolare la' sopra, vedete dove ci sono i fiori?

La Royal Geographic Society dove sono andato a sentire, Alain de Botton che intervistava... George Soros. Come tutti quelli che intervistano Soros (tipo la lettrice del telegiornale ieri - durante la quale intervista Soros e' riuscito a non dire assolutamente nulla parlando per 4 minuti e 44 secondi, un'impresa mica da ridere, provate), anche de Botton ha fatto la figura di un raffinato economista. Tra l'altro de Botton e' uno simpaticissimo, dai sui libri non sempre lo diresti, ed e' pure svizzero che sapete vuol dire molto qui.

La Royal Albert Hall, dove mi sono quasi addormentato a sentire Echo & the Bunnymen che latravano Ocean rain - peraltro a me quel disco non e' mai piaciuto quel gran che e infatti sono andato solo per sentire All my colours, The back of love e The cutter, che per fortuna hanno suonato anche se un po' blandamente.

[Fashion in the mirror]
[Design Cities]

[Badlands trailer]
[Somers Town trailer]

[Elisa Lasowski]
[Artangel Longplayer Conversation 2008]
[George Soros al telegiornale ieri]
[Echo & the Bunnymen - The back of love]

Commenti

Anonimo ha detto…
Beh, al confronto dell'ultimo concerto dei bunnymen che vidi a Roma (altro che latrati), quello di ieri non era poi troppo malvagio, ma le pause e le pose mi hanno ucciso e poi, diciamocelo, non ce la faccio a sorbirmi il rock in piccionaia, come se fossi in castigo.
Sai cosa mi è piaciuto da morire? Il filmato primi anni '80 on the road in Italia, con il sincrono casuale, ma azzeccato dei Portishead e quel senso di giovinezza/innocenza perduta...
P.S. Il mio album preferito è Heaven Up Here
Anonimo ha detto…
Echo & the Bunnymen....aaaaah (sbava). Bellissimi i fimati vecchi, con quell'allure granulosa da tv mal sintonizzata, come fossero immagini rubate a un passato fittizio. Che sia davvero così?

Ocean Rain...mah, avesse avuto gli arrangiamenti di Porcupine, più bilanciati, veniva fuori un discone. così e ben scritto ma troppo ridondante. E poi, in tal modo, ha autorizzato la nascita degli Arcade Fire...(a metà coi primi Waterboys, dai...)

Però, Crocodiles e Heaven Up Here...

JC
Fabio ha detto…
Moya -

Heaven up here e' certamente il loro disco migliore, concordo. Ricordo che fu pure disco dell'anno di Rockerilla - ah come si era giovani. Fini' che imparai a suonare il basso sul giro strepitoso di Show of strength.

Proprio cosi'. Da dove eravamo noi non ti puoi godere davvero un concerto. Hai letto la recensione entusiastica sull'Independent di stamattina? Parla di una serie di particolari che noi ci siamo inevitabilmente persi, guardando i moscerini (altro che Bunnymen) da lontano.

Concordo al 100% sulla qualita' del filmato del tour, con spezzoni montati quasi casualmente di Roma e Pisa. Hai ragione, la musica sfuocata dei Portishead ci stava benissimo.

JC -

Concordo su ogni parola. Vero soprattutto che gli Arcade Fire partono proprio dagli arrangiamenti pomposi di Ocean rain, con tutte le conseguenze del caso. Parentesi: a te che hai amato i Goodspeed e la Constellation (e quindi arrangiamenti sinfonici si' ma poverissimi e di strada), riescono a piacere anche gli Arcade Fire?
lophelia ha detto…
come sono i disegni di Juliette Binoche?
Anonimo ha detto…
Q: "Parentesi: a te che hai amato i Goodspeed e la Constellation (e quindi arrangiamenti sinfonici si' ma poverissimi e di strada), riescono a piacere anche gli Arcade Fire?"

A: ovviamente non mi piacciono più di tanto. L'epico in musica mi ha sempre fatto storcere il naso, come tu ben sai, e non a caso i gruppi del giro Constellation, vedi anche il monte Zion ecc., sono/erano maestri nel "tightrope walkin'" degli archi sobri.
Poi, gli Arcade trovo che abbiano sempre lo stesso tum-tumtam di batteria, il che alla lunga stufa.
mi sembrano una band sopravvavlutata, che la scarsa cratività dei giorni nostri premia a dismisura. Voi mettere i Tunng o The Books?????

