Risorse semi-umane

[Istituto Culturale Francese, Maggio 2008]

I Francesi di Londra sono scatenati con le celebrazioni del Maggio '68. Tra l'altro, per dire di come certi valori sono ancora piuttosto diffusi nella societa' francese, leggevo qualche giorno fa una statistica riguardante l'accordo sull'affermazione "Il libero mercato e' il miglior sistema economico possibile". La Francia e' l'unico Paese europeo nel quale prevale il dissenso. In Italia, il consenso e' del 62%, un po' sotto l'America (70%). Just so you know.

Il cinema francese a carattere di critica sociale e' ancora fortissimo. Ottimo esempio e' questo La question humaine di Nicolas Klotz, che soprattutto all'inizio puo' ricordare Ressources humaines di Laurent Cantet, uscito solo qualche anno fa.

La tesi del film e' che la corporate culture, specialmente la gestione scientifica delle persone organizzata dalle aziende, mascheri forze brutali, barbariche. Il regista francese isola alcuni elementi dell'organizzazione aziendale scientifica del lavoro, e li accomuna alle tecniche scientifiche di controllo sociale nazista.

Questo uno dei due disturbanti film che ho visto negli ultimi giorni. Dell'altro parliamo magari domani. Il trailer lo trovate qui sotto.

[E domani, come spesso accade il Giovedi', il blog va in onda alla radio. Alle 11.30 e in replica alle 21, su Radio Popolare Milano. Si parlera' del rapporto tra arti visuali e libri].

[Heartbeat Detector Trailer (UK)]

Commenti

Anonimo ha detto…
Non vorrei che le tue frequentazioni dello splendido istituto di cultura francese a South Ken, ti portassero a idealizzare troppo la Francia pero'.
Anche se sono certo che tu ti troveresti bene, benissimo, a Parigi; l'altro giorno, ad esempio, la conversazione tra due "baristi" di Starbucks (negozio dell'Odeon) verteva su cattolici ed ebrei; poco lontano - al bar dove mi sono seduto per un aperitivo - un fascinoso ragazzo seduceva la sua bella parlando di Jeremy Bentham e dell'utilitarismo.
Tutto bene, tutto bello, tutto cosi... "chic".
Fabio, lascia che esprima il mio pensiero: questo e' il bosto del blah, blah, blah.
Il Regno Unito ha le sue pecche, enormi, che tu ben cogli nei tuoi scritti. Ma ha il grosso vantaggio - lascia che te lo dica - della concretezza. Le cose che si dicono, si fanno. Brutte e belle certo ma si fanno, si fanno, si fanno!
Parigi ĆØ un posto per sognatori, filosofi, amanti del dibattito. E' un posto che ama preservare e detesta l'innovazione. Nei bar di St.Germain e del quartiere Latino (nota bene: dove l'aperitivo costa tra i 10 e 15 euro a testa) si discute ancora di come confezionare una molotov (cfr. il bell'articolo dell'Observer di qualche settimana fa). Poi, terminato il drink, ci si avvia verso casa, dove un metro quadrato costa dai 10.000 euro in su a...parlare, parlare, parlare. Oh, com'erano belli i vecchi tempi, che belle le manifestazioni, abbasso gli USA, abbasso il Regno Unito, italiani cialtroni, W la Francia, W la grande Francia!
Quindi, ti invito a prendere le dichiarazioni "radicali" dei francesi con un po' di cautela.
Fabio ha detto…
Quando ho letto del fascinoso ragazzo che seduceva la sua immagino altrettanto fascinosa bella parlandole di Bentham, mi e' corso un brivido lungo la schiena. Immagino che se la scena si fosse svolta in Inghilterra i due, ormai arrivati alla quinta pinta di lager, avrebbero parlato della collezione di Kate Moss per Topshop e dell'ultimo episodio di Sex & the city.

La differenza e' enorme. La Francia e' il Paese delle manifestazioni che durano settimane. Appena il loro presidente si e' messo a fare il pagliaccio gli hanno voltato le spalle. I rituali quotidiani dei Francesi (il caffe', il cinema di qualita', i bonjour monsieur e madame detti con il sorriso sulle labbra), sono inimitabili.

Qui in confronto sono dei barbari Marco.
Anonimo ha detto…
Il mito dell'efficienza britannica andra' smontato prima o poi, ma devo ammettere che sono ad un livello molto superiore rispetto ad alcune nazioni europee. Detto questo, preferirei un buon bicchiere di rosso francese alla classica pinta di lager! Mi accontentero' di un G&T.

Sono curiosa di vedere Heartbeat Detector, ne ho sentito parlare molto bene.
Anonimo ha detto…
Sono vere entrambe le cose: la conversazione tra i due "jeunes modernes" che mi sedevano a fianco e la conversazione (immaginaria, ma reale al tempo medesimo!) tra i due inglesi che naufragano la propria incapacitĆ  di comunicare in ettolitri di birra e discutono del nulla (Kate Moss, Amy Winehouse, Pete Doherty e via in un elenco senza fine).

Davvero dovresti provare a scrivere... "Paris Calling". Ripeto: sono certo che ameresti stare a Parigi e che le tue osservazioni sarebbero altrettanto interessanti.

A me piace ( sfido, ĆØ una delle cittĆ  piĆ¹ belle della terra!), si mangia infinitamente meglio che a Londra (frutta e verdura sanno di frutta e verdura, ad esempio), ma non riesco a tacere dei lati che la rendono iper-conservatrice e completamente "stuck in the past".
Mi diceva un architetto che a Parigi opere come il Gherkin riceverebbero subito il veto della commissione edilizia.Si puliscono i palazzi ma guai a fare qualcosa di nuovo!
Si celebra il maggio '68 (ovviamente e giustamente), ma cosa si progetta per il futuro?

