Forbidden (Frank Capra, 1932)
Ho sempre pensato che autunno e inverno sono stagioni perfette per rifugiarsi (dalla pioggia, dal freddo, dalla malinconia, dai ricordi, dai luoghi comuni) in cinema che proiettano vecchi film in bianco e nero in lingua originale.
Questo Forbidden e' un melodrammone di maniera, interpretato dalla musa di Capra, Barbara Stanwyck (proprio negli anni durante i quali lei rifiuto' una di lui proposta di matrimonio).
Il film dopo la prima mezz'ora si perde un po' in meandri drammatici di dubbia credibilita' (o io ero un po' stanco, non saprei), ma la prima parte e' un'autentica delizia.
E' la storia di una bibliotecaria di paese, Lulu, che un giorno ritira tutti i suoi risparmi, compra un sontuoso guardaroba e si imbarca in una crociera di lusso, alla ricerca dell'amore della sua vita (o di un cambiamento di vita radicale, in ogni caso).
Un uomo lo incontrera', i due si innamoreranno, e per un po' sembrera' che il sogno di trasformazione di Lulu si stia per avverare. Al ritorno pero' scoprira' che la realta' e' diversa dalle aspettative. Da qui nasce un dramma un po' contorto e convoluto.
E invece sono le scene dell'incontro tra Lulu e il facoltoso avvocato (nella cabina di Lulu), la loro cena, il loro ballo, i loro dialoghi, che mi sono rimasti impressi per la loro fresca leggerezza. In un certo senso Forbidden e' un film che tende a essere memorabile proprio dove e' piu' di maniera.
La rassegna del British Film Institute su Capra prosegue per un bel po', fino al 30 dicembre, quindi altri rifugi dal freddo con film in bianco e nero non mancheranno, e ve li raccontero' ancora qui.
Questo Forbidden e' un melodrammone di maniera, interpretato dalla musa di Capra, Barbara Stanwyck (proprio negli anni durante i quali lei rifiuto' una di lui proposta di matrimonio).
Il film dopo la prima mezz'ora si perde un po' in meandri drammatici di dubbia credibilita' (o io ero un po' stanco, non saprei), ma la prima parte e' un'autentica delizia.
E' la storia di una bibliotecaria di paese, Lulu, che un giorno ritira tutti i suoi risparmi, compra un sontuoso guardaroba e si imbarca in una crociera di lusso, alla ricerca dell'amore della sua vita (o di un cambiamento di vita radicale, in ogni caso).
Un uomo lo incontrera', i due si innamoreranno, e per un po' sembrera' che il sogno di trasformazione di Lulu si stia per avverare. Al ritorno pero' scoprira' che la realta' e' diversa dalle aspettative. Da qui nasce un dramma un po' contorto e convoluto.
E invece sono le scene dell'incontro tra Lulu e il facoltoso avvocato (nella cabina di Lulu), la loro cena, il loro ballo, i loro dialoghi, che mi sono rimasti impressi per la loro fresca leggerezza. In un certo senso Forbidden e' un film che tende a essere memorabile proprio dove e' piu' di maniera.
La rassegna del British Film Institute su Capra prosegue per un bel po', fino al 30 dicembre, quindi altri rifugi dal freddo con film in bianco e nero non mancheranno, e ve li raccontero' ancora qui.
Commenti
La frase mi rigiro' nella testa per giorni.
Oggi la considero geniale.
[Posso consigliare a tutti di pensare prima di scrivere? Il discorso non vorrei venisse banalizzato anche perche' non ho un post pronto da sovrascrivere con rabbia repressa a questo.
Non e' obbligatorio commentare, tanto meno di getto, a meno che si abbia qualcosa di costruttivo e interessante da aggiungere a quanto letto. A volte basta rileggere criticamente, e poi civilmente cancellare, senza battere obbligatoriamente post comment dopo avere scritto la prima cosa che salta in mente].
Qualcuno mi puĆ² spiegare perchĆØ ha il titolo in svedese?
