Forever young
Provo a riproporre qui un argomento che ho lanciato recentemente tra i miei amici del mondo vero e che tra loro non ha raccolto molto interesse, forse perche' una buona maggioranza dei miei amici del mondo vero hanno in genere cinque - dieci anni meno di me e queste domande non se le pongono (ancora).
Vediamo se voi mi capite un po' di piu'.
All'espressione "restare giovani", voi che significato date? Per esempio, secondo voi "resta giovane" uno che mantiene lo stile, gli interessi, i linguaggi comunicativi, i valori di quando aveva 20 anni?
Oppure "resta giovane" uno che si evolve fino a sembrare, a 50 anni (un'eta' a caso, ovvio), un ventenne di oggi?
Per fare un esempio un po' piu' concreto, uno che e' nato nel 1965 (sempre un anno a caso, ovvio) e che continua a coltivare gli interessi di quando aveva 20 anni (ama i dischi, le piccole librerie, i cinemini indipendenti tipo cineforum, i giornali e le riviste di carta, gli batte forte il cuore quando vede una 2CV e una R4, parla ancora di "diritti", trova bellissimo e un po' magico trasmettere musica alla radio di notte) ma non ama tanto (puro eufemismo) i linguaggi e gli strumenti del presente (social network, Whatsapp, smartphone e dispositivi mobili, like, cuoricini e faccine) e' "restato giovane"?
O per "restare giovane" dovrebbe comunicare con Whatsapp, scaricare la musica da Internet, restare sempre attaccato allo smartphone, postare selfie su Instagram, fregarsene del mondo in cui vive, amare la realta' digitale (o almeno non trovarla insopportabilmente gelida), e in genere essere irriconoscibile da com'era 30 anni fa quando era giovane (anche) anagraficamente?
Se volete rispondere alla mia domanda (se leggete prima di tutto, perche' non sono affatto sicuro che quello che scrivo qui qualcuno poi si prenda la briga di leggerlo), provate magari a prendere una posizione un filo polarizzata e non troppo dorotea?
Commenti
Come invitavo a fare a chi passa di qui, ho polarizzato molto le categorie.
Mi colpisce, e non sempre positivamente, chi guarda quasi esclusivamente davanti a se' in una continua ricerca del nuovo.
Da un lato, per vedere le cose in chiave positiva, lo si puo' interpretare come un atteggiamento di fiducia e apertura.
Ma dall'altro io credo che tornare a rivisitare le radici delle nostre storie personali mantenendoci in contatto con quegli oggetti ai quali siamo stati legati emotivamente e che incorporano un valore simbolico, sia importante per non perdersi. E che volere solo scappare in avanti tradisca in alcuni casi un po' un desiderio di fugggire da se stessi.
L'"approccio bilanciato" e' quello che uso anch'io, che infatti uso ormai assai spesso Whatsapp per comunicare con le persone "lontane ma vicine" e che complemento la lettura di riviste e giornali di carta con siti e social network (dei quali sono utente passivo per ragioni piu' volte spiegate).
Resta un approccio molto diverso rispetto a quello di chi e' nato 20 - 30 anni dopo di noi, cioe' di quelli che oggi De Lillo e Cavalli studierebbero non fossero passati tutti questi anni. I 20enni di oggi credo che, salvo qualche eccezione piuttosto rara, di dischi e giornali non sappiano che farsene (come forse mi puoi confermare avendo tu il privilegio di vivere nel luogo dal quale l'onda del cambiamento si irradia al resto del pianeta).
Abbiamo parlato di esperienze personali, ma forse non abbiamo ancora risposto alla domanda di cosa si intenda per "restare giovani"...
E qui l'onda del cambiamento al momento indica che ereaders vanno giĆ¹ e i libri cartacei sono costanti. Sono defunte le catene che vendevano caffĆØ e giocattoli fingendosi librerie. Dove vivo ci sono piĆ¹ barche a vela che aeroplani.
Il cambiamento, ĆØ ovviamente una cosa complessa: anch'io ci penso molto, visto che per lavoro misuro le cose cerco di capire come funziona. Non sono sicuro che essere giovani significhi cercare la novitĆ ad ogni costo, piuttosto la cosa credo faccia parte del mix contraddittorio di desidero di libertĆ e conformismo che abbiamo tutti vissuti. PerĆ² se cominciamo ad aver paura del cambiamento, stiamo sicuramente invecchiando :)
La paura del cambiamento puo' certamente essere una delle componenti che mantengono legati al passato. Pero' credo ce ne siano altre, non meno importanti, anzi in alcuni casi prevalenti.
