Japan, The very best of (Virgin 2006)
Ricordate? Eravamo rimasti al 1981, la mia cameretta che si riempiva di uno strano miscuglio di suoni: Talking Heads, Eno & Byrne, Television, Patti Smith, Devo, Clash, Joy Division, XTC. La mia gioia quando nella cassetta postale trovavo le lettere di Diane e i consigli per gli acquisti di Olivier.
Quell'autunno trascorse risparmiando su tutto per andare a Milano a comprare quei vinili che facevano la mia felicita'. Iniziai a frequentare un negozio di via Torino che si chiamava Zabriskie Point. I commessi e gli altri clienti sapevano un sacco di cose e mi suggerivano nomi mai ascoltati prima.
Un giorno, nella cittadina dove sono nato, mi fermai davanti alla vetrina di un negozio di dischi e poco dopo arrivo' alle mie spalle un mio compagno di liceo scontroso e schivo, con il quale non avevo mai legato. "Ti interessi anche tu di musica?" mi chiese. Scoprii che anche lui, guidato da un suo ancora piu' scontroso e schivo fratello, si interessava ai nuovi suoni che arrivavano fino a noi dalle metropoli americane e dall'Inghilterra, dove sognavamo di vivere un giorno. Iniziammo a scambiarci vinili e cassette e mi fece conoscere un programma di una radio di Busto Arsizio, chiamato Marquee, finalmente qualcosa che poteva piacermi.
Poi arrivo' l'Inverno. Come gli anni precedenti, trascorsi le vacanze di Natale in montagna. Il mio migliore amico si chiamava Andrea, viveva a Torino, ma ci ritrovavamo tutte le esatati e tutti gli inverni a Gressoney. La sua famiglia viveva in una casa davanti a un immenso prato, alle pendici della collina del castello. Erano persone particolari i suoi genitori. Vivevano senza la televisione, ascoltando musica classica e folk del mondo, leggendo moltissimo. Evitavano di usare la macchina: camminavano e andavano in bicicletta ovunque. Erano i tempi nei quali a casa mia si guardava religiosamente Mike Buongiorno e Portobello. Io appena potevo scappavo a casa di Andrea, felice di immergermi in quello stile di vita semplice e interessante, cosi' diverso da quello nel quale ero cresciuto.
Quell'inverno Andrea mi presento' un suo amico di Torino, la cui famiglia aveva affittato un appartamento appena fuori dal centro di Gressoney. Si chiamava anche lui Andrea. Un giorno mi invito' da lui e ci sedemmo per terra a parlare. Il discorso cadde sulla musica e ricordo quel pomeriggio come fosse oggi. Andrea che parlava di punk californiano, citando gruppi che non avevo mai ascoltato: Black Flag, Circle Jerks, Germs. Ricordo ancora una sua frase: "Il mio inno e' un brano degli X chiamato 'We are desperate'". Mi parlo' dei Gun Club e dei Cramps, che sarebbero diventati oggetto di adorazione poco dopo anche per me.
Poi mi disse "Tu devi leggere questo" e mi porse una rivista in carta ruvida, in un bianco e nero che pareva fotocopiato. In copertina c'era la foto di un saxofonista invasato, tale James Chance. La rivista si chiamava Rockerilla.
Appena tornato nella piccola addormentata cittadina dove vivevo, feci impazzire il mio vecchio edicolante fino a quando inizio' a procurarmi quella rivista stampata in un piccolo paese della Liguria. Riuscii a comprare il numero con in copertina James Chance, Dicembre 1981, che ancora conservo religiosamente. Il numero successivo aveva in copertina un gruppo tedesco, i DAF, quelli dopo, li ricordo ancora, i magnifici Ludus, i Theatre of Hate, Lydia Lunch.
L'attesa del numero nuovo di Rockerilla dava un senso al tempo che passava sonnacchioso, scandito da compiti in classe e interrogazioni. Ogni volta che Claudio Sorge e Marco Reina suggerivano un disco, dovevo fare di tutto, di tutto, per trovarlo. Marco, forse ve l'ho gia' raccontato, l'avrei conosciuto molti anni dopo, e adesso e' un mio carissimo amico, oltre che vicino di casa qui a Londra.
La mia firma preferita di Rockerilla, quello che ancora oggi considero il miglior giornalista musicale italiano di tutti i tempi, era pero' Alessandro Calovolo. Gli articoli di Calovolo, che mori' giovanissimo qualche anno dopo, credo proprio in questa citta', non assomigliavano a quelli di nessun altro. Erano pieni di ricercata poesia e riferimenti ad altre forme d'arte. Parlava di musica citando Cocteau e Rothko.
