In a supersilent way

In questo fine settimana ho finalmente trovato il tempo di recuperare il quarto disco solista di Arve Henriksen, gia' con i Supersilent e autore di tre album usciti su Rune Grammofon.

E' un disco di grande pace, una specie di In a silent way ma suonato al rallentatore, come a voler esplorare al microscopio ogni molecola del classico di Miles Davis.

L'effetto complessivo e' in qualche modo dub, come se la musica si diffondesse nella stanza senza partire da un punto preciso, e rimanesse sospesa nell'aria per molto tempo dopo la fine del disco. Come una successione di suoni che si fondono uno nell'altro senza soluzione di continuita' eppure lasciando spazio a un meditativo respiro.

Collabora, in un paio di tracce, il divino David Sylvian.


[We were tempted back repeatedly
Until the lure of the cosmopolitan
Lay beyond reach
We moved east, into the forests and mountains
Where life's desires tore us apart
How cruel to find oneself alone at that altitude
At what point did the fear of numbers set in
And the recognition of internal isolation place us outside of belonging?
But then wasn't that always the case, weren't we simply
Allowed to forget?
On Temple Mountain I threw down a rope that others might follow
No one came.

David Sylvian, Before and afterlife]

Commenti

Anonimo ha detto…
Fabio , ti invidio . Hai ancora tempo e voglia di esplorare musica , io no .
Fabio ha detto…
Mi piacerebbe capire come mai, P.

Io non credo che l'esplorazione debba essere necessariamente a senso unico, unicamente orientata al futuro.

Il bellissimo volume "Fear of music", sul quale sto pensando di scrivere un post, scritto dal giornalista di Wire David Stubbs, mette in guardia dall'aspettarsi in futuro "the giant strides of the 50s, 60s and 70s".

Un altro punk non accadra' piu', probabilmente.

Ma non per questo non possiamo tornare ad esplorare il sottobosco dei geni incompresi, moltissimi, della storia del rock e di tutte le altre musiche del mondo.

Il viaggio e' lunghissimo, pieno di piacevoli imprevisti. Direi che il problema e' che la vita e' troppo corta per esplorare tutta la musica magnifica registrata su questo pianeta, in periodi di minor torpore delle menti rispetto a quello che stiamo vivendo (e che, concordo con te, fa un po' "passare la voglia").
Unknown ha detto…
Questo commento ĆØ stato eliminato dall'autore.
Unknown ha detto…
Per molti, con il passare degli anni la passione per la musica svanisce e si fa soffocare da altre priorita'..ovviamente non e' il tuo caso. Io spero ancora che un'altra rivoluzione musicale avvenga, anche se capisco i punti di vista di David Stubbs. Inanzitutto siamo al bordo di una rivoluzione del "mezzo" e delle "regole" per la fruizione musicale. Ed ho ancora una candida fiducia nel genio dei musicisti. Amen
Fabio ha detto…
Il mio amico Marco Reina dice una cosa molto interessante a proposito di rivoluzioni musicali e innovazione.

Copio un frammento di una sua mail privata, sperando non gli dispiaccia:

"Io, personalmente, non ho alcuna pretesa oggi di ascoltare musica "innovativa" ne' mi cruccio se non lo faccio. Anzi!
Mi piace ascoltare tantissima e diversissima musica (rock, soul, mi e' appena arrivato un fantastico disco dall'etichetta Jazzman con cui sono in contatto "A Lifetime In Oriental Jazz" ecc.ecc.) ma - in tutta franchezza -se sia o meno "conservatrice" poco mi importa, per non dire affatto".

E' un modo di ascoltare musica, che richiede per essere gustato una conoscenza approfondita, non solo musicale, tipica di Marco che la sa collocare in un contesto culturale ampio.

Come Marco, non sto aspettando nulla. Se arrivera' qualcosa di nuovo e interessante, saro' pronto a coglierlo come e' successo in passato.

Altrimenti, ribadisco, esiste ottima musica del passato capace di regalare ancora oggi emozioni.