Difesa
Uno dei principali problemi del nostro tempo, l'abbiamo scritto molte volte, e' la mancanza di spazi indivisi di silenzio.
Siamo infatti costantemente bombardati da messaggi e informazioni che rendono il tempo per noi (per analizzare, per riflettere) sempre piu' interrotto.
Da qualche tempo ho adottato strategie di difesa che mi sembrano funzionare abbastanza bene. Ne elenco qualcuna, qualora qualcuno di voi fosse interessato a sperimentarle:
1) Quando eravamo ragazzi, l'informazione arrivava a noi in blocchi anziche' senza soluzione di continuita' come accade ora. Il mattino si sfogliava un giornale, la sera si vedeva un telegiornale, ma per il resto non avevamo modo di sapere cosa stava succedendo, in tempo reale. Lo sapevano i giornalisti che avevano accesso alle agenzie, certo, ma tutti gli altri dovevano aspettare.
Io sto tornando a quel modello, dopo anni nei quali, passando molto tempo online per ragioni di lavoro, consultavo i siti dei giornali ogni 5 minuti.
I siti di informazione li leggo per una mezz'ora al mattino, e poi dedico loro un'oretta la sera. Durante la giornata restano pero' chiusi. Questo mi permette di risparmiare molto tempo, che in genere uso per fare una passeggiata.
2) Sempre quando eravamo ragazzi, i commenti alle notizie erano qualificati. Ogni testata aveva i suoi editorialisti e si trattava di giornalisti di esperienza, in molti casi di firme che erano state in precedenza corrispondenti dall'estero per anni.
Ovviamente, con quelle penne si poteva non essere sempre in accordo, ma li si leggeva con interesse perche' qualcosa da dire l'avevano.
La signora Maria, una cuoca che sapeva preparare sughi fantastici, il signor Gino, un gommista coi controfiocchi, e il signor Gianmario, che lavorava allo studio tecnico del comune, si occupavano a loro volta delle loro specialita' professionali.
Certo, magari con gli amici si sfogavano un po' per le cose che nel mondo non andavano proprio come avrebbero voluto. Discutevano anche animatamente. Ma avevano presente il senso del limite, del buon gusto, dell'educazione.
Oggi la signora Maria, il signor Gino e il signor Ganmario gli amici li vedono molto meno. Perche' infatti passano ore a mandarsi insulti e a litigare nello spazio commenti dei quotidiani, quando non in quella sciagura per l'intera umanita' che sono i social network.
Basta saperlo, pero', e evitare con cura tali spazi.
3) Ancora, quando eravamo ragazzi per comunicare usavamo un apparecchio, collegato a un filo e in genere appoggiato a una cassapanca, che si chiamava telefono (come oggi, curiosamente, chiamiamo un oggetto che con quello non c'entra piu' nulla).
Se volevo parlare con Giulia, con Cecilia, con Umberto, con Luca, componevo i loro numeri girando una rotella che aveva dei buchi, ognuno con un numero diverso. Se erano in casa mi rispondevano, altrimenti lasciavo un messaggio spiegando in 30 secondi la ragione della mia chiamata e quando potevano mi richiamavano.
Ovviamente a ognuno di loro volevo dire una cosa diversa, e con ciascuno usavo un linguaggio fatto di ricordi e esperienze comuni. Con Luca parlavamo di musica. Cecilia la chiamavo per confrontare come aveva tradotto una frase di una versione di latino che non riuscivo a rendere bene in italiano. A Umberto in genere telefonavo per prendere accordi su un giro in bicicletta. Eccetera.
Andava benissimo cosi', non c'era bisogno di cambiare nulla. E infatti e' cambiato tutto.
Adesso si pretende che io abbia qualcosa da dire contemporaneamente a Giulia, Cecilia, Umberto, Luca e un altro mezzo migliaio di "amici" di Facebook. Tutti insieme. E che questa urgentissima cosa/ fotografia/ video (in genere piu' simile a un'eiaculazione precoce che a un pensiero compiutamente formulato o a una foto appena appena decente) interessi tutti loro, indistintamente.
Ecco perche' ho scelto di non usare (o quasi) i social network, se non in incognito e seguendo pochissimi amici cari e personalita' che stimo che usano questi mezzi solo quando hanno davvero qualcosa da condividere.
Magari se vi interessa quello che ho scritto proseguiamo questo post un'altra volta. Mi piacerebbe se, con calma, anche non subito, mi suggeriste altre strategie di difesa di spazi di riflessione che avete adottato.
Buona domenica!
Commenti
No perchƩ mi ha colpito il fatto che non ne parli, quello per me ha sancito un'ulteriore passo in avanti (o indietro, a seconda dei punti di vista) in quel processo di cui tu parli.
Di fatto se non ce l'hai (ed ĆØ il mio caso) sei tagliato fuori dalla vita sociale e/o lavorativa e il meccanismo a me pare inesorabile e comune a tutti gli altri media o social network di cui tu parli.
Io a forza di difendermi sto per ritrovarmi completamente solo.
Si', ho un iPhone perche' mi e' stato dato al lavoro.
