E comunque la maglietta di Magic quella nemmeno se me la regalano
[New York, Aprile 2007]
Alcuni anni fa, atterrato a New York e procuratami una copia del Village Voice, scoprii che quella stessa sera al Tonic suonavano John Zorn e Ikue Mori. Il Tonic, che ha chiuso l'anno scorso, era un piccolo tempio dell'underground newyorkese. Entravi, scendevi le scale, e ti trovavi in un caffe', dove potevi anche mangiare qualcosa. Li' vicino c'era una piccola sala con un palco e qualche sedia.
Quella sera, arrivato in anticipo e completamente jetlagato, presi una zuppa che mi ricordo ancora mi servirono con alcune fragole. Mentre ero seduto al bancone con la mia zuppa, si sedette di fianco a me un tipo che, me ne accorsi solo dopo un po', era proprio John Zorn.
Io in quei casi non so mai se rivolgere la parola o fare finta di niente. Poi, chissa' perche', alla fine barro sempre l'opzione 1. Lo sapete. E infatti, come da copione, mi presentai e gli chiesi a che ora lui e Ikue Mori fossero saliti sul palco. Lui mi rispose con gentilezza, poi mi chiese di dov'ero, e fini' che rimanemmo a parlare fino a poco prima del concerto. Ricordo che tutti quelli che passavano si fermavano a salutarlo, e che conosceva tutti, sembrava di partecipare a una festa privata. A me non sembrava vero essere li' in mezzo a loro. Pure Ikue Mori si mise a chiacchierare con noi, e dopo il concerto entrambi permisero con amichevolezza che li fotografassi.
E a me fa sempre sorridere che certi giganti della musica quando li incontri ti rendi conto che sono persone deliziosamente amichevoli, e invece i pellegrini miracolati componenti dell'ultima next big band proclamata dallo strasputtanato NME, in genere in virtu' del taglio di capelli ggiusto, beh lasciamo proprio stare e andiamo avanti.
John Zorn non e' che uno con uno stipendio normale riesce a stargli dietro. Delle volte lo perdi e poi lo ritrovi, e tutto sommato va bene cosi', bisogna pur fare una selezione tra le 10 uscite mensili della Tzadik. Poi pero' ti accorgi che la Tzadik pubblica proprio dei bei dischi.
Tipo i dieci volumi del Book of Angels. In pratica, nel 2004 Zorn ha scritto piu' di 300 pezzi per il suo progetto Masada. Che, lo sapete, e' un collettivo aperto di musicisti in giro da attorno al 1990, con l'obiettivo di rifondare la musica ebraica. O, come dice Zorn, di mettere insieme musica klezmer e Ornette Coleman.
E tante altre cose, a dire il vero: musica latina, caraibica, surf, contemporanea e aggiungete voi a piacere. Delle volte, quando Zorn non perde il senso della misura, vengono fuori cose eccellenti.
Come nel volume 10 del Book of Angels, che sto ascoltando da giorni senza riuscire a toglierlo dal lettore. Questa volta tocca a Lucifero, l'angelo caduto, essere al centro dell'ispirazione. In tutto sono 10 strumentali di straordinario equilibrio, nei quali e' spesso protagonista la chitarra di Marc Ribot. Un po' come se Lucifero, perse le ali, decidesse di sostituirle lasciandosi scivolare sulle onde del mare con un surf.
Oltre a Ribot, nel disco troviamo nomi di fidati collaboratori di Zorn: Mark Feldman al violino, Erik Friedlander al violoncello, Greg Cohen al contrabbasso, Joey Baron alla batteria e Cyro Baptista alle percussioni. Insieme, lo sapete, si fanno chiamare Bar Kokhba.
Non capita spesso di sentire musica da camera contemporanea di questa gradevolezza, sospesa tra amore per la tradizione e proiezione verso qualcosa di totalmente originale. Un altro tassello di un prezioso songbook, in tutto ormai oltre 500 composizioni, destinato a restare nel tempo e a vedere riconosciuto sempre maggiormente il proprio valore.
[E ieri sera, mentre me ne stavo a sentire i Bar Kokhba e a leggere un libro, saranno state le 10, suona il telefono. Vedo sul display il nome di una persona con la quale lavoro e esito a rispondere. Poi la telefonata la prendo.
M: mi ha appena telefonato la segretaria di E.
F (scocciatissimo): e che vuole alle 10 di sera?
M: no, aspetta, lasciami parlare. Dice che E. domani sera doveva andare a sentire Springsteen ma non puo' piu'. Ha due biglietti dei quali non se ne fa niente. Dice che se li vogliamo ce li regala.
F (dubbioso): uhm. Springsteen a me francamente non interessa. Pero' va beh, se non si paga niente. Dove suona?
M: Emirates Stadium, lo stadio nuovo dell'Arsenal.
F: ...
Io che vado allo stadio. Auguratemi buona fortuna. Lunedi' vi racconto].
[Bar Kokhba - Hazor]
Alcuni anni fa, atterrato a New York e procuratami una copia del Village Voice, scoprii che quella stessa sera al Tonic suonavano John Zorn e Ikue Mori. Il Tonic, che ha chiuso l'anno scorso, era un piccolo tempio dell'underground newyorkese. Entravi, scendevi le scale, e ti trovavi in un caffe', dove potevi anche mangiare qualcosa. Li' vicino c'era una piccola sala con un palco e qualche sedia.
Quella sera, arrivato in anticipo e completamente jetlagato, presi una zuppa che mi ricordo ancora mi servirono con alcune fragole. Mentre ero seduto al bancone con la mia zuppa, si sedette di fianco a me un tipo che, me ne accorsi solo dopo un po', era proprio John Zorn.