Grazie a lui scoprii un gruppo che ancora oggi amo, i Japan.
"Just when I think I'm winning
When I've broken every door
The ghosts of my life
Blow wilder than before
Just when I thought I could not be stopped
When my chance came to be king
The ghosts of my life
Blew wilder than the wind".
Comprai due loro dischi, "Gentlemen take Polaroids" e "Tin drum". "Ghosts" divenne per me una vera ossessione, con quella voce profonda che galleggiava in un iperspazio sonoro minimalista amniotico in bianco e nero. Al pari di "Bela Lugosi's dead", "O Superman" e "Transmission", "Ghosts" divento' la colonna sonora di quegli anni, una traccia epocale , l'inizio di un viaggio che sarebbe arrivato fino a "Blemish" attraverso preziose collaborazioni con Sakamoto, Fripp, Czukay.
"I was already more drawned to melancholy pieces of music; my heart was calling me as a writer to strip things away, conceal myself less. With "Gentleman take Polaroids" I was just beginning to get there. With "Tin drum", a door opened and I saw a path ahead that resonated".
"The very best of" contiene 2 versioni di "Ghosts", una splendida registrazione live di "Canton", un remix di "Life in Tokyo", un altro di "Taking islands in Africa", la commovente "Nightporter" e gioielli indimenticabili come "Visions of China" e "Cantonese boy".
L'ho ascoltato spesso in questi giorni, pensando agli incontri che hanno cambiato per sempre la mia vita.
Quell'autunno trascorse risparmiando su tutto per andare a Milano a comprare quei vinili che facevano la mia felicita'. Iniziai a frequentare un negozio di via Torino che si chiamava Zabriskie Point. I commessi e gli altri clienti sapevano un sacco di cose e mi suggerivano nomi mai ascoltati prima.
Un giorno, nella cittadina dove sono nato, mi fermai davanti alla vetrina di un negozio di dischi e poco dopo arrivo' alle mie spalle un mio compagno di liceo scontroso e schivo, con il quale non avevo mai legato. "Ti interessi anche tu di musica?" mi chiese. Scoprii che anche lui, guidato da un suo ancora piu' scontroso e schivo fratello, si interessava ai nuovi suoni che arrivavano fino a noi dalle metropoli americane e dall'Inghilterra, dove sognavamo di vivere un giorno. Iniziammo a scambiarci vinili e cassette e mi fece conoscere un programma di una radio di Busto Arsizio, chiamato Marquee, finalmente qualcosa che poteva piacermi.
Poi arrivo' l'Inverno. Come gli anni precedenti, trascorsi le vacanze di Natale in montagna. Il mio migliore amico si chiamava Andrea, viveva a Torino, ma ci ritrovavamo tutte le esatati e tutti gli inverni a Gressoney. La sua famiglia viveva in una casa davanti a un immenso prato, alle pendici della collina del castello. Erano persone particolari i suoi genitori. Vivevano senza la televisione, ascoltando musica classica e folk del mondo, leggendo moltissimo. Evitavano di usare la macchina: camminavano e andavano in bicicletta ovunque. Erano i tempi nei quali a casa mia si guardava religiosamente Mike Buongiorno e Portobello. Io appena potevo scappavo a casa di Andrea, felice di immergermi in quello stile di vita semplice e interessante, cosi' diverso da quello nel quale ero cresciuto.
Quell'inverno Andrea mi presento' un suo amico di Torino, la cui famiglia aveva affittato un appartamento appena fuori dal centro di Gressoney. Si chiamava anche lui Andrea. Un giorno mi invito' da lui e ci sedemmo per terra a parlare. Il discorso cadde sulla musica e ricordo quel pomeriggio come fosse oggi. Andrea che parlava di punk californiano, citando gruppi che non avevo mai ascoltato: Black Flag, Circle Jerks, Germs. Ricordo ancora una sua frase: "Il mio inno e' un brano degli X chiamato 'We are desperate'". Mi parlo' dei Gun Club e dei Cramps, che sarebbero diventati oggetto di adorazione poco dopo anche per me.
Poi mi disse "Tu devi leggere questo" e mi porse una rivista in carta ruvida, in un bianco e nero che pareva fotocopiato. In copertina c'era la foto di un saxofonista invasato, tale James Chance. La rivista si chiamava Rockerilla.
Appena tornato nella piccola addormentata cittadina dove vivevo, feci impazzire il mio vecchio edicolante fino a quando inizio' a procurarmi quella rivista stampata in un piccolo paese della Liguria. Riuscii a comprare il numero con in copertina James Chance, Dicembre 1981, che ancora conservo religiosamente. Il numero successivo aveva in copertina un gruppo tedesco, i DAF, quelli dopo, li ricordo ancora, i magnifici Ludus, i Theatre of Hate, Lydia Lunch.
