La mia generazione ha perso



"Questo è quello che, in letteratura, racconta e spiega da vent'anni Michel Houellebecq, che di sinistra certo non è ma già dal suo primo libro ci parla proprio di questo - con una critica esistenzialista (e non solo economica) al neocapitalismo - e nell'ultimo profetizza che l'implosione non può che portare in Francia al bipolarismo tra Fronte nazionale e integralismo islamico, forme diverse ma speculari di ricoesione sociale, qualcosa di simile ai due fascismi contrapposti di cui ha da poco parlato anche Hanif Kureishi, un'altra bella mente che forse dovremmo ascoltare.

Questo è stato, questo è: disintegrazione dei sindacati e di ogni corpo sociale intermedio, riduzione dei partiti di massa a comitati elettorali per l'elezione di un leader carismatico, e poi giovani contro anziani, partite Iva contro salariati, disoccupati contro insegnanti, disoccupati contro somministrati, e via così all'infinito".

L'ha scritto stamattina Alessandro Gilioli, Piovono rane.

Quella tra opposti integralismi e' una guerra che si preannuncia lunga: speranze di pace non se ne vedono neanche guardando anni davanti a noi.

Noi l'abbiamo gia' perduta. 

Noi, che abbiamo creduto di poter costruire una socialdemocrazia armoniosa, con le disuguaglianze ridotte al minimo, servizi efficienti e uguali per tutti, un forte impegno condiviso per la risoluzione pacifica delle controversie che avrebbe portato all'inutilita' di polizie e eserciti.

Niente di tutto questo e' successo. Niente di tutto questo succedera' nel corso delle nostre vite. 

Facciamocene una ragione: abbiamo perso su tutta la linea.

Commenti

Paolo ha detto…
Sono purtroppo d'accordo. Mi fa solo piacere che qualcuno in Italia abbia capito Soumission, grazie per la segnalazione.

Meno seriamente: avevamo già perso in partenza, negli anni ottanta (che non per caso, con poche eccezioni, è la decade musicale più merdosa della storia, pardon my French)
Fabio ha detto…
Verissimo. Il contropiede e' iniziato in quel decennio. E da allora non si e' piu' fermato.

Ricordo l'ottimo professor Campanella (economia del lavoro) quando ci spiegava come la sconfitta al referendum sulla rinuncia ai punti di scala mobile (1985) costituiva un arretratemnto di portata storica.

(Parentesi: quel referendum lo volle il PCI: pensa quante cose sono cambiate da allora).

Visto in retrospettiva, aveva ragione: fu la prima volta (di innumerevoli che l'avrebbero seguita) che i lavoratori vennero convinti a cedere diritti.

Almeno in Italia la spirale verso il basso parte da li'.

Le occasioni per invertire la direzione non sarebbero mancate, soprattutto a seguito della crisi del 2008 che ha mostrato l'estrema fragilita' di un sistema costruito sull'avidita e sulla socializzazione delle perdite.

Tristemente, a saperne approfittare dal punto di vista comunicativo sono stati i movimenti della destra populista, come dimostrano il caso francese e la qualita' del dibattito alle primarie repubblicane li' da voi.

A proposito, speriamo in Sanders: e' ancora in lizza secondo te? O a fronteggiare Trump sara' decisamente Hillary?
Paolo ha detto…
Caro Fabio, mi ricordo bene quegli ann tutt'altro che formidabilii, e il punto di svolta con l'emergere dei populismi di destra che catturano attenzione che sarebbe andata altrove (se ti ricordi avevamo fatto una delle primissime surveys sull'intolleranza verso lo "straniero" nelle scuole pavesi). Un'epoca maledetta, dove il finto affarismo (sappiamo bene ora che era a spese della collettività e delle generazioni future) ha fatto terra bruciata in un paese già afflitto da mancanza di ricambio politico, corruzione diffusa, e precoce invecchiamento della popolazione.

Bernie è uno specchietto per le allodole (tra cui mi includo volentieri). Lo voterò senz'altro alle primarie, e finirà lì. Avrà compiuto il suo compito di far registrare come democratici vecchi disillusi come me :)
Fabio ha detto…
Si', mi ricordo quella ricerca.

Comunque quello che negli anni '80 ci sembrava il crollo di valori collettivi, sostituito dall'individualismo e dal ritorno al privato, era in realta' solo una fase preparatoria. Il brutto e' accaduto dopo.

Ho letto che nel 2002 l'autopercezione di appartenenza alla classe media in Italia era ancora al 70% della popolazione. Oggi e' il 42%. Tutti gli altri si sentono poveri (tanti) o upper class (pochi).

Qualche sera fa ero a cena a casa di una mia amica parlamentare laburista e ragionavamo proprio di questo. Ha fatto una breve ricerca sul suo iPad e mi ha fatto notare che tale percentuale qui nel Regno Unito e' oggi il 25%.

E la polarizzazione non accenna a fermarsi, nonostante tutti i segnali indichino come le societa' con piu' alti indici di felicita' sono quelle che anni di socialdemocrazie hanno reso un po' piu' impermeabili allo smantellamento del welfare (la Danimarca guida quella classifica, con Norvegia e Svezia nelle prime posizioni).

Ma per quanto, anche loro, resisteranno alla pressione esercitata dalle istituzioni creditrici? Temo non molto, poi dovranno capitolare.

Intanto i populismi di destra fanno il pieno di voti, dato che il PSE e' fin troppo apertamente colluso con lobby e banchieri, e sta trascinando nel baratro la sinistra vera. Che infatti in Italia e' stata abbandonata anche dai propri sostenitori storici (un bel pezzo di Micromega per esempio).

Per tutte queste ragioni si', abbiamo perso.
CICCILLO ha detto…
il welfare funziona nei paesi ricchi, persino in Germania, paradossalmente.
e questo rende ancora più drammatica la situazione italiana dove nessuno si è mai detto ufficialmente social-democratico o ha tentato di esserlo a livello di ciò che accadeva altrove (eccezion fatta forse per l'amministrazione locale delle storiche regioni rosse).
prima si dicevano comunisti ed erano social-democratici de facto, ora si dicono democratici e basta e sono nulla, banalmente liberal-liberisti con qualche spruzzata di arte di arragiarsi all'italiana (vedi il castello di carte del welfare familiare che comincia a crollare in questi giorni con il caso dei piccoli risparmiatori truffati e proprio in Toscana e Marche!).
però anche noi dovremmo essere più convinti e invece, parlo almeno per la mia generazione, ci siamo fatti tutti sedurre, più o meno, dalle sirene dell'individualsimo, salvo uscirne con le orecchie spaccate all'alba del nuovo millennio.
il grosso problema è non essersene accorti prima, ora in effetti è tardi.
Fabio ha detto…
E' tardi perche' di quella stagione di richieste di uguaglianza si e' persa memoria nelle nuove generazioni.

Non accettano l'esistente, e neppure cercano di cambiarlo. Dalla realta' sembrano fuggire, rifugiandosi dietro a schermi che hanno sostituito il dialogo reale. Le emozioni sono state sostituite da grottesche faccine, le espressioni di apprezzamento sono state standardizzate e trasformate in cuoricini.

Cosi' facendo legittimano di fatto (senza un'accettazione consapevole peraltro) lo status quo e nulla cambia.

Del nostro linguaggio ("regioni rosse", "welfare", "socialdemocrazie") non sanno piu' che farsene, nel ventunesimo secolo non suona piu' attuale e meno generico rispetto alle parole d'ordine della rivoluzione francese e della dichiarazione di indipendenza americana.

Appunto: abbiamo perso. Non c'e' piu' nulla di salvabile.