Secondo me non si tratta di rifiutare la tecnologia completamente. Si tratta di non farsene utilizzare.
Ti rispondo prima sugli smartphone e poi sui social networks.
1) Smartphone.
L'altro giorno mi trovavo in una zona di Londra che non conosco bene. Cercavo una galleria che pensavo di trovare facilmente e invece dopo avere camminato e camminato proprio non c'era verso di trovarla. Si tratta di una piccola galleria con un piccolo ingresso e due piccole sale, specializzata in street photography di fotografi di origine ebraica, diciamo non proprio la National Gallery! Sarebbe stato assurdo chiedere ai passanti dove fosse: non l'avrebbero saputo.
Cosi' per non perdere ulteriore tempo ho tirato fuori lo smartphone e mi sono fatto guidare.
Me ne ricordo proprio perche' capita davvero raramente.
Poi lo uso come macchina fotografica tascabile. E per avere un po' di musica mentre vado al lavoro.
E lo uso per mandare qualche messaggio usando Whatsapp. Si tratta di messaggi in genere composti di diverse frasi, che presuppongono una risposta parimenti articolata e "definitiva" (cioe' non una partita a ping pong di messaggi continui).
Nient'altro. Anzi, e' piu' spesso in modalita' aereoplano che no (per dire: lo metto in carica un paio d'ore ogni 4 - 5 giorni).
Non lo uso invece per i social network, per giocare o, come fanno molti, per schermarmi dal mondo.
2) Social networks e lavoro.
Capisco quello che dici.
Un anno e mezzo fa mi capito' di desiderare entrare in un gruppo di lavoro molto chiuso ed elitario. Contattandoli via mail riuscii a farmi ricevere da alcuni componenti di quel gruppo. Tutti mi risposero che al momento non c'erano posizioni aperte, quindi per me si trattava di attendere. Durante l'attesa li ricontattai, sempre via mail, scambiando con loro idee, articoli.
Il posto per me pero' non veniva proprio fuori. Dopo un po' mi stancai di ricontattarli e non se ne fece piu' nulla.
Sai invece cosa avrei dovuto fare, che non ho fatto? Entrare nei loro contatti sui social. Infatti sono tutti attivissimi. Si ritwittano, si piacciono, segnalano le loro iniziative.
Non usando quel canale sono diventato invisibile. E infatti non li ho mai piu' sentiti.
By the way, tu non sei solo finche' c'e' Prospettive Musicali :) Giovanna mi ha detto che ieri sera Alessandro ti ha trasmesso :)
tuttavia il problema comunque che io noto, sia parlando di smartphone che di social network vari, ĆØ la passivitĆ della stragrande maggioranza dei fruitori.
in pratica ci sono almeno un paio di miliardi di persone nel pianeta le cui vite vengono allegramente spiate e diventano oggetto di raccolta dati (i famosi Big Data su cui stanno costruendosi imperi economici) e senza che questi due miliardi abbiano alcunchƩ da obiettare.
non son cose che dico solo io, ci sono giĆ illustri studi su questo, io perĆ² lo vedo nei comportamenti di molti amici e anche di molte persone che non conosco, in strada, sul treno e via dicendo.
ĆØ qualcosa di inquietante e nessuno che dica bah, a parte qualche sociolgo ex bierre...
A parte una che avevo proposto io, le altre tappe le ha scelte lei. Non avevo quindi fatto alcuna ricerca prima di uscire di casa. Mi sono limitato a visitarle con l'iPhone in tasca, evidentemente non in modalita' aereoplano. Senza fare foto, bada.
La sera sono entrato in Twitter per leggere qualche notizia. Ci credi che mi ha proposto di seguire la lista di gallerie che ho visitato? Evidentemente una qualche app che ho sull'iPhone ha registrato i miei spostamenti senza ovviamente che io ne fossi consapevole. Non ho idea dei termini e delle condizioni che abbiamo firmato per usare codesti diabolici strumenti, ma devono essere pazzeschi.
Come me, immagino che molti altri non abbiano piena consapevolezza.
E' di oggi la notizia che l’utile netto di Facebook quest'anno e' stato di 2,06 miliardi di dollari, contro i 719 milioni di un anno fa. Quasi triplicato, in un anno.
E dal mese prossimo arriveranno le pubblicita' anche su Whatsapp, basate su quello che chi usa quel sistema di messaggeria posta su Facebook e Instagram.
Come spiegava molto bene la mia amica Marina Petrillo alla Scuola Holden citando Glenn Greenwald che a sua volta credo partisse dalle analisi di Michel Foucault sulla sorveglianza, la maggior parte delle persone credono che se non hai nulla da nascondere allora non hai nulla da temere.
Naturalmente non e' affatto cosi'. La sorveglianza condiziona pesantemente l'agire sociale e politico, cosi' come quello individuale e privato. E la dimensione privata e' importantissima per l'elaborazione del pensiero.
