Marley was a rolling stone
[Sounds of the Universe, Novembre 2007]
Io non sono mica tanto sicuro se mi piace il nuovo megastore di Rough Trade dalle parti di Brick Lane. Hanno voluto un po' strafare. Troppo spazio e troppo pochi dischi. Per quale motivo sprecare spazio per un caffe' in una zona dove ce ne sono gia' tanti, per dire. Apri una sezione dedicata a musiche davvero altre invece, quelle delle quali parla Wire (che ha la redazione li' a due passi, tra parentesi) e che qui a Londra continui a trovare solo grazie al mail order diretto dalle etichette, e tutti i negozi ignorano.
Prendete Other Music di New York o Dusty Grooves di Chicago, spazi decisamente piu' contenuti ma con identita' da vendere. Entri e sei dentro la musica, la loro musica, quel tipo, prendere o lasciare. Un'esperienza.
Quell'atmosfera ormai qui a Londra la respiri solo a Honest Jon's di Ladbroke Grove e a Sounds of the Universe di Soho. Che e' il tempio dove cercare tutto quello che e' black: reggae, rare grooves, funk, soul, tropicalia.
Al piano sopra il negozio ci sono gli uffici della migliore etichetta londinese degli ultimi anni, l'eccellente Soul Jazz. Nel deprimente panorama musicale di una Londra che vivacchia sul suo passato, quelli di Soul Jazz non si stancano di riportare alla luce dai profondi anni '70 pepite di 45 giri che poi rimasterizzano per bene e rimettono in circolazione ad uso di un pubblico di fedeli appassionati.
Tra le loro ultime raccolte (un volume di post-tropicalia, un paio di dubstep, uno di ritmi cubani) quella che fa saltare per aria e' Jamaica funk. Versioni da paura con ritmo in levare di Papa was a rolling stone, People make the world go round, Ain't no sunshine, e un po' di sorprese assortite senza una logica precisa. Il toasting ingrugnito di Jah Lloyd su base dub profonda come una notte senza Luna, inciso per la Upsetter di Lee Perry. Una traccia di Cedric Im Brooks, immaginate Fela Kuti and the Wailers, dove pero' alla batteria c'e Tony Allen, reggae-afro-beat mai sentito prima che nemmeno sapevo esistesse. Herman & the Aquarians, che ti aspetti di vederli mentre vanno al mercato con ceste di banane appena raccolte, reggae di campagna al quale secondo me si ispira tutto il Salento. I Chosen Few che Vito trasmette tutte le domeniche da vent'anni, quelli che cantano il lovers I love the way you love che avrete certamente sentito almeno una volta nella vita.
E alla fine stai bene. Il reggae fa quell'effetto li'. Vito, per dire, ne e' la dimostrazione. Perche' la Domenica quando sono li' in studio e faccio girare nel lettore Eliane Radigue e Morton Feldman un po' ne esco sfatto. Poi entra Vito, ma che cazzo stai mettendo, che roba e' sto ciaicoschi qua, e basta guardarlo che ti mette allegria. E io Reggae Radio Station ogni tanto mi fermo ma mica a sentirla, a guardarla. Lo vedi sempre felice Vito, e senti quei ritmi in levare, e capisci che e' importante sprofondarcisi dentro nel reggae, non semplicemente ascoltarlo, fare in modo che non esista piu' nient'altro, che sia il suo ritmo indolente a determinare i tuoi movimenti e il modo in cui prendi la vita. Arrendersi, abbandonarsi, lasciare che accada quello che deve accadere senza opporre sempre inutile resistenza. In fondo, Jah rules.
[Bob Marley's Struggle - The Rights Fight]
Io non sono mica tanto sicuro se mi piace il nuovo megastore di Rough Trade dalle parti di Brick Lane. Hanno voluto un po' strafare. Troppo spazio e troppo pochi dischi. Per quale motivo sprecare spazio per un caffe' in una zona dove ce ne sono gia' tanti, per dire. Apri una sezione dedicata a musiche davvero altre invece, quelle delle quali parla Wire (che ha la redazione li' a due passi, tra parentesi) e che qui a Londra continui a trovare solo grazie al mail order diretto dalle etichette, e tutti i negozi ignorano.
Prendete Other Music di New York o Dusty Grooves di Chicago, spazi decisamente piu' contenuti ma con identita' da vendere. Entri e sei dentro la musica, la loro musica, quel tipo, prendere o lasciare. Un'esperienza.