Si puo' trattare di preferenze estetiche nei confronti di oggetti, esperienze, luoghi che evocano una storia, per esempio. Una vecchia casa di pietra con i pavimenti di vecchio legno scricchiolante e' per molti preferibile (o almeno ha piu' fascino) rispetto a un appartamento costruito con criteri e materiali edilizi molto innovativi.
Aggiungerei poi l'importanza del pensiero critico.
Per fare un esempio personale, ho provato vari social networks, Spotify, lo stremaing dei film a casa. Poi sono tornato al dialogo 1 - 1, ai dischi e al piacere dei film visti sul grande schermo di sale che mi piace frequentare.
In queste scelte la paura del cambiamento non e' un fattore molto importante (almeno a livello conscio, poi magari dovremmo studiare i coefficienti beta del modello di regressione o forse rivolgerci all'interpretazione ermeneutica di questi nostri scritti, come suggerirebbe Colucci :), e prevalenti sono invece le preferenze personali e il pensiero critico (che quando si tratta di "nuovo" e' sempre importante tenere desto: su questo credo che tu sia d'accordo con me :)
Ma la gioventĆ¹ ĆØ anche influenzabile, tende a emulare il gruppo di cui aspira far parte in modo acritico, eccetera, e questo, da cinquantenni, per fortuna ce lo possiamo risparmiare.
PerĆ² le persone superficiali (che mi pare siano quelle che non sopporti: i selfie, "fregarsene del mondo in cui vive", rinnegare esperienze passate diventando "irriconoscibile") ci sono sempre state... forse, con i social network si vedono di piĆ¹!
PS una definizione di "restare giovani" potrebbe essere: non smarrire la capacitĆ di interagire con i giovani. Che poi sono uno diverso dall'altro, hanno solo abitudini quotidiane diverse da quelle con cui siamo cresciuti noi.
Hai risposto, e molto bene secondo me, alla domanda che hai scritto all'inizio del tuo intervento. Una certa saggezza la maturiamo con gli anni, ma non credo vivremmo tanto bene se ci accorgessimo di avere perduto del tutto la curiosita', l'entusiasmo e l'energia che associamo nel nostro immaginario individuale e collettivo all'essere giovani.
La tua definizione di "restare giovani" e' interessante, anche se mi sono trovato a domandarmi cosa intendi con "interagire": alla pari, in modo che ti percepiscano come "uno di loro"? Oppure da una posizione distinta (una specie di "buoni rapporti pur nel riconoscimento di ampie differenze")?
Sul tema apocalittici e integrati, io sono tra quelli che credono che Eco non abbia mai davvero cambiato idea del tutto. I social network hanno amplificato a dismisura le caratteristiche negative che 50 anni fa Eco attribuiva alla comunicazione di massa: l'appiattimento sul gusto medio, la semplificazione estrema (slogan, prese di posizione perentorie e senza appello), una diffusa superficialita', l'enfasi sul tema del giorno prontamente dimenticato il giorno dopo.
A questo si e' aggiunta una dose di narcisismo e esibizionismo che non ha precedenti. Per cui un po' condivido la sua posizione. Non si tratta peraltro di criticare il mezzo, quanto piuttosto la sua cultura d'uso diffusa. Almeno secondo me, secondo Eco non saprei.
Non e' poi tanto il fatto che la superficialita' c'e' sempre stata (assolutamente e' cosi'), quanto piuttosto che sui social network viene esibita fino a essere diventata in larghi strati della popolazione (e purtroppo soprattutto tra i giovani per quello che vedo) una caratteristica da ricercare e che ti permette di integrarti.
A scanso di equivoci: non giudico, osservo e basta.
L. -
Mi piacerebbe capire meglio perche' ritieni che sia un'epressione pericolosa. Per la forte pressione che si riceve in questo senso (dall'industria dei cosmetici, della moda, ecc.) o per altre ragioni?
In ogni caso quelle pressioni sono esteriori e estetiche piu' che di contenuto, o mi sto sbagliando?
Quello che scrivi a proposito del ricordo anziche' dell'idealizzazione e' molto molto importante. Sto per uscire a andare in centro a piedi. Ci mettero' una mezz'oretta che mi permettera' di riflettere perche' mi hai dato uno spunto interessante per il quale ti ringrazio.
luoghi che, appunto, non indentifico con la gioventĆ¹ tout court.
anzi a me paiono popolati di vecchi che ci passano le loro giornate solitarie o noiose.
i giovani escono ancora e postano molto poco, alcuni cose interessanti e altri scemenze ma questo avviene in tutti i luoghi, a tutte le etĆ e in tutti i generi.
ps perchĆ© il podcast della tua puntata del 4 ottobre dura solo 23 minuti? ho provato a scaricarlo due volte ed ĆØ sempre cosƬ...
