Serving suggestion on the cover
Volendo proprio ascoltare qualcosa di presente, che ogni tanto cercare di capire cosa sta succedendo qui e ora puo' essere piacevole, direi che non riesco a pensare a nessuna scena che mi coinvolge piu' della neopsychedelia folk dell'altra America. Non so come chiamarla esattamente, che e' sempre un buon segno: per intenderci Matt Valentine & Erika Elder, No-Neck Blues Band, Sunburned Hand of the Man, Brightblack Morning Light, Espers, Magik Markers, eccetera.
Pur sempre di scena si tratta, questo e' certo. Ad accomunare tutti quanti i suoi protagonisti, a parte i suoni mistici e bucolici, direi che sono l'attitudine rigorosamente indipendente e la produzione a getto continuo di 7" e LP in edizioni ultra-limitate a volte venduti solo ai concerti. Orientarsi nella discografia di MV & EE, per dire, significa disporsi ad addentrarsi con pazienza in un ginepraio di auto-produzioni e collaborazioni caleidoscopico (aggettivo che immagino amino).
Parentesi. C'e' un enorme valore che si nasconde nelle pieghe di queste pratiche. L'ho gia' detto altre volte: a me questa storia del download di tutto sta ogni giorno che passa un po' piu' sulle scatole. Al download preferisco: sfogliare libri, ascoltare vinile, comprare il giornale prima cosa la mattina quando esco di casa, andare al cinema, in libreria, nei negozi di dischi. Questa pratica di stare attaccati a una macchina per fare qualsiasi cosa, alla stregua di un paralitico che non puo' alzarsi dalla sedia e men che meno uscire di casa, penso che finiro' per contrastarla come potro', fossi anche l'ultimo acquirente di supporti fisici rimasto sul pianeta. Chiusa parentesi.
Stessa prolificita' caratterizza Six Organs of Admittance, il moniker del chitarrista Ben Chasny. Per fortuna la Drag City ha pensato di raccogliere un po' di sue ormai introvabili registrazioni effettuate tra il 2000 e il 2004. Le ha raccolte in tre LP che ospitano sette lunghe tracce, ognuna piu' o meno lunga quanto una intera facciata.
Per un po', lo ammetto, non ne ho compreso l'immensa allucinata bellezza. Poi ieri era una serata mite, prima ho fatto un po' di questa cosa e poi mi sono seduto sul piccolo roof terrace della mansardina dove vivo, con un plico di ritagli a preparare Zoe di questo Giovedi' (sulla nuova Whitechapel Gallery che finalmente Domenica ha aperto) e ho ricevuto l'illuminazione.
Esiste musica che fa sempre piacere ascoltare, in qualsiasi stato d'animo, di giorno, di notte, d'estate, d'inverno. Non molta, ma esiste. Il primo nome che mi viene in mente e' quello degli Stereolab, per buttare la' un esempio. Ma la maggior parte della musica per essere apprezzata ha bisogno di luce, tempo, stato d'animo, colori adatti. E in tutto quel buio e quel silenzio le nenie mistiche, astratte, sospese tra folk e avanguardia dei Six Organs senza che me ne accorgessi subito hanno assunto una loro vita propria. Come se quel chanting che altre volte mi era apparso un po' monocorde assumesse una dimensione nuova, risaltasse in quell'oscurita', in quella brezza gentile che soffiava tra le piante attorno a me.
Alla fine non so se consigliare RTZ, e certamente non lo suggerisco come primo incontro con la mistica psychedelia di Six Organs (per questo esiste la scuola del fiore). Pero' ho la sensazione che in una calda notte estiva trascorsa in campagna, questi suoni ascoltati a un volume basso che lasci passare il canto dei grilli finiscano per emanare una indefinibile, singolare poesia, sospesa da qualche parte tra i Pink Floyd di Ummagamma e l'ultimo John Fahey.
Musica indubbiamente piuttosto difficile quella di RTZ, ma di arcana misteriosa spritualita', di quella che scuote dentro (non a caso la prima traccia si intitola Resurrection: sono particolarmente tentato di proporvela questa Domenica a Prospettive Musicali).
Pur sempre di scena si tratta, questo e' certo. Ad accomunare tutti quanti i suoi protagonisti, a parte i suoni mistici e bucolici, direi che sono l'attitudine rigorosamente indipendente e la produzione a getto continuo di 7" e LP in edizioni ultra-limitate a volte venduti solo ai concerti. Orientarsi nella discografia di MV & EE, per dire, significa disporsi ad addentrarsi con pazienza in un ginepraio di auto-produzioni e collaborazioni caleidoscopico (aggettivo che immagino amino).
Parentesi. C'e' un enorme valore che si nasconde nelle pieghe di queste pratiche. L'ho gia' detto altre volte: a me questa storia del download di tutto sta ogni giorno che passa un po' piu' sulle scatole. Al download preferisco: sfogliare libri, ascoltare vinile, comprare il giornale prima cosa la mattina quando esco di casa, andare al cinema, in libreria, nei negozi di dischi. Questa pratica di stare attaccati a una macchina per fare qualsiasi cosa, alla stregua di un paralitico che non puo' alzarsi dalla sedia e men che meno uscire di casa, penso che finiro' per contrastarla come potro', fossi anche l'ultimo acquirente di supporti fisici rimasto sul pianeta. Chiusa parentesi.
Stessa prolificita' caratterizza Six Organs of Admittance, il moniker del chitarrista Ben Chasny. Per fortuna la Drag City ha pensato di raccogliere un po' di sue ormai introvabili registrazioni effettuate tra il 2000 e il 2004. Le ha raccolte in tre LP che ospitano sette lunghe tracce, ognuna piu' o meno lunga quanto una intera facciata.
Per un po', lo ammetto, non ne ho compreso l'immensa allucinata bellezza. Poi ieri era una serata mite, prima ho fatto un po' di questa cosa e poi mi sono seduto sul piccolo roof terrace della mansardina dove vivo, con un plico di ritagli a preparare Zoe di questo Giovedi' (sulla nuova Whitechapel Gallery che finalmente Domenica ha aperto) e ho ricevuto l'illuminazione.
Esiste musica che fa sempre piacere ascoltare, in qualsiasi stato d'animo, di giorno, di notte, d'estate, d'inverno. Non molta, ma esiste. Il primo nome che mi viene in mente e' quello degli Stereolab, per buttare la' un esempio. Ma la maggior parte della musica per essere apprezzata ha bisogno di luce, tempo, stato d'animo, colori adatti. E in tutto quel buio e quel silenzio le nenie mistiche, astratte, sospese tra folk e avanguardia dei Six Organs senza che me ne accorgessi subito hanno assunto una loro vita propria. Come se quel chanting che altre volte mi era apparso un po' monocorde assumesse una dimensione nuova, risaltasse in quell'oscurita', in quella brezza gentile che soffiava tra le piante attorno a me.
Alla fine non so se consigliare RTZ, e certamente non lo suggerisco come primo incontro con la mistica psychedelia di Six Organs (per questo esiste la scuola del fiore). Pero' ho la sensazione che in una calda notte estiva trascorsa in campagna, questi suoni ascoltati a un volume basso che lasci passare il canto dei grilli finiscano per emanare una indefinibile, singolare poesia, sospesa da qualche parte tra i Pink Floyd di Ummagamma e l'ultimo John Fahey.
Musica indubbiamente piuttosto difficile quella di RTZ, ma di arcana misteriosa spritualita', di quella che scuote dentro (non a caso la prima traccia si intitola Resurrection: sono particolarmente tentato di proporvela questa Domenica a Prospettive Musicali).
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