I dischi del 2018: 1.


NIK BARTSCH'S RONIN
Awase.

I Ronin chiamano le loro composizioni moduli, come si trattasse di elementi interscambiabili di una costruzione architettonica.

Gli ipnotici, elegantissimi pattern di questa formazione di Zurigo nascono dalla ripetizione ossessiva di frasi musicali che si trasformano quasi impercettibilmente, sostenute da ritmi dispari e acrobatici.

E' ancora jazz. Forse. Ma come se a suonarlo fossero Steve Reich, Philip Glass, Ryuichi Sakamoto, Terry Riley.

Donald Judd e Mark Rothko, quando il sabato sera ci capita di andarli a trovare nelle sale finalmente silenziose della Tate Modern, suonano proprio cosi'.

PS del 2 gennaio: Nik ha ringraziato personalmente noi di Prospettive Musicali per avere incluso il suo disco nella nostra puntata collettiva di fine anno. Mi ha molto emozionato. Grazie a te per la tua musica, Nik!

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