In questo senso quello che trovo molto positivo nei social ĆØ la trasversalitĆ generazionale. Ho stretto amicizie molto belle con persone della metĆ dei miei anni, basate su interessi comuni e concretizzate nel reale: ho ospitato di recente, per esempio, a casa, una ragazza di Roma col suo ragazzo che venivano a Firenze per un evento politico, ed essendo lei anche appassionata di fotografia ne ĆØ risultato un bello scambio (abbiamo fatto insieme anche un post sul mio blog unaltradonna...) beh mi fermo, scusa se ho divagato.
Le differenze ovviamente restano, e far finta di no sarebbe pure ridicolo oltre che improduttivo. Poi c'ĆØ tutto uno spettro di distanze, da "siamo di generazioni diverse e abbiamo pure interessi diversissimi" a “siamo di generazioni diverse ma abbiamo un approccio al mondo simile" a "siamo della stessa generazione ma abbiamo interessi incompatibili" a "siamo della stessa generazione e abbiamo interessi simili". Non riesco a generalizzare piĆ¹ di tanto... perĆ² vedo che la gente con 15 anni meno di me, per esempio, usa le chat piĆ¹ di me e mette ogni cosa commestibile in frigo, e su queste cose ci confrontiamo :D
Forse aggiungerei "solo". L'importante ĆØ non ascoltare "solo" i dischi di 30 anni fa e continuare a vedere sempre solo i film di quell'epoca. Con quell'aggiunta, mi trovi d'accordo.
Sono anche d'accordo sul fatto di non identificare giovani e social network in genere. I giovani credo usino quasi esclusivamente Whatsapp (formando gruppi) e Instagram.
I social network anche a me sembrano un passatempo da vecchi, per le ragioni che dici tu :)
Di fatto, al di la' di quello che pensiamo, credo che la diffusione sia abbastanza trasversale rispetto alle classi di eta'. Perfino l'uso che se ne fa e' trasversale: non identificherei un uso "migliore" o "peggiore" in base all'eta'.
Caratteristiche dei social network, almeno per l'esperienza che ne ho fatta io che per gentilezza accettavo ogni invito e mi sono trovato invaso di spazzatura, sono quelle indicate qualche commento fa: l'appiattimento sul gusto medio, la semplificazione estrema (slogan, prese di posizione perentorie e senza appello), una diffusa superficialita', l'enfasi sul tema del giorno prontamente dimenticato il giorno dopo.
(Adesso mi dirai che ho fatto male a accettare ogni invito, che bisogna essere selettivi, ecc. Verissimo, ma proprio non essendo selettivo mi sono reso conto di quanto sopra).
Grazie per la segnalazione dell'errore nello scaricamento del podcast. Lo streaming funzionava ma il download si piantava. Ho ricaricato il file, cambiato il link nel blog, e adesso dovrebbe funzionare. Se avessi ancora problemi scrivimi pure.
La prima parte del tuo commento qui sopra mi fa capire perche' mi ostino a frequentare il web 1.0 e non chiudo questo blog. Perche' quando meno te lo aspetti arrivano commenti che vorrei avere scritto io :)
E' cosi' come dici. Una prospettiva di evoluzione consapevole e non idealistica che hai descritto benissimo. Una scelta basata sul piu' elevato livello di consapevolezza che nasce dalla maturita' e dall'esperienza. E un'integrazione armonica (l'armonia e' caratteristica che si acquisisce col tempo secondo me) di passioni che arrivano da lontano e di altre nuove.
In fondo e' quello che faccio ogni volta che preparo una scaletta di Prospettive Musicali. Nelle quali, non so se qualcuno l'ha notato, parto in genere dal passato (un passato condiviso) per passare progressivamente e armonicamente a esperienze musicali del presente, nuove.
La tua divagazione e' come sempre bella da leggere e anch'essa illuminante. Stasera vado a leggere Unaltradonna, dato che ho appena visto che stai pubblicando con regolarita' (e che l'ultimo post parla del mio parco giochi preferito, la Tate Modern).
Rose -
Mi limito a raccontarti un dialogo tra la Gio' e me, ieri sera. Parlavamo di questo post e le ho chiesto chi, tra i nostri amici e conoscenti, secondo lei e' "rimasto giovane". Proprio un simbolo di questo atteggiamento.
Ci ha pensato bene, per 30 secondi almeno. Poi se ne e' uscita con "un nome che comincia con P"... Proprio lui! Ci siamo molto molto trovati d'accordo! :)
Oggi se trovo un attimo ti scrivo una cosa via mail.
quello che vedo nei non-addetti ai lavori perĆ² ĆØ il contrario: tutti a vedere i film piĆ¹ recenti e se magari gli citi Melville, Max Ophuls o Jacques Demy manco sanno chi sono.
sulla musica invece ognuno rimane alla sua adolescenza e poco piĆ¹, al massimo si aggiornano sul mainstream per relazionarsi coi figli.
la puntata del 4 poi l'ho ascoltata appunto in streaming, stasera passo alla successiva. grazie comunque!