Io in quei casi non so mai se rivolgere la parola o fare finta di niente. Poi, chissa' perche', alla fine barro sempre l'opzione 1. Lo sapete. E infatti, come da copione, mi presentai e gli chiesi a che ora lui e Ikue Mori fossero saliti sul palco. Lui mi rispose con gentilezza, poi mi chiese di dov'ero, e fini' che rimanemmo a parlare fino a poco prima del concerto. Ricordo che tutti quelli che passavano si fermavano a salutarlo, e che conosceva tutti, sembrava di partecipare a una festa privata. A me non sembrava vero essere li' in mezzo a loro. Pure Ikue Mori si mise a chiacchierare con noi, e dopo il concerto entrambi permisero con amichevolezza che li fotografassi.
E a me fa sempre sorridere che certi giganti della musica quando li incontri ti rendi conto che sono persone deliziosamente amichevoli, e invece i pellegrini miracolati componenti dell'ultima next big band proclamata dallo strasputtanato NME, in genere in virtu' del taglio di capelli ggiusto, beh lasciamo proprio stare e andiamo avanti.
John Zorn non e' che uno con uno stipendio normale riesce a stargli dietro. Delle volte lo perdi e poi lo ritrovi, e tutto sommato va bene cosi', bisogna pur fare una selezione tra le 10 uscite mensili della Tzadik. Poi pero' ti accorgi che la Tzadik pubblica proprio dei bei dischi.
Tipo i dieci volumi del Book of Angels. In pratica, nel 2004 Zorn ha scritto piu' di 300 pezzi per il suo progetto Masada. Che, lo sapete, e' un collettivo aperto di musicisti in giro da attorno al 1990, con l'obiettivo di rifondare la musica ebraica. O, come dice Zorn, di mettere insieme musica klezmer e Ornette Coleman.
E tante altre cose, a dire il vero: musica latina, caraibica, surf, contemporanea e aggiungete voi a piacere. Delle volte, quando Zorn non perde il senso della misura, vengono fuori cose eccellenti.
Come nel volume 10 del Book of Angels, che sto ascoltando da giorni senza riuscire a toglierlo dal lettore. Questa volta tocca a Lucifero, l'angelo caduto, essere al centro dell'ispirazione. In tutto sono 10 strumentali di straordinario equilibrio, nei quali e' spesso protagonista la chitarra di Marc Ribot. Un po' come se Lucifero, perse le ali, decidesse di sostituirle lasciandosi scivolare sulle onde del mare con un surf.
Oltre a Ribot, nel disco troviamo nomi di fidati collaboratori di Zorn: Mark Feldman al violino, Erik Friedlander al violoncello, Greg Cohen al contrabbasso, Joey Baron alla batteria e Cyro Baptista alle percussioni. Insieme, lo sapete, si fanno chiamare Bar Kokhba.
Non capita spesso di sentire musica da camera contemporanea di questa gradevolezza, sospesa tra amore per la tradizione e proiezione verso qualcosa di totalmente originale. Un altro tassello di un prezioso songbook, in tutto ormai oltre 500 composizioni, destinato a restare nel tempo e a vedere riconosciuto sempre maggiormente il proprio valore.
[E ieri sera, mentre me ne stavo a sentire i Bar Kokhba e a leggere un libro, saranno state le 10, suona il telefono. Vedo sul display il nome di una persona con la quale lavoro e esito a rispondere. Poi la telefonata la prendo.
M: mi ha appena telefonato la segretaria di E.
F (scocciatissimo): e che vuole alle 10 di sera?
M: no, aspetta, lasciami parlare. Dice che E. domani sera doveva andare a sentire Springsteen ma non puo' piu'. Ha due biglietti dei quali non se ne fa niente. Dice che se li vogliamo ce li regala.
F (dubbioso): uhm. Springsteen a me francamente non interessa. Pero' va beh, se non si paga niente. Dove suona?
M: Emirates Stadium, lo stadio nuovo dell'Arsenal.
F: ...
Io che vado allo stadio. Auguratemi buona fortuna. Lunedi' vi racconto].
[Bar Kokhba - Hazor]
Commenti
Non ĆØ il mio idolo, ma non ci sputerei sopra.
Anche a me la parola "stadio" fa venire un pĆ² di nausea, ma se ĆØ per un concerto...
L'unica volta che sono stato allo stadio (di Genova, molti, molti anni fa) fu per i Jethro Tull.
In bocca al boss.
Auro
:-)
meglio della cresima di un cuginetto, suvvia!
posso includerti nel mio blog? cosƬ passo con piĆ¹ calma a leggere tutti (o quasi...) i post precedenti, so giĆ che mi divertirĆ²!
Se poi vorrai fare cambio link ne sarei onorato!
See you (oops, read you) soon, bye Fabio
Sul Liga del New Jersey che dire? La solita solfa da trent'anni in qua. Pubblico invecchiato male, inglesi con la panza da birra e la pelata, mogli con le occhiaie appoggiate alle tette e tette a banana appoggiate alle ginocchia. Gente che esce di casa solo per andare al pub e alla partita. Fa Atlantic City e questi ti passano davanti in processione a prendere la quarta pinta. Ma nei video dei concerti Springsteen non ha sempre attorno biondone atomiche americane?
Lui ce la mette tutta. Born to run e Because the night sono pure carine. Ma il rito e' di una stanchezza complessiva che fa impressione.
Fabio -
Ti linko subito. E buona lettura, spero che non ti addormenti al terzo post. Il blog di Miss Welby e' assai piu' frizzante di questo.
Ogni sera un concerto diverso, con musicisti ed ensemble diversi!
Tutti i dettagli sul sito della Cite.