Andre' Techine', Les egares

E' stato il mio primo fine settimana interamente londinese da un po' di tempo. Un'occasione per vivere questa citta' senza fretta, finalmente.

Ripresa anche la bella tradizione di concludere la Domenica con un buon film. E' il mio modo per evitare di pensare al Lunedi'.

All'Istituto Francese, dove proiettavano "Les egares" di Techine', sono arrivato camminando da Notting Hill, attraversando i Kensington Gardens verdissimi per le recenti pioggie, costeggiando la Serpentine Gallery e il Victoria & Albert Museum. Una passeggiata che amo e consiglio.

L'Istituto Francese, forse lo sapete gia', e' uno dei luoghi di questa citta' che preferisco. Un bel punto d'incontro, con un delizioso caffe', la biblioteca, spazi per leggere e cuffie per ascoltare musica. E il cinema naturalmente, al quale si accede passando per la grande scala di marmo che si apre nell'atrio dell'Istituto.

Andrea stava ascoltando musica, Marco raccoglieva informazioni sulle iniziative, Aimee e Vanessa erano sedute a un tavolino del caffe', Ilaria chiacchierava con due suoi amici olandesi molto simpatici. Come da copione, e per quanto mi sforzi di cambiare, sono sempre l'ultimo.

"Les egares" e' stato presentato a Cannes credo un paio d'anni fa, ma che io sappia non e' mai stato distribuito in Inghilterra prima d'ora. La storia e' quella di Odile e dei suoi due figli i quali, l'anno e' il 1940, scappano da Parigi occupata dall'esercito tedesco. Quando nel corso di un bombardamento la loro auto viene colpita, fuggono a piedi insieme al diciassettenne vagabondo Yvan, e trovano riparo in una splendida casa immersa tra campi di grano e colline di felci.

Sembra una storia tradizionale, e invece non la e'. La guerra resta sullo sfondo, quasi un pretesto per generare la situazione di contatto tra persone appartenenti a classi sociali e culturali diverse, la raffinata insegnante Odile e l'analfabeta Yvan. E' un film che pone domande piuttosto che dare risposte, specie nel finale. Che succede davvero a Yvan? Dobbiamo credere alle parole del poliziotto? O invece la verita' e' piu' complessa?

Bravissima, come sempre, Emmanuelle Beart, attorno alla quale ruota la trama di tutto il film.

Commenti

PiB ha detto…
Non ho visto questo film ma l'ho messo nella mia lista di Netflix quindi visto che mi fido di te me lo vedrĆ². Ammetto Fabio che mi piace il tuo modo di portarci per mano nel tuo passegg-IO: mentre leggevo ero li che mi immagnavo quel verde pioggia.
Fabio ha detto…
Grazie per le tue parole Pib. Anni fa trascorsi un periodo in un ashram nel Bihar, in India. Le regole che avevo accettato di seguire erano molto rigide. Il momento dei pasti, per esempio, veniva interpretato come meditazione. Dovevamo imparare a conoscere le nostre percezioni non soltanto *durante* i pasti (che infatti venivano consumati nel completo silenzio, e senza l'uso di posate per poter diventare tutt'uno con il cibo), ma anche *prima*. Il processo di avvicinamento era considerato molto importante. Forse e' quell'esperienza ad avermi insegnato a *prepararmi* alle cose che mi piacciono, magari inventandomi un percorso particolarmente piacevole per raggiungerle.
PiB ha detto…
Il percorso ĆØ importante quanto la meta.
Fabio ha detto…
Proprio cosi'. Qualche giorno fa sorvolando l'Oceano mi sono scoperto a pensare a quanto doveva essere diverso raggiungere le coste dell'America per un europeo prima dell'avvento dell'aereonautica. Il senso di attesa, la preparazione, gli imprevisti, la condivisione.
PiB ha detto…
Ma scherzi...pensa al building up interiore....sai che nella mia MENTE "malata" sto progettando di farlo un viaggio america-europa in nave.