Brian Eno & David Byrne, My life in the bush of ghosts (EG 1981)
Piu' passa il tempo e piu' mi affeziono a London Calling. Iniziai a scrivere questo blog oltre un anno e mezzo fa, senza un progetto preciso, tipo "vediamo cosa succede se scrivo qualche pensiero e lo metto in rete". Per tutto il primo anno non mi arrivarono commenti e non avevo un contatore delle visite. Soltanto qualche amico, quando raccontavo qualcosa che avevo scritto qui, mi interrompeva dicendo "Si' si' lo so, l'ho letto nel tuo blog". Lo nominavo, l'indirizzo di London Calling, all'interno di Prospettive Musicali, ma senza contatore non ho mai saputo se qualche ascoltatore davvero avesse trascritto fabiocalling.blogspot.com sul suo computer.
Poi un giorno mi arrivo' una mail di Gnop, il webmaster di Radio Popolare, che mi spiegava come inserire foto (era una procedura piu' complicata di adesso) e mi suggeriva di inserire un contavisite. E infine l'amico ingegnere informatico Antonio mi segnalo' la possibilita' di conoscere la provenienza geografica dei lettori con Mapstats. E soprattutto cominciarono ad arrivare alcuni commenti. Non finiro' mai di ringraziare chi passando di qui lascia qualche idea o un saluto, mi fa troppo piacere.
Oggi London Calling ha un suo piccolo seguito di amici. Leggete, scrivete, discutete tra di voi e con me. "Avete la pazienza di leggere" dovrei dire, dato che spesso parlo di musicisti, luoghi, fotografi, artisti, mostre, situazioni che a molti di voi non diranno moltissimo.
Non tutti voi siete appassionati di musica per esempio. Ecco, ho fatto tutta questa lunga introduzione per dire questo: se siete alla ricerca di un punto di partenza per iniziare un'avventura in quella cosa magica e indispensabile che chiamiamo musica, partite di qui. Era il 1981, estate. Ricordo il mare e ricordo una sera sulla spiaggia. La mia amica belga Diane che si avvicina a me e nel suo inglese con forte accento francese mi dice "You are the light for me" prima di darmi un bacio sulle labbra. E ricordo il giorno dopo, lei, suo fratello Olivier e io che prendiamo un treno e andiamo a Rimini, in un negozio del quale ho ancora in mente il nome, Dimar (chissa' se esiste ancora) e Olivier che impazziva per questo gruppo chiamato Talking Heads, del quale in quell'Estate ascoltava in continuazione due dischi, "Fear of music" e "Remain in light". Comprai tutto quello che trovai di quella formazione. Olivier mi parlo' anche di questo disco, inciso dal cantante dei Talking Heads con un altro musicista, un inglese del quale dovevo avere letto qualcosa, tale Brian Eno. Comprai anche quello.
Tutti quei dischi li ascoltai a Settembre, tornato a casa dal mare. Mi piacquero tutti, naturalmente. Quello che trovavo piu' misterioso, che infatti ascoltai piu' spesso, era proprio "My life in the bush of ghosts". Quelle voci lontane captate chissa' dove, miste a suoni mai sentiti prima. Fu uno di quei dischi che mi fecero capire tante cose. Soprattutto che c'era un mondo che ancora non conoscevo, ma che avrei fatto qualsiasi cosa per esplorare.
Oggi quel disco viene ristampato, a 25 anni di distanza dalla sua uscita. Sono passati 25 anni e quel disco mi affascina come la prima volta che lo misi sul giradischi. Non so, forse sono sciocco, ma e' una cosa che mi commuove. Una certezza in un mare di dubbi.
Lo dico ai lettori che non lo conoscono ancora: non sprecate l'occasione di portarvi a casa un assoluto capolavoro che, credetemi sulla parola, amerete per sempre.
Poi un giorno mi arrivo' una mail di Gnop, il webmaster di Radio Popolare, che mi spiegava come inserire foto (era una procedura piu' complicata di adesso) e mi suggeriva di inserire un contavisite. E infine l'amico ingegnere informatico Antonio mi segnalo' la possibilita' di conoscere la provenienza geografica dei lettori con Mapstats. E soprattutto cominciarono ad arrivare alcuni commenti. Non finiro' mai di ringraziare chi passando di qui lascia qualche idea o un saluto, mi fa troppo piacere.
Oggi London Calling ha un suo piccolo seguito di amici. Leggete, scrivete, discutete tra di voi e con me. "Avete la pazienza di leggere" dovrei dire, dato che spesso parlo di musicisti, luoghi, fotografi, artisti, mostre, situazioni che a molti di voi non diranno moltissimo.
Non tutti voi siete appassionati di musica per esempio. Ecco, ho fatto tutta questa lunga introduzione per dire questo: se siete alla ricerca di un punto di partenza per iniziare un'avventura in quella cosa magica e indispensabile che chiamiamo musica, partite di qui. Era il 1981, estate. Ricordo il mare e ricordo una sera sulla spiaggia. La mia amica belga Diane che si avvicina a me e nel suo inglese con forte accento francese mi dice "You are the light for me" prima di darmi un bacio sulle labbra. E ricordo il giorno dopo, lei, suo fratello Olivier e io che prendiamo un treno e andiamo a Rimini, in un negozio del quale ho ancora in mente il nome, Dimar (chissa' se esiste ancora) e Olivier che impazziva per questo gruppo chiamato Talking Heads, del quale in quell'Estate ascoltava in continuazione due dischi, "Fear of music" e "Remain in light". Comprai tutto quello che trovai di quella formazione. Olivier mi parlo' anche di questo disco, inciso dal cantante dei Talking Heads con un altro musicista, un inglese del quale dovevo avere letto qualcosa, tale Brian Eno. Comprai anche quello.
Tutti quei dischi li ascoltai a Settembre, tornato a casa dal mare. Mi piacquero tutti, naturalmente. Quello che trovavo piu' misterioso, che infatti ascoltai piu' spesso, era proprio "My life in the bush of ghosts". Quelle voci lontane captate chissa' dove, miste a suoni mai sentiti prima. Fu uno di quei dischi che mi fecero capire tante cose. Soprattutto che c'era un mondo che ancora non conoscevo, ma che avrei fatto qualsiasi cosa per esplorare.
Oggi quel disco viene ristampato, a 25 anni di distanza dalla sua uscita. Sono passati 25 anni e quel disco mi affascina come la prima volta che lo misi sul giradischi. Non so, forse sono sciocco, ma e' una cosa che mi commuove. Una certezza in un mare di dubbi.
Lo dico ai lettori che non lo conoscono ancora: non sprecate l'occasione di portarvi a casa un assoluto capolavoro che, credetemi sulla parola, amerete per sempre.
Commenti
claudia
Grazie. Ho appena aggiunto il link al tuo blog.
Pib -
Nel caso di "My life in the bush of ghosts", oltre al risultato lo stesso processo ha qualcosa di magico. Tutto quello che ascolti in questo disco e' ottenuto con tecnologie analogiche, ben prima dell'avvento del digitale e dei campionatori. Tutto realizzato maneggiando nastri, tagliandoli, sovrapponendoli. E' un processo che aggiunge molto fascino al risultato finale. Veri pionieri Eno e Byrne.
Artemisia e Claudia -
Aspetto reazioni e commenti allora. Mi auguro vi accompagni per i prossimi 25 anni, com'e' successo a me.
irrinunciabile ed indimenticabile.