Dalla parte dell'uomo nero
[Chicago, Agosto 2006]
E finalmente, dopo una ricerca che durava da mesi, ieri ho trovato nella casella della lettere il tributo dedicato a Malcolm X dal suo amico personale Philip Cohran. Di Cohran e del suo Artistic Heritage Ensemble abbiamo parlato recentemente, il 23 Gennaio.
The Malcolm X memorial lo hanno registrato dal vivo all'Affro-Arts Theatre, centro culturale nero di Chicago, nel Febbraio 1968. Usci' per la Zulu Records, ed e' stato ristampato un paio di anni fa dalla Katalyst Entertainment, sempre di Chicago.
Dura poco piu' di mezz'ora, divisa in 4 parti. Che sono gli stadi della vita di Malcolm, ma anche, secondo Cohran, dell'emancipazione degli afro-americani, della loro elevazione verso una forma di vita alta e spirituale.
Il disco si apre con un formidabile assolo di chitarra blues di Pete Cosey, che viene virato in chiave jazz dall'aggiunta della tuba di Aaron Dodd. La traccia si anima grazie al flauto di Eugene Easton: suo e' l'assolo che domina questa Malcolm Little. Malcolm Little era il vero nome di Malcolm X, che poi lui rifiuto' in quanto attribuito alla sua famiglia dai commercianti di schiavi. Nelle intenzioni di Cohran, la traccia intende anche rappresentare lo stadio di bassa consapevolezza degli schiavi, quando arrivano per la prima volta in America contro la loro volonta'.
La seconda traccia si intitola Detroit Red, che era il nome che i suoi amici avevano dato al giovane Malcolm, il quale aveva una sfumatura rossa nei capelli. Il giovane Malcolm che fa un po' di tutto per arrabattarsi. Il lustrascarpe ufficialmente. Nell'autobiografia racconta infatti di quella volta che puli' le scarpe di Duke Ellington. Ma in realta' sopravvive grazie al traffico di droga. E finisce dentro. Ma gli va abbastanza bene, e lo mandano in una prigione sperimentale che possiede una bella biblioteca. Non ci si rendeva neanche conto di essere in prigione, non mi sono mai sentito cosi' libero, dira' raccontando quell'esperienza. Detroit Red e' la traccia piu' classicamente jazz delle 4, con begli assoli di sax tenore, cornetta e basso. Quest'ultimo davvero visionario e a tratti ultra-distorto. Detroit Red vuole rappresentare uno stadio di consapevolezza ancora molto basso dei giovani neri, preoccupati piu' che altro di divertirsi con alcol e droghe. Sono suoni molto urbani e notturni, e starebbero bene come colonna sonora di un film di Cassavetes.
Con Malcolm X, la terza traccia, cambia tutto. Dopo il blues delle piantagioni e il jazz delle metropoli, e' la volta della riscoperta delle radici. I ritmi si fanno africani e il canto oltremodo tribale e primitivo. E', per Malcolm, il momento del risveglio, della presa di coscienza. Sono gli anni della Nation of Islam e del nazionalismo nero. Dell'orgoglio e dei commenti a ruota libera. Degli incontri con Fidel Castro e con Cassius Clay, che dopo diventera' Muhammad Ali. L'assolo dinamico di Cohran rappresenta le capacita' affabulatorie di Malcolm.
La quarta traccia e' spirituale e cosmica come solo Sun Ra ha saputo essere prima di Cohran. El Hajj Malik El Shabazz, il nome islamico di Malcolm, si sviluppa attorno a ritmi mediorientali. L'assolo prevalente e' quello di Charles Handy che suona una musette cinese. Ma sembra quasi uno shehnai. Che vuole rappresentare il pellegrinaggio alla Mecca di Malcolm. L'Islam ortodosso, sembra suggerire Cohran, e' la meta ultima alla quale gli afro-americani devono tendere. Sul palco dell'Affro-Arts Theatre sale una danzatrice del ventre, e la traccia si chiude con il cantato spacca-vetri di Ella Pearl Jackson.
