112/ Gratuita' e dono.



Se come me siete ascoltatori di Uomini e profeti, il nome dell'economista Luigino Bruni non ha per voi bisogno di presentazioni.

I suoi saggi di economia civile mi sono sempre sembrati piuttosto rivoluzionari. A maggior ragione perche' non mettono in discussione l'economia di mercato e i suoi principi, come la liberta' d'impresa e la divisione del lavoro.

Piuttosto, introducono all'interno dei paradigmi di funzionamento del mercato dimensioni che l'economia capitalista ha sempre relegato ai margini. Ad esempio la gratuita' e il dono.

Nel suo volume Capitalismo infelice, Bruni sottolinea la pericolosita' della gratuita' all'interno dell'economia di mercato. La sua natura sovversiva nei confronti del principio di massimizzazione dell'utilita' economica che e' uno dei fondamentali dell'economia capitalista.

Nella conclusione di questo breve saggio, Bruni scrive:

Quando l’economia e la società perdono il rapporto con la gratuità, finiscono per smarrire il contatto con l’umano nella sua interezza e andranno perse le vocazioni — ogni vocazione è esperienza di gratuità —, comprese quelle artistiche, scientifiche e imprenditoriali, per ritrovarsi in un mondo nel quale, parafrasando Oscar Wilde, conosceremo con sempre maggiore precisione il prezzo di ogni cosa, ma il valore di nulla.
 
La gratuita' e il dono, a livello collettivo introducono un elemento relazionale e umano nel tessuto meccanico dei rapporti di produzione capitalisti. A livello individuale, introducono un elemento di vocazione che forse ci viene piu' naturale chiamare passione.

E' una vocazione che ha molto a che fare con il fluire descritto cosi' bene da Mihaly Csikszentmihalyi, uno dei padri fondatori della psicologia positiva.

Se posso introdurre un elemento personale nel ragionamento e pur riconoscendo che per altri quello che scrivo potrebbe non valere, fluire e gratuita' li trovo spesso associati tra loro in una relazione piuttosto indissolubile. 

La gratuita' e' liberta'. Se decido di donare qualcosa che per me ha valore lo faccio per vocazione. Se invece mi aspetto qualcosa in cambio, allora il mio non e' un dono. E' uno scambio.

Quello che ho scritto non vuole cancellare il valore e la bellezza della reciprocita'. Ma il dono ha valore perche' apre anche la possibilita' di una non reciprocita' e addirittura di un rifiuto e di una ferita.

Posso donare la mia amicizia e il mio amore, ad esempio. A tutti noi pero' immagino sia capitato che questo dono sia stato rifiutato e ne abbiamo sofferto. Ne abbiamo sofferto proprio perche' il dono ci rende vulnerabili.

E perche' il dono ci rende vulberabili? Perche' il dono e' in qualche misura piccola o grande dono di se'. Offerta di se'. Sacrificio di se'. Ripeto, piccolo o grande che sia. Non ha importanza.

Se pero' riprendete l'origine del mio ragionamento proprio da dove siamo partiti, nell'economia di mercato in cui viviamo il dono introduce un elemento umano proprio laddove l'umanita' non e' prevista.

Il dono e' quindi rivoluzionario. 

Certo, apre la possibilita' alla ferita e all'umiliazione come ho scritto.

Ma per riprendere un termine che usa anche Bruni, il dono apre anche la possibilita' di una fioritura della nostra esistenza. Una fioritura della nostra esistenza. Ripetiamo mentalmente queste parole.

Lo fa rompendo la grigia meccanicita' dentro la quale il sistema economico liberista basato sullo scambio e sul profitto ingabbia l'uomo.

Il dono e' quindi liberta', vocazione, fluire, affermazione di vita.

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