L'attesa del numero nuovo di Rockerilla dava un senso al tempo che passava sonnacchioso, scandito da compiti in classe e interrogazioni. Ogni volta che Claudio Sorge e Marco Reina suggerivano un disco, dovevo fare di tutto, di tutto, per trovarlo. Marco, forse ve l'ho gia' raccontato, l'avrei conosciuto molti anni dopo, e adesso e' un mio carissimo amico, oltre che vicino di casa qui a Londra.
La mia firma preferita di Rockerilla, quello che ancora oggi considero il miglior giornalista musicale italiano di tutti i tempi, era pero' Alessandro Calovolo. Gli articoli di Calovolo, che mori' giovanissimo qualche anno dopo, credo proprio in questa citta', non assomigliavano a quelli di nessun altro. Erano pieni di ricercata poesia e riferimenti ad altre forme d'arte. Parlava di musica citando Cocteau e Rothko.
Grazie a lui scoprii un gruppo che ancora oggi amo, i Japan.
"Just when I think I'm winning
When I've broken every door
The ghosts of my life
Blow wilder than before
Just when I thought I could not be stopped
When my chance came to be king
The ghosts of my life
Blew wilder than the wind".
Comprai due loro dischi, "Gentlemen take Polaroids" e "Tin drum". "Ghosts" divenne per me una vera ossessione, con quella voce profonda che galleggiava in un iperspazio sonoro minimalista amniotico in bianco e nero. Al pari di "Bela Lugosi's dead", "O Superman" e "Transmission", "Ghosts" divento' la colonna sonora di quegli anni, una traccia epocale , l'inizio di un viaggio che sarebbe arrivato fino a "Blemish" attraverso preziose collaborazioni con Sakamoto, Fripp, Czukay.
"I was already more drawned to melancholy pieces of music; my heart was calling me as a writer to strip things away, conceal myself less. With "Gentleman take Polaroids" I was just beginning to get there. With "Tin drum", a door opened and I saw a path ahead that resonated".
"The very best of" contiene 2 versioni di "Ghosts", una splendida registrazione live di "Canton", un remix di "Life in Tokyo", un altro di "Taking islands in Africa", la commovente "Nightporter" e gioielli indimenticabili come "Visions of China" e "Cantonese boy".
L'ho ascoltato spesso in questi giorni, pensando agli incontri che hanno cambiato per sempre la mia vita.
Commenti
Deliziosa la stilettata in punta di penna al tuo ambiente di lavoro ... ma Londra val bene la fatica, sopportare teste vuote a Verona invece non ha alcun senso ... ti sia di consolazione.
Nicola
fanno rivivere l'emozione di immergersi in cio' che si ama, dell'entusiasmo e della scoperta di cose talmente intense e coinvolgenti da farti dimenticare tutto il resto.
Bello! mi piace tantissimo quando qualcuno riesce a comunicare queste cose.
raf
PerĆ² ha ragione Raf, sono belli questi post autobiografici.
Tutto ciĆ² di musicalmente rilevante che ricordo io del 1981 ĆØ un concerto dei Genesis a Zurigo, con la mia amica Antonella (che ora non vedo da almeno 10 anni). Eppure ascoltavo anch'io Gun Club, Theatre of Hate, Joy Divison ecc. PerĆ² l'unica di cui non ho perso le tracce ĆØ Patty Smith, degli altri non so piĆ¹ niente da anni (per alcuni ĆØ stato meglio, pensate al ritorno dei Gene Loves Jezebel..)
E pensare che l'anno dopo (1982) sono arrivato in autostop a Salisbury solo perchĆØ era una canzone degli Hurrya Heep!!
cosa hai in programma per il weekend?
ciao
Auro
in quegli anni ('81, '82) io ero davvero troppo piccola per interessarmi di musica.. e i nomi che citi non li conosco.. ma mi hai messo voglia di rimediare :)
buona giornata, e buon fine settimana.
@ Nicola -
Verona a me piace davvero molto invece, ma non ci ho mai vissuto. Ricordo con piacere una volta che ci arrivai in bicicletta dopo aver fatto un bel giro attorno al lago di Garda, la mia stanchezza, la salita verso l'ostello che mi sembro' quasi impossibile dopo tutti quei chilometri (e quel giorno pure una rovinosa caduta dalla bici in discesa). E il centro, la piazza dell'Arena, il mercato. Pero' certo, sono felice di vivere nella citta' alla quale ho intitolato il blog.