Nel complesso, questo Malcolm X memorial e' un buon complemento alla raccolta di singoli che vi ho gia' consigliato. Ha un bel suono caldo e vibrante, forse meno sperimentale e futuristico rispetto a quello ottenuto dall'Artistic Heritage Ensemble in studio, ma molto molto coinvolgente.
Al momento in cui scrivo non si capisce ancora bene quale sia il risultato delle primarie del Partito Democratico. Sul sito di Obama si legge che avrebbe conquistato piu' stati e piu' delegati, ma non tutti sembrano essere d'accordo. E pero' forse yes we can: nel quarantesimo anniversario del '68 l'America potrebbe finalmente avere un presidente di colore. Tutto questo mentre nella provincia italiana la folla festante e incosciente si prepara a incoronare il re delle televisioni e del calcio quale proprio incontrastato padrone, e io non mi sono mai sentito piu' appartenente a nulla di cosi'.
[A chi avesse tempo e voglia di ascoltare, ricordo l'appuntamento del Giovedi' con l'edizione radiofonica di London Calling, all'interno di Zoe, alle 11.30 del mattino e poi in replica alle 21, su Radio Popolare di Milano. Domani vi porto con me a visitare la mostra di Juan Munoz appena aperta alla Tate Modern].
[MALCOLM X: Who Are You?]
E finalmente, dopo una ricerca che durava da mesi, ieri ho trovato nella casella della lettere il tributo dedicato a Malcolm X dal suo amico personale Philip Cohran. Di Cohran e del suo Artistic Heritage Ensemble abbiamo parlato recentemente, il 23 Gennaio.
The Malcolm X memorial lo hanno registrato dal vivo all'Affro-Arts Theatre, centro culturale nero di Chicago, nel Febbraio 1968. Usci' per la Zulu Records, ed e' stato ristampato un paio di anni fa dalla Katalyst Entertainment, sempre di Chicago.
Dura poco piu' di mezz'ora, divisa in 4 parti. Che sono gli stadi della vita di Malcolm, ma anche, secondo Cohran, dell'emancipazione degli afro-americani, della loro elevazione verso una forma di vita alta e spirituale.
Il disco si apre con un formidabile assolo di chitarra blues di Pete Cosey, che viene virato in chiave jazz dall'aggiunta della tuba di Aaron Dodd. La traccia si anima grazie al flauto di Eugene Easton: suo e' l'assolo che domina questa Malcolm Little. Malcolm Little era il vero nome di Malcolm X, che poi lui rifiuto' in quanto attribuito alla sua famiglia dai commercianti di schiavi. Nelle intenzioni di Cohran, la traccia intende anche rappresentare lo stadio di bassa consapevolezza degli schiavi, quando arrivano per la prima volta in America contro la loro volonta'.
La seconda traccia si intitola Detroit Red, che era il nome che i suoi amici avevano dato al giovane Malcolm, il quale aveva una sfumatura rossa nei capelli. Il giovane Malcolm che fa un po' di tutto per arrabattarsi. Il lustrascarpe ufficialmente. Nell'autobiografia racconta infatti di quella volta che puli' le scarpe di Duke Ellington. Ma in realta' sopravvive grazie al traffico di droga. E finisce dentro. Ma gli va abbastanza bene, e lo mandano in una prigione sperimentale che possiede una bella biblioteca. Non ci si rendeva neanche conto di essere in prigione, non mi sono mai sentito cosi' libero, dira' raccontando quell'esperienza. Detroit Red e' la traccia piu' classicamente jazz delle 4, con begli assoli di sax tenore, cornetta e basso. Quest'ultimo davvero visionario e a tratti ultra-distorto. Detroit Red vuole rappresentare uno stadio di consapevolezza ancora molto basso dei giovani neri, preoccupati piu' che altro di divertirsi con alcol e droghe. Sono suoni molto urbani e notturni, e starebbero bene come colonna sonora di un film di Cassavetes.