JC
Fabio ha detto…
Lophelia -

Un po' una curiosita'. Volti di suoi colleghi schizzati a matita. Molto bella invece la galleria di fotogrammi di suoi film, che puoi vedere in rete: http://www.bfi.org.uk/whatson/bfi_southbank/film_programme/september_seasons/juliette_binoche.

Il BFI le sta dedicando una bella retrospettiva, con tanto di extended run di Tre colori: blu.

JC -

Non a caso divennero famosi aprendo per gli U2 mi pare. Uhm, the Books... altra band sopravvalutata - anche se originale, quello si'.

Un tema di discussione? Da cosa deriva la scarsa creativita' che citi? E' stato detto tutto quello che c'era da dire e non e' possibile non ripetersi? Dipende dalle condizioni sociali che stiamo vivendo? Dalla estrema disponibilita' di tutta la musica, in qualsiasi momento?

Non ho una risposta, solo vaghe e confuse ipotesi.
Anonimo ha detto…
Da tanti, troppi fattori. A quelli che citi tu, aggiungo il fatto che quasi tutti cercano il sound magnifico e originale ma nessuno si cura più della scrittura. Sicocme in studio con la tenologia puoi barare, è più facile: se non sai scrivere canzoni, ti stanano in un secondo. Poi la facilità con cui si fa musica sta appiattendo e livellando tutto in una medietà ssenza guizzi; lo standard va verso il basso e per trovare un 15 dischi sul serio significativi devi scremare tra cento - mille - millanta. E resterà sempre qualcosa fuori. Il fatto che la tecnologia faciliti, inoltre, amamzza la creatività, il senso del rischio, dell'errore ripetibile, della scoperta di genio del tutto casuale.
non fai più di necessità virtù, e dall'ozio raramente escono idee decenti.

Ma è un discorso lunghissimo, e un bel dibattito direi.

JC
Fabio ha detto…
Joe Boyd sosteneva in un'intervista che negli anni '60 e '70 l'attitudine dei gruppi con i quali lavorava era dire qualcosa che non era mai stato detto in precedenza (e ci riuscivano anche piuttosto bene), laddove oggi prevale il gusto di mettere insieme un po' di questo e un po' di quello, miscelare e servire.

Lo so, sto parlando degli effetti e non delle cause.

Una cosa che ho notato qui in Inghilterra e' che le nuove generazioni considerano super classici gruppi come Stone Roses e Blur: piu' indietro di cosi' (che so, Velvet, Byrds, Stooges: la triade sacra della nostra generazione) non vanno.

Per dire, tornando al post, Moya e io dopo il concerto di Echo & the Bunnymen osservavamo che i piu' piccoli (in senso di eta') eravamo forse noi. Non ho visto un trentenne.
Anonimo ha detto…
Ogni generazione ha i propri santini, poiché il pop si muove rapidissimo e la memoria svanisce in un niente. E il mercato gioca sull'assenza di memoria...

JC
Fabio ha detto…
Se io avessi previsto tutto questo...
Anonimo ha detto…
the "fabulous origami-style patterns projected on to the stage" li abbiamo visti anche noi, peccato per il mantello svolazzante di McCulloch, hehe
Fabio ha detto…
Diciamo che abbiamo visto solo "the fabulous origami-style patterns projected on to the stage"...

Comunque piu' ci penso e piu' credo che in fondo abbiate ragione voi, e' stato un buon concerto. E' solo che non ero affatto in serata. Mi avrebbe forse ispirato di piu' una passeggiata proprio li' davanti, a Hyde Park, a sentire il nulla.

L'effetto Engadina non passa, ogni giorno e' un po' peggio...

Ieri mi e' arrivato un pacco di Dusty Groove e mi sono ritrovato a pensare: no, altra musica no.

Sono grave dottore?
Anonimo ha detto…
un pò sì, ma sarebbe più grave se lo pensassi io, che quando mi arrivano i pacchi di promo a casa ancora godo. Poi godo meno quando li ho snetiti, ma è un altro discorso, questo... :D :P

JC, still enthusiastic after all these years...
Fabio ha detto…
Mi succedeva esattamente la stessa cosa quando scrivevo per il Manifesto. Ti confesso che quando i pacchi hanno smesso di arrivare mi sono sentito molto meglio (dopodiche' e' grazie a quei pacchi che ho scoperto Joanna, Antony e qualcun altro, ma direi che si trattava di eccezioni, pepite d'oro in un sacco di polvere - che pero' andava ascoltata tutta).