@ Raffaella -
In qualche modo sapevo che ti sarebbero piaciuti! Quelli di noi che hanno vissuto quegli anni, come te e me, sanno cosa voleva dire l'uscita di Rockerilla, quali infinite sorprese rivelava. Il fascino di nomi e foto che aprivano universi. Era un mondo cosi' diverso, le distanze erano concrete, le cose arrivavano dopo settimane, circondate da un alone di mistero, portate a noi da quella rivista che ha cambiato le nostre vite. Rockerilla era la nostra finestra sul mondo in quegli anni pre-Internet e pre-globalizzazione.
@ Auro -
Era un po' prima che tu e io ci conoscessimo, ma mica tanto. Non so perche' sono usciti questi post autobiografici, non avevo intenzione di scriverli. Prodigio della musica, che ti permette di fissare ricordi per sempre e di farli riaffiorare con colori vivi.
Ele -
Felice ti siano piaciuti questi post. Io leggo lo stesso entusiasmo per la musica nel tuo blog ora. Mi fai davvero pensare a quegli anni, ora che siete tu e i tuoi lettori e amici a esprimere l'entusiasmo e la passione per il presente (quelli della mia generazione si rifugiano spesso nel passato invece, credo che sia un fatto naturale e non oppongo resistenza).
Myriam -
Grazie per le tue parole. Il cosiddetto post-rock (brutta etichetta, mi trovo d'accordo con Max Prestia) aveva un suo fascino astratto, un po' lo stesso che ho ritrovato nei lavori grafici della Bauhaus qualche giorno fa, mentre sfogliavo il catalogo di una mostra di Moholy-Nagy e Albers preparando un pezzo per Zoe. Oggi ho bisogno di narrazione, di qualcuno che mi racconti storie, e ascolto altro. Mi ha fatto piacere il fatto che i Tortoise si accompagnino ora a un cantastorie come Will Oldham, e' come se avessimo indipendentemente camminato su un percorso comune, se ci fossimo ritrovati dopo anni.
A presto,
MOYA in the South
Sai che non so bene dov'e' SE4: Camberwell? Peckham? Piu' in la' verso Greenwich? E questo lo dico a tutti i lettori di London Calling: andate sul blog di Moya (nome scelto after il brano dei Southern Death Cult?) e seguite le indicazioni per firmare la petizione contro il massacro delle foche.
Oggi, un piccolo ricordo che regalo a te ed a tutti i tuoi lettori.
La prima volta che Claudio (ed io, perche' eravamo insieme) scopri' Rockerilla fu da Caru' dischi a Gallarate. Era l'edizione formato gigante (qualcuno se la ricorda?) che Paolo Caru' aveva appoggiato sul dorso di alcuni dischi in vendita. Claudio chiese di visionarla e poi la compro'.
Dopo qualche tempo si mise in contatto con Beppe Badino chiedendo di collaborare e...il resto e' storia.
E la cosa piu' bella che tutti noi: trentenni o quarantenni, non abbiamo ancora perso la passione per la musica. Ovviamente siamo andati in direzioni diverse, ma sempre con passione! Anch'io non sopporto le terminologie che lasciano poi ben poco respiro alla musica..ma non volevo qui elencare i 237 gruppi che mi hai fatto conoscere, sarebbe diventato barboso. Hey, ma quando vi decidete a venire a trovarmi a Canterbury?
I Japan mi ricordano i pomeriggi a casa di L. dopo i compiti...grazie Fabio.
Non c'e' mai stato piu' nulla per me come Rockerilla. Lo leggevo riga per riga, con la matita per cerchiare i dischi che avrei cercato. Mi si aprivano mondi ad ogni numero. Quando usciva la vostra rivista la sonnacchiosa cittadina nella quale sono cresciuto scompariva attorno a me e la mia cameretta diventava una succursale del CGBG's o del 100 Club. Era il mio modo per sopravvivere. Sono io che devo essere grato a voi.
Tutti a Faversham allora, a questo punto mi avete incuriosito! Ma e' una cittadina sul mare? Cosa c'e' a Faversham?
A Faversham, appena arrivata dall'Italia, entrai in un pub. Credevo che funzionasse come un bar italiano. Ordino una pinta di birra e me la bevo d'un fiato, tipo succo di frutta, in piedi al bancone. Non capii allora perchĆØ la cosa suscitĆ² tanta impressione tra i presenti...si fecero strane idee. Mi piacerebbe tornarci.
Allora sir Bob non era sir, e neanche credo abitasse lƬ...
No Faversham non e' al mare ma in mezzo alla campagna.Adesso e' famosa per ospitare Bob Geldof e anche una fattoria/mercatino con tutti i prodotti biologici.
Che meraviglia de'essere. Tutti a fare il mercatino biologico allora, e poi a prendere una tazza di te' nel giardino di sir Bob!