Del lasciarsi andare
Il ritorno a Londra e' stato piuttosto indolore questa volta. Complice il sole calduccio, il cielo terso, due bei tramonti sul fiume visti dalla terrazza della Royal Festival Hall e uno strepitoso concerto di uno dei santi protettori di Engadina Calling, Bonnie Prince Billy.
Era il suo debutto nella sala principale del Southbank. Che vista da quel palco deve fare un po' paura, se a un certo punto ha cominciato a dire che i palchetti gli sembravano denti e la fila centrale illuminata di rosso una lingua. Non si e' fatto inghiottire pero' il nostro Bonnie (con barbetta corta, peraltro).
Concerto straordinario, come mi aspettavo del resto. Forse meglio. Come vedere Robertino elettrico, 1975, circa Desiderio, con una giovane Emilia Luisa al suo fianco che suona magicamente un violino e esegue controcanti da paura, perfetti (del resto proprio Bonnie mi diceva quanto ama l'incontro armonico tra una voce maschile e una femminile). Sul palco anche una seconda chitarra elettrica, un contrabbasso, e signori last but not least (ma quello non e'...?) Jim White alla batteria.
Parecchi gli inediti, soprattutto nella prima parte del concerto. Resta intatta la mia convinzione che The letting go sia il suo capolavoro (avreste dovuto sentire Cursed sleep, piazzata con leggerezza a meta' concerto con quell'inizio che e' pura ascesa al cielo). E pero' Beware dal vivo acquista quella dinamica che un po' sul disco resta compressa (un po' quello che accade quando senti i Wilco).
Emozionanti colpi al cuore i salti indietro nel tempo: I see a darkness (che e' morte e resurrezione in tre minuti) e Nomadic revelry soprattutto, rese misteriose da quel drumming astratto, inconfondibile.
Era il suo debutto nella sala principale del Southbank. Che vista da quel palco deve fare un po' paura, se a un certo punto ha cominciato a dire che i palchetti gli sembravano denti e la fila centrale illuminata di rosso una lingua. Non si e' fatto inghiottire pero' il nostro Bonnie (con barbetta corta, peraltro).
Concerto straordinario, come mi aspettavo del resto. Forse meglio. Come vedere Robertino elettrico, 1975, circa Desiderio, con una giovane Emilia Luisa al suo fianco che suona magicamente un violino e esegue controcanti da paura, perfetti (del resto proprio Bonnie mi diceva quanto ama l'incontro armonico tra una voce maschile e una femminile). Sul palco anche una seconda chitarra elettrica, un contrabbasso, e signori last but not least (ma quello non e'...?) Jim White alla batteria.
Parecchi gli inediti, soprattutto nella prima parte del concerto. Resta intatta la mia convinzione che The letting go sia il suo capolavoro (avreste dovuto sentire Cursed sleep, piazzata con leggerezza a meta' concerto con quell'inizio che e' pura ascesa al cielo). E pero' Beware dal vivo acquista quella dinamica che un po' sul disco resta compressa (un po' quello che accade quando senti i Wilco).
Emozionanti colpi al cuore i salti indietro nel tempo: I see a darkness (che e' morte e resurrezione in tre minuti) e Nomadic revelry soprattutto, rese misteriose da quel drumming astratto, inconfondibile.
Commenti
Old joy...
:)
a.