Eighties colours
Se riuscite e vi interessa il tema, la produzione artistica di Keith Haring e la relazione tra Haring e la scena artistica e musicale newyorkese degli anni '80, cercate assolutamente di vedere questo documentario (una produzione italo-francese di un paio di anni fa), perche' e' realizzato benissimo.
Non mi sembra affatto vero, come sostiene la critica di Time Out, che il film descriva Haring solo in superficie. Ne emerge, al contrario, la figura di un artista di una comunicativita', immediatezza e soprattutto generosita' impressionanti.
Quella che ci ha lasciato e' arte davvero per tutti, che fu capace di catturare l'immaginazione dei bambini delle scuole dove Haring andava a presentare i suoi lavori, cosi' come dei passeggeri della metropolitana newyorkese mai entrati in una galleria di arte contemporanea.
Artisticamente forse continuo a preferire Basquiat, ma umanamente la mia simpatia e' tutta per il geniale illustratore (permettetemi di chiamarlo in questo modo senza alcun intento diminutivo, anzi) della Pennsylvania.
Attivismo sociale profondissimo il suo, espresso con infinita ritmica grazia.
Commenti
Serve - oramai - solo per i listings di cio' che succede a Londra, non certo per la critica. Personalmente preferisco sfogliare - ad esempio - l'ultimo numero di "Chi" e gustarmi l'iconografia ufficiale del dottor Berlusconi in vacanza con i figli avuti dalla signora Veronica Lario (pura arte surreale, davvero meglio di qualsiasi cosa Jeff Koons abbia mai prodotto).
Seguite la raccomandazione e cercate in DVD lo splendido documentario su Haring.
Basquiat e' un'artista infinitamente piu' profondo di Keith (ma sono di parte - anni fa presi un aereo e volai in giornata da Milano a Vienna dove era in corso una antologica di Jean Michel alla Kunsthalle pur di non perderla), ma Haring e' un uomo meraviglioso ed un ottimo "illustratore" nella bella definizione di Fabio.
Anche se, concordo con te come sai, se esistesse un free press con tutti i listings, come ne esistono in altre citta' anche grandi (il Village Voice a New York, il Reader a Chicago...) di Time Out London si potrebbe fare tranquillamente a meno.
Qui invece i free press si chiamano London Paper e London Lite, che tristezza.
Assai valida invece la recente iniziativa di trasformare l'Evening Standard in free press, dopo le 20 nel West End. Non vale 50p (si legge in 5 minuti al massimo e poi diventa carta da fruttivendolo), ma se me lo regalano un'occhiata gliela do volentieri.
Rivista davvero orripilante; se l'Evening Standard e' carta per i fruttivendoli, come scrive Fabio, questa e' carta da cesso, come direbbe il grandissimo Toto'.
Mi spiace solo per i ragazzi immigrati poveri che lo distribuivano.