Kronos Quartet, Music of Vladimir Martynov (Nonesuch, 2012)
Pur essendo assai meno noto e celebrato, Vladimir Martynov puo' essere considerato l'equivalente russo di compositori minimalisti come Terry Riley, Steve Reich, Philip Glass.
Come loro, ha esplorato il potere mantrico della musica usando la tecnica della ripetizione. Lo ha fatto partendo da una conoscenza approfondita delle tradizioni europee. Sulle orme del padre, importante musicologo e biografo, tra gli altri, di Shostakovic e Glinka, si appassiono' molto giovane ai canti della tradizione russa ortodossa. Nel corso della sua vita si e' poi dedicato anche all'elettronica d'avanguardia e alla composizione dodecafonica.
In questo lavoro appena pubblicato, il Kronos Quartet esplora tre composizioni molto diverse tra di loro, che insieme rendono bene la complessita' della ricerca sonora di Martynov.
The beatitudes appartiene al periodo della musica povera (termine coniato per definire lo stile del compositore minimalista newyorkese Martin Bresnick, che teorizzo' una radicale poverta' di mezzi quale metodo per esprimere l'essenza spirituale dell'universo). E' una composizione semplice quanto commovente, che puo' ricordare vagamente il Glass immortale di Facades.
La seconda traccia e' stata commissionata proprio dal Kronos Quartet, per celebrare la riunione con la magnifica e sfortunata violoncellista storica della formazione, la sempre fascinosissima Joan Jeanreneaud. Per la sua composizione, Martynov ha preso le mosse dal celebre quintetto per violoncello di Franz Schubert, riferimento pero' reso meno che evidente dall'introduzione minimalista, giocata su una protratta ripetizione della stessa frase.
E' pero' la terza composizione a rendere imprescindibile l'ascolto di questo volume. Der abschied, ispirata dai lavori sinfonici di Gustav Mahler, e' un omaggio che Martynov ha voluto dedicare al padre e ai suoi ultimi giorni di vita. Gli archi evocano la cadenza lenta e faticosa del respiro.
Eppure esito a considerarla una composizione triste, se non forse nella sua prima meta'. La seconda parte e' infatti dominata da un senso di abbandono sereno, probabilmente suggerito a Martynov dalla fede in un'altra vita. E' probabile che Der abschied verra' considerato il punto piu' elevato del repertorio del compositore russo.
Cercando in rete qualcosa di Martynov per concludere questo post, ho trovato questa interpretazione vocale di The beatitudes, che non conoscevo. Come dice il commento: a haunting melody.
Come loro, ha esplorato il potere mantrico della musica usando la tecnica della ripetizione. Lo ha fatto partendo da una conoscenza approfondita delle tradizioni europee. Sulle orme del padre, importante musicologo e biografo, tra gli altri, di Shostakovic e Glinka, si appassiono' molto giovane ai canti della tradizione russa ortodossa. Nel corso della sua vita si e' poi dedicato anche all'elettronica d'avanguardia e alla composizione dodecafonica.
In questo lavoro appena pubblicato, il Kronos Quartet esplora tre composizioni molto diverse tra di loro, che insieme rendono bene la complessita' della ricerca sonora di Martynov.
The beatitudes appartiene al periodo della musica povera (termine coniato per definire lo stile del compositore minimalista newyorkese Martin Bresnick, che teorizzo' una radicale poverta' di mezzi quale metodo per esprimere l'essenza spirituale dell'universo). E' una composizione semplice quanto commovente, che puo' ricordare vagamente il Glass immortale di Facades.
La seconda traccia e' stata commissionata proprio dal Kronos Quartet, per celebrare la riunione con la magnifica e sfortunata violoncellista storica della formazione, la sempre fascinosissima Joan Jeanreneaud. Per la sua composizione, Martynov ha preso le mosse dal celebre quintetto per violoncello di Franz Schubert, riferimento pero' reso meno che evidente dall'introduzione minimalista, giocata su una protratta ripetizione della stessa frase.
E' pero' la terza composizione a rendere imprescindibile l'ascolto di questo volume. Der abschied, ispirata dai lavori sinfonici di Gustav Mahler, e' un omaggio che Martynov ha voluto dedicare al padre e ai suoi ultimi giorni di vita. Gli archi evocano la cadenza lenta e faticosa del respiro.
Eppure esito a considerarla una composizione triste, se non forse nella sua prima meta'. La seconda parte e' infatti dominata da un senso di abbandono sereno, probabilmente suggerito a Martynov dalla fede in un'altra vita. E' probabile che Der abschied verra' considerato il punto piu' elevato del repertorio del compositore russo.
Cercando in rete qualcosa di Martynov per concludere questo post, ho trovato questa interpretazione vocale di The beatitudes, che non conoscevo. Come dice il commento: a haunting melody.
Commenti
Singolare ricevere commenti a post scritti oltre 2 anni prima.
Conferma il fatto che i blog hanno un certo shelf power, come dicono qui, a differenza dei social network che sono velocissimi e non lasciano tracce durature.