Con Malcolm X, la terza traccia, cambia tutto. Dopo il blues delle piantagioni e il jazz delle metropoli, e' la volta della riscoperta delle radici. I ritmi si fanno africani e il canto oltremodo tribale e primitivo. E', per Malcolm, il momento del risveglio, della presa di coscienza. Sono gli anni della Nation of Islam e del nazionalismo nero. Dell'orgoglio e dei commenti a ruota libera. Degli incontri con Fidel Castro e con Cassius Clay, che dopo diventera' Muhammad Ali. L'assolo dinamico di Cohran rappresenta le capacita' affabulatorie di Malcolm.
La quarta traccia e' spirituale e cosmica come solo Sun Ra ha saputo essere prima di Cohran. El Hajj Malik El Shabazz, il nome islamico di Malcolm, si sviluppa attorno a ritmi mediorientali. L'assolo prevalente e' quello di Charles Handy che suona una musette cinese. Ma sembra quasi uno shehnai. Che vuole rappresentare il pellegrinaggio alla Mecca di Malcolm. L'Islam ortodosso, sembra suggerire Cohran, e' la meta ultima alla quale gli afro-americani devono tendere. Sul palco dell'Affro-Arts Theatre sale una danzatrice del ventre, e la traccia si chiude con il cantato spacca-vetri di Ella Pearl Jackson.
Nel complesso, questo Malcolm X memorial e' un buon complemento alla raccolta di singoli che vi ho gia' consigliato. Ha un bel suono caldo e vibrante, forse meno sperimentale e futuristico rispetto a quello ottenuto dall'Artistic Heritage Ensemble in studio, ma molto molto coinvolgente.
Al momento in cui scrivo non si capisce ancora bene quale sia il risultato delle primarie del Partito Democratico. Sul sito di Obama si legge che avrebbe conquistato piu' stati e piu' delegati, ma non tutti sembrano essere d'accordo. E pero' forse yes we can: nel quarantesimo anniversario del '68 l'America potrebbe finalmente avere un presidente di colore. Tutto questo mentre nella provincia italiana la folla festante e incosciente si prepara a incoronare il re delle televisioni e del calcio quale proprio incontrastato padrone, e io non mi sono mai sentito piu' appartenente a nulla di cosi'.
[A chi avesse tempo e voglia di ascoltare, ricordo l'appuntamento del Giovedi' con l'edizione radiofonica di London Calling, all'interno di Zoe, alle 11.30 del mattino e poi in replica alle 21, su Radio Popolare di Milano. Domani vi porto con me a visitare la mostra di Juan Munoz appena aperta alla Tate Modern].
[MALCOLM X: Who Are You?]
Commenti
http://www.amazon.com/X-Life-Times-Malcolm/dp/B000003223
Ciao
http://www.shake.it/malcolmx.html
e' stato ristampato di recente, originarimante usci' nel 1993
valido.
Eccellente e originale. Sai pero' che faccio un po' fatica ad associare certi passaggi lirici contemporanei a Malcolm X? A tratti pensa che il lavoro di Davis mi ha ricordato addirittura certe cose di Takemitsu, o una versione "massimalista" di Einstein on the beach. E' un lavoro interesantissimo, ma senza i testi davanti a me non capirei che racconta la vita di Malcolm X. Ho l'impressione che la sua vita sia meglio rappresentata da forme di jazz e musica africana piu' tradizionali, che probabilmente ne hanno costituito la colonna sonora. Dette tutte queste cose, ti ringrazio per l'eccellente consiglio.
Punck -
Non ancora. Ho solo letto la sua autobiografia. E pero' il libro che consigli si concentra sull'ultimo periodo, che trovo il piu' maturo e interessante, e anche il meno ingenuo. Grazie.