Perché in nome del progresso della nazione, in fondo in fondo puoi sempre emigrare



E' il mio ultimo giorno italiano. Ho un posto sul 21.50 per Gatwick che dovrebbe farmi arrivare all'aereoporto giusto in tempo per il consueto last train to London (quello della canzone che canticchio sempre mentalmente mentre la citta' si avvicina).

Lavorando, sto ascoltando Fahrenheit, oggi dedicato alla ripresa della scuola. Hanno appena trasmesso una canzone di Edoardo Bennato che non sentivo da anni, questa.

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Edoardo lo conobbi una sera di qualche anno fa. Era a Londra per girare un video, e la sua agente di allora mi propose di cenare insieme a loro: lei, Bennato e io. La condizione era quella di non parlare delle mie attivita' in ambito musicale. Bennato infatti le aveva posto la condizione che non avrebbe voluto incontrare nessun giornalista.

Li portai in un ristorantino di Islington. Riuscii a fingere molto male ("Ma come fai a sapere queste cose se non ti occupi di musica?" "Eh, cosi', cultura generale"). Al punto che quando ci salutammo la sua agente, messa alle strette, dovette confessare che "Beh, si', in effetti fa qualche collaborazione con Radio Popolare".

Durante quella cena credo di averlo irritato almeno un paio di volte: quando dissi che suo fratello in Inghilterra dopo aver partecipato al Womad era diventato molto popolare ("E io invece non sono nessuno" disse piccato), e poi per il fatto di avere parlato con lui solo dei suoi dischi fino a La torre di Babele (1976), gli unici che posseggo e conosco, dimostrando di non avere alcuna conoscenza dei suoi dischi successivi (men che meno che fosse ancora in attivita').

Per il resto fu una serata molto bella, a parlare dell'atmosfera dei festival di quegli anni (che io non avendo vissuto per pochi anni ho idealizzato mica male). Parlammo molto dei suoi testi. Soprattutto di Un giorno credi (da I buoni e i cattivi) e Feste di piazza (da Io che non sono l'imperatore), le sue canzoni che preferisco, che lo forzai a analizzare per me verso per verso, esercizio al quale si sottopose con enorme pazienza e disponibilita'.

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Quello di In fila per tre appena trasmessa da Fahrenheit non me lo ricordavo proprio, ma riascoltandolo direi che e' uno dei suoi migliori. E oggi, il giorno dell'inizio dell'anno scolastico, ve lo ripropongo perche', leggerete, resta attualissimo:

Presto vieni qui, ma su, non fare così,
ma non li vedi quanti altri bambini
che sono tutti come te, che stanno in fila per tre,
che sono bravi e che non piangono mai

è il primo giorno però domani ti abituerai
e ti sembrerà una cosa normale
fare la fila per tre, risponder sempre di si
e comportarti da persona civile

Vi insegnerò la morale, a recitar le preghiere,
ad amar la patria e la bandiera
noi siamo un popolo di eroi e di grandi inventori
e discendiamo dagli antichi Romani

E questa stufa che c'è basta appena per me
perciò smettetela di protestare
e non fate rumore, quando arriva il direttore
tutti in piedi e battete le mani

Sei già abbastanza grande, sei già abbastanza forte,
ora farò di te un vero uomo
ti insegnerò a sparare, ti insegnerò l'onore,
ti insegnerò ad ammazzare i cattivi

e sempre in fila per tre, marciate tutti con me
e ricordatevi i libri di storia
noi siamo i buoni e perciò abbiamo sempre ragione,
andiamo dritti verso la gloria

Ora sei un uomo e devi cooperare,
mettiti in fila senza protestare
e se fai il bravo ti faremo avere
un posto fisso e la promozione
e poi ricordati che devi conservare
l'integrità del nucleo familiare
firma il contratto, non farti pregare
se vuoi far parte delle persone serie

Ora che sei padrone delle tue azioni,
ora che sai prendere decisioni,
ora che sei in grado di fare le tue scelte
ed hai davanti a te tutte le strade aperte
prendi la strada giusta e non sgarrare se no
poi te ne facciamo pentire
mettiti in fila e non ti allarmare perchè
ognuno avrà la sua giusta razione

A qualche cosa devi pur rinunciare
in cambio di tutta la libertà che ti abbiamo fatto avere
perciò adesso non recriminare
mettiti in fila e torna a lavorare
e se proprio non trovi niente da fare,
non fare la vittima se ti devi sacrificare,
perché in nome del progresso della nazione,
in fondo in fondo puoi sempre emigrare

ehi ehi, ehi, avanti, ehi avanti in fila per tre...

Commenti

L. ha detto…
tra i 12 e i 13 anni ebbi un innamoramento musicale fortissimo per Edoardo Bennato, e comprai tutti suoi dischi fino a Burattino senza fili (che già mi piaceva meno). Alcuni pezzi erano geniali, e davvero con testi che tuttora "dicono". Non l'ho più ascoltato perché mi ero saturata....ma in effetti andrebbe riscoperto.
Fabio ha detto…
In rete ho trovato un suo concerto acustico (anni prima della moda degli unplugged, ma sostanzialmente la stessa cosa), che realizzo per la Radio Televisione della Svizzera Italiana.

La versione di Feste di piazza e' francamente da paura: l'ho rivista almeno 5 volte. La trovi qui:

http://www.youtube.com/watch?v=rhrnj9fdBJU.

Al sax c'e' Bob Fix, che in quegli anni collaborava anche con Eugenio Bennato e Carlo d'Angio' nella Nuova Compagnia di Canto Popolare, oltre che con l'immenso Alan Sorrenti e con sua sorella Jenny nei Saint Just.

Bellissimo oltre alla musica osservare i volti dei musicisti.

Per quelli come te e come me che amano la musica e la cultura degli anni '70, quei volti dicono tutto. Espressioni che non si sarebbero piu' viste.

Qualche giorno fa, a Milano, sono andato a sentire Marco Philopat che presentava un libro.

Sosteneva che gli anni '80 non sono mai finiti. Infatti. Se guardi quei volti capisci che e' cosi'.

"I vuoti a perdere mentali abbandonati dalla gente" cantava Edoardo in Feste di piazza. Quegli stessi vuoti a perdere mentali che in questi eterni anni '80 prendono il 40% dei consensi.