Due domande per decidere.



Per una fraintesa interpretazione del concetto di democrazia, una disciplina di pensiero molto raffinata qual e' la politica e' oggi gestita da tifoserie divorate dall'emotivita', dal rancore, da un acritico spirito di appartenenza pronto a scadere nella barbarie alla prima provocazione.

Mi permetto di auspicare e suggerire che a tale atteggiamento si sostituisca una serie di domande con un contenuto valoriale.

Vi spiego come ragiono io, e vi assicuro che si tratta di uno schema di pensiero molto semplice.

Di fronte a ogni misura che viene proposta io mi pongo sempre due questioni. E sulla base delle risposte che mi do, decido da che parte stare.

1) La misura che viene proposta arreca beneficio all'ecosistema?

2) La misura che viene proposta riduce le disuguaglianze?

Se la risposta e' si', allora sostengo la proposta, altrimenti la valuto negativamente. Questo indipendentemente da chi se ne fa promotore.

Con la stessa forza politica posso essere in disaccordo nel momento in cui sostiene la chiusura dei porti per impedire lo sbarco di migranti (misura che aumenta le disuguaglianze, perche' i migranti sono piu' poveri e in difficolta' di noi e quindi vanno accolti). E un momento dopo in accordo quando propone una ridistribuzione della ricchezza (il reddito di cittadinanza per esempio, che le disuguaglianze le riduce).

Non mi sembra un ragionamento difficile. E quindi mi domando perche' invece prevalga l'atteggiamento fideistico, questo bisogno di appartenenza a un gregge o all'altro, che il dibattito politico lo svilisce e lo riduce a una serie di conflitti faziosi e controproducenti all'adozione di misure che migliorino le nostre vite.

Commenti

Andrea ha detto…
sono molto d'accordo con il concetto di "prendere con le pinze quello che un gregge propone". Lo si puo' dire di tante altre cose, della religione in primis. Ma non siamo forse nella cultura del fast food? quello che mi piace lo scelgo e personalizzo come voglio e dico io? sono un po' cattolico, un po' sciamano, un po' buddista, un po' induista, un po' pastafariano...

tutto bene, ma a una certa eta' comincio ad apprezzare il "fedeli alla linea" che magari non piace sempre, ma e' una scelta di responsabilita' verso le persone di cui vuoi fidarti
Fabio ha detto…
Certo, siamo identita' liquide come sosteneva Bauman. Non puo' che essere cosi', se pensi alla infinita quantita' di segnali anche molto contrastati che siamo costretti a metabolizzare nelle nostre vite dando ad essi un senso - o provandoci.

Ci ho pensato quando ieri ho letto il tuo commento, ma non avverto un gran bisogno di appartenenza. Anzi, apprezzo questa liberta' che nasce da un atteggiamento aperto e sincretico.

Che non significa necessariamente non essere fedeli alla linea, solo che mi piace disegnarla io la linea alla quale essere fedele. E poi, e questo non sempre e' facile, cercare di seguirla con costanza senza deviare, senza distrarmi, senza fermarmi.