Asli Ozge, Men on the bridge (2009)

Da parecchio tempo non vedevo un film cosi' interessante e attuale.

L'ha girato una regista poco piu' che trentenne di Istanbul, che racconta la sua citta' con tono neorealista, non molto diverso da quello usato dal suo concittadino Nuri Bilge Ceylan (del quale in Engadina parlammo sia come regista che come fotografo: consigliatissimi se ancora non li avete visti sono i suoi film Uzak del 2002 e Climates del 2006).

Men on the bridge e' un progetto a meta' strada tra un film di impegno sociale e un documentario sulla precarieta' delle vite marginali in questi anni di recessione globale.

Racconta la storia di tre personaggi (due dei quali sono attori non professionisti che interpretano se stessi) che si incontrano solo occasionalmente tra il traffico lentissimo del ponte che unisce le due sponde opposte del Bosforo: elemento di congiunzione e contemporaneamente separazione tra Oriente e Occidente.

Murat e' un vigile che dirige il traffico sul ponte. Devoto musulmano, originario di un villaggio orientale, e' completamente fuori posto a Istanbul. Trascorre il tempo su Internet, chattando instancabilmente con sconosciute che incontra con la sua webcam e poi invita in un caffe', sempre quello, dove regolarmente la discussione langue.

Umut e' un taxista. La moglie desidera una vita agiata che Umut non puo' permetterle, e il loro matrimonio entra in crisi.

Fikret e' un giovane rom, che vende rose agli automobilisti che transitano sul ponte. Quando cerchera' un lavoro, lo accompagneremo in un'esperienza davvero frustrante di sfruttamento e razzismo. Straziante la scena nella quale lui e un amico vengono perquisiti con modi sommari in un negozio di elettronica, accusati di aver rubato solo in base al loro aspetto.

Lo stile cinematografico di Asli Ozge e' quello classico del neorealismo italiano. I suoi personaggi sono la rappresentazione del futuro incerto, della precarieta' di prospettive, dei sogni infranti cosi' caratteristici del pianeta globale nel quale viviamo, dove sempre piu' persone hanno perso una reale speranza di miglioramento e realizzazione.

Cinema di altissimo livello che affronta temi importanti, da vedere assolutamente se vi capita (sperando venga distribuito: qui a Londra l'ho visto in un cinema con 38 posti, meta' dei quali vuoti).


[Vi do appuntamento a domenica, alle 22.35, su Radio Popolare, per una nuova puntata di Prospettive Musicali].

Commenti

Anonimo ha detto…
Uzak, a suo tempo, era riuscito ad arrivare anche nel mio cinemino vetusto, questo, essendo del 2009 ormai dubito di riuscire a vederlo...

Sole
Fabio ha detto…
Non e' detto pero', dato che anche qui e' uscito quest'anno.

Uzak lo trovai un piccolo capolavoro. Il personaggio del poliziotto in Men on the bridge mi ricorda molto quello del cugino del protagonista di Uzak. Entrambi emigrano, non si riescono a integrare e vivono sostanzialmente ai margini.

Film entrambi struggenti, bellissimi.