Comunque, resta un posto pieno di bei ristoranti, librerie, teatri, boutiques e donne eleganti. Ci sono angoli di Parigi dove adoro perdermi e dove mi sento un re. Ma ogni tanto, un po' di barbarie, servirebbe a scuotere lo status quo.

Ed allora, prendo il treno o l'aereo, e dopo due ore sono a Primrose Hill da dove mi piace osservare tutta Londra.
Ed il mio cuore mi dice dove mi sento davvero bene. Nonostante i barbari, Fabio.
Anonimo ha detto…
In the image of the society happily unified by consumption, real division is only suspended until the next non-accomplishment in consumption. Every single product represents the hope for a dazzling shortcut to the promised land of total consumption and is ceremoniously presented as the decisive entity. But as with the diffusion of seemingly aristocratic first names carried by almost all individuals of the same age, the objects which promise unique powers can be recommended to the devotion of the masses only if they're produced in quantities large enough for mass consumption. A product acquires prestige when it is placed at the center of social life as the revealed mystery of the ultimate goal of production. But the object which was prestigious in the spectacle becomes vulgar as soon as it is taken home by its consumer--and by all its other consumers. It reveals its essential poverty (which naturally comes to it from the misery of its production) too late. But by then another object already carries the justification of the system and demands to be acknowledged.

(Guy Debord, La SocietĆ  dello Spettacolo, paragrafo 69). Un piccolo straordinario esempio di come quest'uomo nel 1967, prima ancora quindi del Maggio 68, quest'uomo avesse realmente la visione del futuro.
E le considerazioni che esprimi nel tuo post dimostrano che non si tratta di un caso che questo e altri autori (penso a Baudrillard in primis, ma anche il grandissimo Raoul Vaneigem) siano nati e abbiano elaborato in Francia le loro teorie.
Un affettuoso saluto.
Nicola
Fabio ha detto…
Smog -

Di mito si tratta infatti: tu dove la vedi tutta questa efficienza. Prova a prendere la metropolitana la mattina, per dire. O la sera: ieri ci ho messo almeno mezz'ora da Notting Hill a Barbican, con la Circle Line che si fermava in continuazione in galleria, senza uno straccio di spiegazione.

E vogliamo parlare del fatto che qualsiasi rifiuto viene buttato per terra come fosse la cosa piu' normale del mondo, dei topi in ogni angolo, del fatto che quelli che vanno a fare la spesa portandosi le borse di juta da casa vengono guardati con compatimento, ecc.?

La mia esperienza, e lo dico nel modo piu' oggettivo possibile, e' che Londra e' infinitamente in ritardo rispetto alla civile Europa.

Marco -

A proposito di fare e non-fare, lascia che ti copi un frammento di un bell'intervento di Carlo Petrini, fondatore di Slow Food:

"L' economia del "non fare", invece, ha le sue radici nella cultura dell' osservare. E del chiedersi: che bisogno ce n' ĆØ? L' economia del "non fare" ha uno sguardo lungo, non ragiona in termini di ritorni immediati: ha i tempi della natura, non quelli della finanza.

Investe a lunghissimo termine e ha straordinari ritorni, perchĆ© ĆØ un' economia che non si occupa solo di denaro. Si occupa di culture, di identitĆ , di territori, di origine, di storia e di storie; si occupa di paesaggio, di turismo, di conoscenza, di salute e di bellezza; si occupa di vigne, di imprenditoria, di mercato, di relazioni, di comunitĆ , di coerenza.

Siamo capaci di calcolare queste spese? Quanto costa una collina distrutta? Quanto costa un paesaggio devastato? Quanto costa un anziano che si immalinconisce perchĆ© il figlio non curerĆ  piĆ¹ la vigna? Quanto costa l' orrore di un cartello che, in mezzo a colline vitate, avvisa che respirare puĆ² essere pericoloso? Quanto costa un bambino che cresce in mezzo alla bruttura?"

E' solo un frammento, il resto lo trovi qui: http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=19154.

Conoscendoti, credo piuttosto bene e da molti anni (ti rendi conto che leggevo i tuoi articoli su Rockerilla oltre 25 anni fa, ben prima che ci incontrassimo di persona?), immagino che tu possa condividere.

E' importante abbracciare un creativo non-fare. Contemplare, leggere, scrivere, pensare, passeggiare senza una meta precisa, come ci insegnava Hermann Hesse.

Parlare di Bentham, di Dillard & Clark, delle colline dell'Oltrepo', dei film di Rohmer, delle passeggiate attorno a Camogli. Di tutta quella che il mio professore di sociologia all'universita' chiamava cultura eccedente. Che eccede l'uso quotidiano, il fare. Lasciamo che siano gli altri a fare. Cerchiamo di disfare.

Contrastiamo nuove concessioni edilizie, chiediamo verde, cibo sano, aria pulita. Oppure quando questo e' impossibile, ignoriamoli e viviamo nel nostro mondo di passeggiate, libri, dischi. Che i barbari profeti del fare non comprenderanno mai.

Nicola -

I tuoi interventi impreziosiscono sempre questo blog, e ti ringrazio.

Prima del Maggio '68, ma anche prima che questi fenomeni diventassero epidemici. Prima delle televisioni via cavo e satellire, della Apple, di Dolce & Gabbana.

Tra l'altro: telepatia tra te e me. Guy Debord l'ho proprio citato ieri in una mia corrispondenza per Radio Popolare.