Una nazione di dementi.



"With nothing meaningful to say about our future, we’ve retreated into the falsehoods of the past, painting over the absence of certainty at our core with a whitewash of poisonous nostalgia. The result is that Britain has entered a haunted dreamscape of collective dementia, a half-waking state in which the previous day or hour is swiftly erased and the fantasies of the previous century leap vividly to the fore".

THE NEW YORK TIMES
Britain is drowning itself in nostalgia.

Commenti

Andrea ha detto…
L'ho notata anche io questa cosa dell'arroccarsi sul passato, e le glorie degli anni 90, 80, 70 sempre più indietro, e quell-epoca-che-non-esiste-piu' ma meravigliosa.

Io però la vivo diversamente. Magari è paranoia chissà. Ma io la vivo nel senso di chiusura allo straniero, fare quadrato alle incursioni degli immigrati con una storia che loro non POSSONO aver vissuto, per questo ancora più dolce e irripetibile.

Della serie "magari voi polacchi-rumeni-italiani-portoghesi avete vissuto per UN PO' nella nostra Inghilterra, ma non potete sapere cosa era prima della vostra invasione, ed è questo che ci divide da voi"

Magari è paranoia...
Fabio ha detto…
Di fronte a cio' che non capiamo le prime reazioni sono la negazione e l'evitamento. Pensa a quello che David Stubbs scrive in Fear of music, a proposito della musica e piu' in generale dell'arte.

Non capisco le altre culture, quindi mi fanno paura, quindi non voglio entrare in contatto con esse: le vooglio tenere lontane da me con ogni mezzo necessario.

In questo caso si tratta di una fuga scomposta perche' una fuga dalla realta' e dal presente non si puo' realizzare. Il passato e', per l'appunto, passato.

Siamo di fronte a una disperazione collettiva generata da disuguaglianze sempre piu' estreme, un esproprio proletario nel senso di proletariato e classe media che sono state epropriate di diritti che ritenevano acquisiti. E un esproprio che non sembra avere mai fine, del quale le persone fanno esperienza quando hanno a che fare con la banca, vanno a fare la spesa, ricevono le fatture energetiche, ecc. Quindi quotidianamente.

Tale disperazione trova espressione in un grido scomposto, un odio amplificato oltre misura da Facebook.

Facebook diventa il luogo del rapido sollievo e della soluzione a presa rapida. Niente e' sufficientemente distopico e estremo da non trovare terreno fertile nel social network fognatura a cielo aperto.

Senza Facebook non ci sarebbero Brexit, Trump, il populismo, il sovranismo.

Facebook ha capovolto la realta': ora essere colti e' una ragione per vergognarsi, mentre ruttare parole in liberta' e' ragione di vanto.

Il primo passo per ripristinare un minimo di democrazia rappresentativa e' chiudere la fogna Facebook e condannare a una pena pecuniaria sostanziale - da ridistribuire alla collettivita' come indennizzo - chi fino a oggi si e' avvantaggiato economicamente della credulita' popolare, generando un danno sociale incalcolabile e senza precedenti nella storia.
Andrea ha detto…
conosco un professore della Bicocca con cui ho lavorato in passato, che amavo seguire nei primissimi tempi delle discussioni online, quelle veramente poco usabili e poco comprensibili, dove si riportava tutto il testo del messaggio precedente per cui non si capiva nulla di chi parlava, chi rispondeva etc.

Io ai tempi (parlo del 92-93) lo adoravo perche' dava un po' di buon senso alla discussione (e ovviamente, dava ragione a me). Pero' ai tempi la discussione era con un centinaio di persone, e lui teneva a bada la maggior parte con grande dialettica.

Lo stesso professore si e'da poco affacciato su Twitter e ha cominciato la stessa tecnica stermina-tutti su argomenti di economia, politica, governo. Roba da perderci tutto il giorno. La mattina mi arrivano le notifiche di quanti infedeli ha cercato di convertire il giorno prima, ed e' di una desolazione devastante. Mi verrebbe da dirgli di smetterla, non ha nessun senso cercare di "scopare il mare", che e' forse un'attivita' piu' prolifica.

Io non penso che ci sia un problema con Twitter o con facebook: ormai si e' capito che meta' della popolazione di qualunque paese la pensa diverso da te. Vuoi fare la guerra contro meta' di ogni popolazione? io no. Se il motto e' "pick your battles", incazzarsi dietro facebook o twitter e' di sicuro "not the right battle"
Fabio ha detto…
A me piuttosto piace incontrare persone che condividono gli stessi "principi base" (uguaglianza, ambientalismo, interesse per l'arte, la musica, la letteratura, ecc.). Mi verrebbe da dire presupposti epistemologici e gnoseologici comuni. Poi si discute delle eventuali differenze.

Possiamo discutere se Unknown pleasures e' migliore o peggiore di Closer. Ma insomma con gli appassionati di Zucchero e della Pausini preferisco non avere niente a che fare.

I social network generano una cacofonia che trovo estremamente fastidiosa.

Il mio discorso pero' era piu' simile a quello che faceva Eco. Vado a memoria e puo' darsi che interpreti un pochino, ma mi pare abbia detto qualcosa del tipo: qualche anno fa uno che diceva stupidaggini le diceva al bar davanti a 10 persone. Oggi le stesse stupidaggini le mette in comune con millecinquecento follower, molti dei quali gli danno corda perche' sono come lui. E si sentono autorizzati a spararla ancora piu' grossa, in una corsa al rialzo che non ha mai fine.

Da quella corsa al rialzo sono nati Brexit, Trump e un generale linciaggio del ragionamento, che e' la prima vittima dei social network.