A proposito del tuo commento sui social network, "anzi a me paiono popolati di vecchi che ci passano le loro giornate solitarie o noiose" hai letto l'articolo di Franceschini stamattina su Repubblica? Pare confermare che chi non usa Facebook e' significativamente meno depresso e solo, piu' entusiasta della vita e determinato (immagino sia una brutta traduzione dall'inglese determined, che nel linguaggio sociologico e' il contrario di fatalista, che si lascia andare) di chi lo usa.
Altro dato impressionante e' che il 78% di chi usa Facebook ci sta sopra piu' di mezz'ora al giorno. Altro che "lo uso solo ogni tanto per tenere i contatti con amici lontani": e' una vera e propria vita parallela!
L'articolo lo trovi qui:
http://www.ow27.rassegnestampa.it/Accenture/PDF/2015/2015-11-12/2015111231701786.pdf.
Si conferma quello che un giorno mi ha detto la Gio' e che da allora mi e' rimasto impresso: che si deve ritenere davvero fortunato chi ha una vita cosi' soddisfacente e piena che dei social network e della gara di followers e like puo' fare serenamente a meno.
(A scanso di equivoci: non sto affermando di avere una vita soddisfacente e piena. Ci sono aspetti della mia vita che andrebbero rivoluzionati radicalmente. Ma a una vita soddisfacente e piena aspiro, e di conseguenza dalla vita virtuale, dalle faccine, dai like, dai commenti superficiali, dai litigi, e in generale dal confronto competitivo con i cavoli degli altri - in due parole dai social network - cerco di starmene alla larga).
quanto a facebook non posso che darti ragione, si tratta solo di avere delle valide alternative relazionali.
la realtĆ non ĆØ cosƬ gratificante per tutti e spesso, come ho giĆ avuto modo di ripetere, il mondo virtuale (preso naturalmente nella sua totalitĆ di cose che si possono fare e/o condividere in rete) puĆ² essere una fuga gratificante, una specie di droga se vuoi ma forse piĆ¹ innocua di altre! :-)
Per riprendere l'espressione usata da Paolo, non si tratta di distruggere il televisore a colpi di ascia, assolutamente. Ma posso decidere, ad esempio, di usarlo molto poco o di non possederlo affatto, una volta sperimentato che passare le mie serate leggendo libri, ascoltando Radio 3, imparando una lingua o praticando yoga in silenzio sono usi del mio tempo piu' soddisfacenti rispetto a seguire una serie di telefilm.
Per la stessa ragione, dopo aver sperimentato film visti in streaming nell'ambiente domestico, posso decidere che trovo piu' piacevole seguire rassegne al British Film Institute, dove i film vengono spesso introdotti e, alla fine, commentati da registi e critici.
Stessa cosa, per fare un altro esempio, con i navigatori satellitari. La mia compagna e io abbiamo deciso di viaggiare esclusivamente usando mappe di carta (Michelin), che danno una visione complessiva del territorio che molte volte ci ha suggerito deviazioni molto piacevoli.
E potrei continuare ancora.
In altri termini, si tratta di preferenze personali, non di demonizzazione. E se mi sono espresso male spero di essermi chiarito.
Tra l'altro, Paolo, come ricercatori sociali siamo ben consapevoli del fatto che una correlazione tra due variabili non dice ancora nulla su quale variabile influenza l'altra, no? Come si fa a affermare con sicurezza che non usare Facebook fa sentire le persone meno tristi e sole? Non sara' invece che le persone meno tristi e sole non hanno bisogno di usare Facebook? Detto questo, la correlazione tra le due variabili sembra esistere.
E se come dice Francesco il mondo virtuale e' per molti una fuga gratificante (non diversissima in fondo da quella ottenuta con l'oblio alcolico citato da Paolo), sono abbastanza contento di non sentirne il bisogno.
Pero' non demonizziamo nulla, ovvio, ne' Facebook, ne' lo streaming dei film, ne' il fumetto digitale.
Si tratta solo di scegliere, nalla grande offerta, adattando quantita' e qualita' dei media e dei contenuti a cio' che ci piace e ci fa stare bene.
Grazie per l'articolo Paolo. Non faccio fatica a credere che Facebook non venga percepito come "proprio" dalle nuove generazioni, che come scrivevo piu' sopra l'hanno sostituito con altri networks piu' immediati e concepiti originariamente per gli smartphone, come Instagram e i gruppi su Whatsapp.