Alcune osservazioni sul nuovo Time Out, che e' diventato un free press.
Se uno non esce di casa martedi' mattina (e io martedi' in genere lavoro da casa) e' introvabile.
Infatti a differenza di quanto accade con il Village Voice, il Chicago Reader, ecc., viene distribuito tutto in una volta, alle stazioni della metropolitana.
E alle 10 e' gia' finito.
Invece di distribuirlo un po' alla volta nel corso della settimana in librerie, caffe', centri culturali, ecc.
La dimensione e' la stessa di prima, ma la rivista e' piu' sottile.
80 pagine contro le 120 di prima.
La carta e' di bassa qualita'.
Sono scomparsi i listings, che erano l'unica ragione per procurarsi Time Out.
Il layout e' molto chiassoso.
Lo era anche prima, ma adesso e' pure caotico.
Ricorda molto Guide del Guardian, che non mi e' mai piaciuto.
Gli articoli sono tutti brevi e sembrano tutti scritti in fretta, 5 minuti prima di andare in stampa.
E adesso dove li troviamo i listings completi della settimana, da consultare sulla carta?
Dopo la scomparsa di tanti negozi di dischi, librerie, cinema, edicole (specie di quelle internazionali che mi piacevano tanto), ecco un altro passo verso la pervasivita'/ dipendenza da telefoni e tablets.
Ai quali diventera' ancora piu' indispensabile fare riferimento per orari, indirizzi, ecc.
Insomma, un'occasione sprecata.
Commenti
Ho deciso di tenerlo.
Era tutta un'altra cosa comunque: con lunghe recensioni, colonnine critic's choice pensate, un formato piu' grande, buone fotografie.
Da allora e' costantemente peggiorato, e negli ultimi anni lo compravo, appunto, solo per i listings.
A Milano sono anch'io un po' difficolta' quando torno, per avere una panoramica completa di quello che succede: non mi piacciono particolarmente ne' Tuttomilano, ne' Vivimilano, ne' Zero2.
Ma a Milano l'offerta culturale resta abbastanza contenuta e navigabile.
Londra e' di una complessita' impressionante, e adesso senza i listings tutti in una rivista tocchera' accumulare una quantita' gigantesca di programmi...
Diceva qualcosa tipo: "Waiting for the bus is different from before, with Time Out". Peccato che di Time Out non ci fosse neanche piu' l'ombra.
Ma non e' che ne ho fatto poi quel dramma, dato che di Time Out mi piaceva rovistare nei listings, scoprire venues che non avevo mai sentito nominare prima.
Dell'informazione mainstream vivo volentieri facendo a meno, come ho sempre fatto e probabilmente sempre faro'. Quindi il nuovo Time Out sostanzialmente non mi serve.
La tua ultima osservazione meriterebbe da sola un post.
In estrema sintesi, secondo me stiamo tutti facendo confusione tra la velocita' dei mezzi e la velocita' dei contenuti.
La prima e' un'innovazione fantastica: possiamo essere in contatto con le persone alle quali vogliamo bene anche a grande distanza e in modo immediato, scambiando pensieri, fotografie, ecc. Se hai la mia eta' ricordi ancora probabilmente un'intera adolescenza passata ad aspettare il postino... Ricordi poco piacevoli.
Ma questa velocizzazione dei mezzi ha finito per accompagnarsi automaticamente a una velocizzazione nella generazione dei contenuti.
Che ha portato, ma non solo, alla sciattezza contenutistica dell'attuale Time Out.
Instagram e' un altro bell'esempio di trionfo di sciatteria, per fare un altro esempio.