Se ti interessa vedere il manifesto USA originale: http://www.impawards.com/1932/forbidden.html
Quella svedese e' memorabile: per le linee del disegno, per i colori, per il layout, per il font usato.
Esemplifica assai bene il gusto e l'eleganza delle avanguardie grafiche di quegli anni in Europa.
Era uso e costume infatti che ogni paese ove il film usciva producesse il proprio manifesto.
Se penso alla "Dolce Vita" ad esempio, esistono - tutti diversi -ben due manifesti (originali, vale a dire contemporanei all'uscita in sala della pellicola) italiani, uno francese, uno americano, uno argentino, uno giapponese e chissa' quanti altri ancora che ignoro.
Da un punto di vista collezionistico (ed il mercato dei manifesti cinematografici d'epoca e' particolarmente florido, specie negli USA) "vale" - in termini monetari - sempre di piu' il manifesto stampato nel paese d'origine del film.
Quindi, stando all'esempio che facevo prima, il manifesto/i italiano/i de "La Dolce Vita" e' piu' quotato di quelli di altri paesi.
Oggigiorno e' un'arte perduta per sempre.
Stessa minestra servita a tutte le latitudini. E tocca mangiarla.
Sembra la copertina di un romanzo di Liala!
Marco -
Di fatto ne' tu ne' io mangiamo quella minestra pero', essendo piuttosto indipendenti da quello che accade adesso.
Indipendenti che non significa non interessati. Personalmente mi interessa conoscere cio' che accade ora, certo. E pero' mi prendo la liberta' di concentrare la mia attenzione su periodi e generi non necessariamente contemporanei.
Mi e' capitato recentemente di parlare con giornalisti musicali giovani (trentenni) e constatarne la prospettiva legata esclusivamente al presente (e al futuro, dato che la discussione si e' concentrata su dischi ancora non pubblicati).
Captain Beefheart, Frank Zappa, Van Morrison, i Byrds, Leonard Cohen tutti spazzati via in un colpo solo da Arcade Fire e Bon Iver.
Sara', ma e' un approccio che mi convince poco. Lo trovo bidimensionale, privo di profondita'.
Un discorso che si puo' estendere al cinema.
Insomma, se mi appiattisco sul presente, fatemelo notare.
E, questa e' una certezza, qui non leggerete mai di un disco prima che sia uscito ufficialmente e l'abbia ascoltato una decina di volte, con calma.
Nessuna fretta, qui in Engadina.
@Lo: ĆØ vero, quello americano fa morire dal ridere! (Mi sei mancata particolarmente per riderci insieme... le facce!)
No, solo quella estetica. (Ti confesso che pur avendo compreso si trattasse di una lingua nordica non avrei nemmeno saputo dire con certezza che era svedese).
JC
I Calibro 35 non li conoscevo. Si saranno anche imparati a memoria Can you dig it? e altre analoghe raccolte, ma mi piacciono comunque molto.
Grazie per aver dirottato i miei ascolti da Trout mask replica JC. Non so per quale ragione stamattina mi sia venuta voglia di tirare fuori dall'archivio l'Ulisse della musica.
JC "Kate Bush for breakfast"
Provato a guardare i quadri ascoltando, che so, "Loveless" o gli Spacemen 3 come i Flying Saucer Attack o "Zeit" dei Tangerine Dream ?
Ma avevi la ciabatte, alla Tate?
JC reading too much John Barth
Sono d'accordo con te. Molta musica minimalista con Rothko c'entra poco (Philip Glass, per dirne uno).
L'ultima fase di Rothko e' puro Popol Vuh ad esempio (o viceversa).
A differenza di Cuor-di-Bue, dove accadono mille cose in quattor minuti e c'ĆØ un sovraccarico sensoriale che ritrovi - fatti i odvuti distinguo - in Albert Ayler, Ornette Coleman, King Crimson.
JC "would lik to have a Gila Monster in his office"
Solo comprendendo una nota per volta sei in grado poi di muoverti nella complessita'.
Ci vogliono pazienza e disciplina per imparare ad ascoltare. Poi pero' la ricompensa in termini di emotivita' scoperta e' immensa.
JC