Se non lo dici a nessuno pero' ti confesso che sulle capacita' e finanche sulla disponibilita' di elaborazione di pensiero da parte della stragrande maggioranza delle persone ho perso le speranze molti anni fa. Il pensiero purtroppo oggi viene elaborato da pochissimi, e nell'indifferenza generale (parlo dei grandi numeri ovviamente, poi per fortuna c'e' una piccola minoranza illuminatissima).
Tutti gli altri hanno elaborato spesso inconsapevolmente e per semplice emulazione strategie per perdersi, annullarsi, non pensare. Perche' pensare implica in genere entrare a patti con cio' che facciamo di tutto per non sapere.
Non mi ricordo piu' chi ha detto che negli anni '50 e '60 Jean-Paul Sartre era in grado con le sue affermazioni di spostare migliaia e migliaia di voti. Oggi le sue affermazioni sposterebbero forse un solo voto, il suo.
A spostare opinioni e comportamenti oggi sono le star di Facebook e Instagram.
E i risultati sono sotto gli occhi di tutti (o forse solo di chi li vuole vedere, non saprei).
giĆ che ci siamo mi spieghi cos'ĆØ la modalitĆ aeroplano?
poichƩ ce l'ho sul tablet volevo capire (tieni conto che lo uso solo dove trovo wifi, non ci ho messo dentro alcuna scheda): si risparmia batteria? sei meno tracciabile?
La modalita' aereoplano, per quello che ho capito, trasforma lo smartphone e il tablet in un non-telefono, incapace di comunicare. Puoi usare altre funzioni (ad esempio macchina fotografica e riproduzione musicale), ma non puoi fare e ricevere telefonate e nemmeno andare in rete.
Quindi si', come effetto collaterale si risparmia batteria. La ragione principale per mettersi in modalita' aereoplano e' pero' che le telefonate che ricevi vanno in segreteria e tu puoi decidere di scaricare i messaggi e richiamare le persone quando ti va, come succedeva un tempo. Non sei sempre raggiungibile, in pratica.
Sulla tracciabilita' non ti so dire con precisione. Puo' essere che tu sia tracciabile anche in modalita' aereoplano nel caso tu abbia dentro una scheda. Senza la scheda pero' se nemmeno attivi il wi-fi non ho idea di come ti possano tracciare.
grazie, ora farĆ² dei tentativi.
mi pare di capire invece che anche senza la SIM dentro lui consumi batteria nella vana ricerca di una rete cui collegarsi...
per questo mi interessava la modalitĆ aeroplano, non ce n'ĆØ un'altra che lasci possibile solo il wifi?
spero di essermi spiegato...
Esistono due tipi di tablet: uno che ha solo wi-fi (il tipo che adopero io; non ha "slot" dove inserire sim) ed un secondo che, oltre al wi-fi, offre anche la possibilita' di inserire una scheda telefonica e collegarsi alla rete ogni volta che non sia presente un "wi-fi hotspot".
Mi sembra che sia questo secondo tipo - se capisco bene - che Francesco possiede.
Tuttavia (di nuovo, se ben comprendo!) il suo tablet viene usato (senza aver inserito la scheda SIM) esclusivamente utilizzando il wi-fi.
Giunto qui, pero' non ho risposta al quesito posto, perche' non ho esperienza di possesso di un tablet simile.
(A logica mi verrebbe da dire che se nessuna SIM e' inserita, il tablet di Francesco dovrebbe funzionare esattamente come il mio, ma qui mi fermo e taccio, perche' ignoro se la mia supposizione sia fondata o meno).
Io in effetti possiedo il secondo tipo di quelli descritti da Marco ma non ho nessuna intenzione di inserici una (nuova) SIM cosƬ come non desidero usare lo smartphone.
Dunque devo subire uno dei tanti ricatti tecnologici costruiti ad arte per favorire il consumo.
della serie: non usi la SIM sul tablet? e noi lo costruiamo in modo tale che continua a consumare batteria per cercare le reti mobili anche se non ha una SIM inserita, cosƬ alla fine cedi e pur di non sprecare ti compri una SIM con relativo contratto etc...
e gli esempi di questo tipo, relativi ai sitemi operativi dei personal computer, sono infiniti.
tornando all'argomento del post, la difesa va esercitata su molti fronti!
La risposta e' in parte nel tuo commento, in parte da cercare tra i salari dei dipendenti di basso livello, in parte nel ricatto di spostare uffici e impianti altrove.
Quindi pagheranno lavoratori e collettivita', non certo gli azionisti.
Ma a chi importa tutto questo, in fondo?
Lasciami precisare che la difesa della quale parlo nel post e che tu citi alla fine del tuo commento non e' una difesa generica dal mondo, tutt'altro. Serve a liberare spazi di pensiero critico.
E sono infatti la mancanza di pensiero critico e la sua controparte, la ricerca continua di evasione e intrattenimento, i problemi centrali del presente. Sfruttati fino in fondo dalle multinazionali.
Tutto torna, purtroppo. Tutto e' collegato.
Che mondo diverso sarebbe se il tempo perduto a giocare, ognuno da solo, ai Pokemon fosse investito per lottare, tutti insieme, contro il TTIP?