Laurie Anderson, The ugly one with the jewels and other stories (Warner, 1995)

Da quando sabato scorso, cercando Big science per trasmetterlo a Radio Popolare, mi e' capitato tra le mani questo disco di Laurie Anderson che non ricordavo nemmeno piu' di avere, l'ho ascoltato almeno una decina di volte.

The ugly one with the jewels e' la registrazione di un reading che Laurie Anderson esegui' nel 1994 qui a Islington (al Sadler's Wells Theatre, a cinque minuti a piedi da dove sto scrivendo), leggendo pagine del suo libro Stories from the nerve bible.

La lettura, cadenzata e scandita, e' accompagnata da un rarefatto sottofondo di musiche sia precedentemente inedite che tratte da Bright red, l'album pubblicato poco prima di questo reading. Per lo piu' Laurie Anderson e' sola sul palco, solo occasionalmente la accompagnano Brian Eno e musicisti del giro John Zorn/ Masada/ Tzadik (Cyro Baptista, Joey Baron, Greg Cohen).

Chi ha assistito ad altri monologhi teatrali della performer americana, conosce i temi trattati e soprattutto lo stile narrativo, quello humour tutto newyorkese con il quale la signora Anderson - Reed affronta temi importanti (religione, tecnologia, potere, controllo, difficolta' di comunicazione e di scambio tra diverse culture).

Il titolo del libro fa riferimento alla Bibbia, e alle interpretazioni letterali che ne danno i predicatori fondamentalisti americani. La prima delle letture (che abbiamo sentito insieme domenica scorsa a Prospettive Musicali) racconta la storia della nonna di Laurie Anderson, una missionaria che cercava di convertire al cristianesimo chiunque le capitasse di incontrare.

Quando le viene diagnosticata una malattia, dapprima reagisce dichiarando di prepararsi con trepidante e gioiosa attesa al momento del suo incontro con il Signore. Pochi istanti prima di chiudere gli occhi, pero', entra in un improvviso stato di panico. Nessuno, infatti, nemmeno chi ha vissuto una vita di preghiera, e' in grado di sapere cosa ci succedera' dopo che avremo esalato l'ultimo respiro.

Molto interessanti anche le riflessioni di Laurie Anderson sulla tecnologia (della quale peraltro fa largo uso), capace addirittura di trasformare anche la guerra e i bombardamenti in uno spettacolo, distanziandoci dalla realta' e dagli altri, rendendo piu' difficile la comprensione e la comunicazione con tutto cio' che ci circonda.

Un interessante viaggio tra i paradossi del nostro quotidiano, e un disco bellissimo, da riscoprire.

Questo e' un frammento intitolato The geographic North pole.

Commenti

Unknown ha detto…
Laurie Anderson e Colin Stetson su Constellation Records:
http://www.youtube.com/watch?v=c7bzxPbuo-U
Fabio ha detto…
Bravissimo Colin Stetson, con e senza Laurie Anderson.

Mi fa davvero piacere che Laurie Anderson e Patti Smith siano cosi' legate all'etichetta di Montreal, tra le realta' piu' interessanti e progressive della musica presente.
Anonimo ha detto…
Steson ha aperto il concerto milanese di GY!BE (immensi, ovvio)

tecnicamente un mostro, e d'inventiva pure. però, dopo un paio di brani, era una situaziona da "bravo ma basta...."

JC - trane
Fabio ha detto…
Recentemente mi hanno raccontato gli organizzatori che in un festival messo in piedi da Wire questa primavera qui a Londra hanno avuto lo stesso problema. Per 10 minuti tutti ascoltavano estasiati. Dopo 15 minuti perdevano interesse. Al ventesimo minuto c'era la coda al bar e la sala pressoche' vuota (i pochi pasdaran dell'avanguardia ancora in sala sbadigliavano consultando nervosamente la messaggeria del telefono).

E' un problema ricorrente anche con i dischi degli stessi artisti peraltro. Quanti ne abbiamo archiviati dopo 2 ascolti doverosi, e sono finiti a prendere polvere?
Anonimo ha detto…
quanti ne ho rivenduti, vorrai dire... :D (non tantissmi, a onor del vero: sai che sono uno molto
"avanguardia sì, ma pippe free"

quasi quasi mi ci stampo una t-shirt...

JC
Fabio ha detto…
Anche se poi si potrebbe sostenere che quasi nessun tipo di avanguardia e' davvero pippe free. Storicamente, nemmeno Stockhausen, Beefheart, Zappa, se ci pensi.

Un certo autocompiacimento sembra essere presente un po' in tutti gli artisti d'avanguardia.

Pochi hanno pubblicato il giusto, molti hanno pubblicato troppo.

Questo comunque vale non solo per la musica: le avanguardie in letteratura, cinema, arti visuali spesso sono molto autoreferenziali.

Si potrebbe ricorrrere alla consueta formula, che richiedono pazienza. Ma a volte anche tutta la pazienza del mondo non basta, a meno che si entri nei territori punitivi dell'abnegazione.

Ma da quelli e' meglio stare a distanza di sicurezza.
Anonimo ha detto…
assolutamente d'accordo, tranne che Beefheart mi è sempre parso troppo viscerale per farsi p***e mentali... certo: non è roba che uno mette su a colazione, nemmeno io che - come ben sai - mi ascoltavo US Maple andando in auto...

certo, avevo anche 15 anni di meno :D

JC
Fabio ha detto…
Stamattina peraltro ho fatto colazione sentendo Kancheli (Silent prayer, 2007). Magnifico esempio di musica contemporanea che sa scuotere profondamente senza richiedere pazienza.

Poi sono appena passato all'edicola, dove ho letto nei consueti 3 minuti mensili che gli dedico in piedi, Mojo, che qui e' uscito stamattina. Disco del mese Elbow. Mi domando perche' invece del CD pacco non iniziano a allegare una sick bag, verrebbe utile.

3 minuti di vita completamente sprecati.
Anonimo ha detto…
alla faccia della lungimiranza, gli Elbow...

g.t.