Le consolazioni della musica



Perche' ascoltiamo musica? Perche' ce ne siamo appassionati fino a lasciare che un flusso di note abbia attraversato tutte le nostre vite?

A partire da una sera lontana, l'anno doveva essere il 1973. Mio padre, che allora aveva 12 anni meno di quelli che io ho adesso, ascoltava tutte le sere Supersonic e Popoff alla radio.

"Che bella questa canzone, di chi e'?" devo aver detto passando vicino alla radio.

Il giorno dopo, quel papa' e quel bambino andarono in un negozio di dischi di una cittadina vicina. Il papa' regalo' a quel bambino la cassetta che conteneva quella canzone. Una cassetta che quel bambino conserva tutt'ora come una sacra reliquia.

Avevo otto anni, la canzone era questa.


On my morning bike ride to Battery Park, I heard music as I approached the tip of Manhattan, and then saw and joined a silent crowd who sat gazing out to sea and listening to a young man playing Bach’s Chaconne in D on his violin.

When the music ended and the crowd quietly dispersed, it was clear that the music had brought them some profound consolation, in a way that no words could ever have done.

Music, uniquely among the arts, is both completely abstract and profoundly emotional. It has no power to represent anything particular or external, but it has a unique power to express inner states or feelings. Music can pierce the heart directly; it needs no mediation. 

One does not have to know anything about Dido and Aeneas to be moved by her lament for him; anyone who has ever lost someone knows what Dido is expressing. 

And there is, finally, a deep and mysterious paradox here, for while such music makes one experience pain and grief more intensely, it brings solace and consolation at the same time*.


Ecco forse perche' ascoltiamo musica, quindi.

Perche' ci sa consolare. Di tutte le amarezze che la vita ci riserva, delle abitudini che ripetiamo automaticamente e delle quali non conosciamo i perche', dell'inferno (le altre persone, per noi introversi), delle ferite dell'anima causate dalla superficialita' e dall'incuria nostra e altrui.

(* Oliver Sachs, Musicophilia).

Commenti

Anonimo ha detto…
...se a otto anni si parte cosƬ, chissƠ a 52 dove s'arriva!

Hrundi V. Bakshi
Fabio ha detto…
:D

Si scoprira' presto, perche' sto per preparare la lista dei 10 dischi preferiti del 2017 :)

Peraltro e' strano come io viva in modo, ti assicuro, obsoleto, pre-digitale, come se mi fossi fermato in molte cose a tanti anni fa. E invece nei miei ascolti l'evoluzione e' incessante, al punto che quando penso a tanti miei colleghi della radio che continuano da anni a suonare lo stesso genere di musica, non mi capacito di come sia possibile.

Loro invece, che da molti anni sono passati a MP3 e chiavette, probabilmente non si capacitano del fatto che arrivo in radio ancora con uno zainetto pieno di dischi, peraltro :)