Quell'atmosfera ormai qui a Londra la respiri solo a Honest Jon's di Ladbroke Grove e a Sounds of the Universe di Soho. Che e' il tempio dove cercare tutto quello che e' black: reggae, rare grooves, funk, soul, tropicalia.
Al piano sopra il negozio ci sono gli uffici della migliore etichetta londinese degli ultimi anni, l'eccellente Soul Jazz. Nel deprimente panorama musicale di una Londra che vivacchia sul suo passato, quelli di Soul Jazz non si stancano di riportare alla luce dai profondi anni '70 pepite di 45 giri che poi rimasterizzano per bene e rimettono in circolazione ad uso di un pubblico di fedeli appassionati.
Tra le loro ultime raccolte (un volume di post-tropicalia, un paio di dubstep, uno di ritmi cubani) quella che fa saltare per aria e' Jamaica funk. Versioni da paura con ritmo in levare di Papa was a rolling stone, People make the world go round, Ain't no sunshine, e un po' di sorprese assortite senza una logica precisa. Il toasting ingrugnito di Jah Lloyd su base dub profonda come una notte senza Luna, inciso per la Upsetter di Lee Perry. Una traccia di Cedric Im Brooks, immaginate Fela Kuti and the Wailers, dove pero' alla batteria c'e Tony Allen, reggae-afro-beat mai sentito prima che nemmeno sapevo esistesse. Herman & the Aquarians, che ti aspetti di vederli mentre vanno al mercato con ceste di banane appena raccolte, reggae di campagna al quale secondo me si ispira tutto il Salento. I Chosen Few che Vito trasmette tutte le domeniche da vent'anni, quelli che cantano il lovers I love the way you love che avrete certamente sentito almeno una volta nella vita.
E alla fine stai bene. Il reggae fa quell'effetto li'. Vito, per dire, ne e' la dimostrazione. Perche' la Domenica quando sono li' in studio e faccio girare nel lettore Eliane Radigue e Morton Feldman un po' ne esco sfatto. Poi entra Vito, ma che cazzo stai mettendo, che roba e' sto ciaicoschi qua, e basta guardarlo che ti mette allegria. E io Reggae Radio Station ogni tanto mi fermo ma mica a sentirla, a guardarla. Lo vedi sempre felice Vito, e senti quei ritmi in levare, e capisci che e' importante sprofondarcisi dentro nel reggae, non semplicemente ascoltarlo, fare in modo che non esista piu' nient'altro, che sia il suo ritmo indolente a determinare i tuoi movimenti e il modo in cui prendi la vita. Arrendersi, abbandonarsi, lasciare che accada quello che deve accadere senza opporre sempre inutile resistenza. In fondo, Jah rules.
[Bob Marley's Struggle - The Rights Fight]
Commenti
baci e a presto (questa volta de verdad)
F
sante parole
Dopo la nostra conversazione di qualche giorno fa sto proprio rileggendo Oceano mare! Comunque la tua tesi su Baricco me la devi raccontare, mi hai incuriosito. A tra pochi giorni e salutami Antonio che non lo sento mai pero' mi fa piacere che legga.
Teo -
Beh ma sei un metal eclettico tu! Vieni per caso a sentire Arcade Fire insieme alla delegazione italica questo fine settimana?
Borguez -
Irie irie!
findati sulla ristapa Vampisoul di Tony Allen "Afro soul beat" (o qualcosa del genere). Roba dell'altro mondo: James Brown+talking heads+can a un rave nella jungla...
Fantastico. Se ti avanzano due pounds prenditi pure il doppio di Orlando Julius...soul music nigeriana 1966-1974. ouch!
in un'altra vita mi sa che ero nero....
P.S. :lunedƬ ho intervistato Mark Eitzel. Che grand'uomo...
JC
BTW, meno male che passi di qui perche' non ho la tua mail e non so come contattarti. Si parla di te nel post "Il titolo di questo post e' lo stesso della terza traccia del primo album degli XTC", qua sopra. Ci si domanda se puoi rispondere al commento di Cornelius. Se non puoi tu, nessuno puo'...
Che ti ha raccontato Mark Eitzel? E si accettano richieste per un tuo blog?
ota rifletto su Cornelio, scimmia sapiente...
E no, niente blog: non ho il tempo materiale e direi che per,il web basta sentireascoltare...
g.