[Shepherd's Bush Empire, Aprile 2007]



C'e' questo bell'articolo sul Guardian di oggi, che in pratica sostiene quello che questo blog afferma da tempo:

If you're in the mood to feel disturbed by the British music scene, a glance at the album chart usually does the trick. Sure enough, this year's bestsellers have provided plenty of reason for gloom about our ability to produce forward-looking music. Two big successes so far this year have been Mika and Amy Winehouse: a man who would have us think he is the reincarnation of Freddie Mercury and a woman invoking the spirits of Motown to make what could have been the last great soul album of the 1960s.

L'articolo viene annunciato sulla prima pagina del supplemento "Film & music" con il titolo How British pop became a revivalists' meeting.

E' paradossale e un po' sconsolante che in questi giorni, per trovare forward-looking music in Inghilterra, ci si debba rivolgere al passato. Ma non ci amareggiamo troppo. Vi ho raccontato qualche giorno fa delle riedizioni di This Heat e Camberwell Now: oggi torniamo alla fine degli anni '70 perche' vorrei segnalare l'attesa ristampa del primo formidabile album del Pop Group (Y, Radar 1979, rist. Rhino 2007, 5£ da Fopp).

Ancora oggi Y suona totalmente rivoluzionario. Il Pop Group, con questo nome strepitosamente anonimo e in totale antitesi con la musica che producevano, combinava dissonanza punk-funk e testi del tutto incompromissori, strillati istericamente dal sublime Mark Stewart.

Per qualche ragione, che di per se' illustra bene la differenza tra l'Inghilterra angolare e ruvida di allora e quella business orientated di oggi, vennero messi sotto contratto dalla Radar, una sussidiaria della Warner che aveva gia' pubblicato dischi di Pere Ubu, Elvis Costello e Soft Boys. Con il gruppo di David Thomas, il Pop Group condivideva l'atteggiamento di intransigente futurismo. Al quale pero' aggiungeva tonnellate di musica nera: funk, dub, Miles Davis, Ornette Coleman, James Brown.

La critica del Pop Group al sistema era quanto di piu' radicale si possa comunicare con strumenti musicali: Culture is work and duty in the West, and anything natural is crime. But in countless Africa tribes, where there is no urban repression, there is also no concept of crime and punishment. All we did was colonialise, make them put clothes on. We should be educating ourselves; abolish schooling... All we can advocate is, drop out kids! dichiaro' Gareth Sager all'NME, per illustrare il senso della loro attitudine ritmica primitiva e tribale.

Y venne prodotto da Dennis Bovell, monumento del reggae che aveva appena finito di registrare quell'assoluta pietra miliare del dopo punk inglese che e' Cut delle meravigliose Slits - formazione femminile e femminsita parecchio vicina al Pop Group. Vendette nulla, e come conseguenza, la Radar scarico' la formazione di Bristol.

Y non assomigliava a nulla di gia' sentito. Momenti acid funk irresistibili come "She is beyond good and evil", "We are time", "Don't call me pain", quasi danzabili, si alternavano a tracce nelle quali il free jazz incontrava per la prima volta il punk: la dislessia sonica di "Words disobey me" e il dramma di "Don't sell your dreams". Il tutto veniva tenuto insieme da un intransigente rigore antagonista.

Seguiranno l'inno "We are all prostitutes", l'album "For how much longer should we tolerate mass murder" (Rough Trade, 1980) e lo scioglimento, dal quale nasceranno formazioni che al solo nominarle mi fanno venire brividi di nostalgia: Pig Bag, Rip Rig & Panic, Maximum Joy, Mark Stewart & Maffia. Ho ancora di fronte a me un ragazzino che rimaneva cosi' affascinato da quelle copertine e foto viste su Rockerilla che doveva, doveva saltare su un treno per Milano e tornava qualche ora piu' tardi nella lugubre Voghera carico di quel prezioso vinile.

Come dichiara Mark Stewart a Simon Reynolds nell'imprescindibile "Rip it up and start again" We had this romantic idea of going through nihilism, this intense deconditioning process, and emerging the other side with something really positive.

Non a caso, Massive Attack, Portishead e Tricky (flatmate di Mark Stewart, ricordiamolo) nacquero tutti proprio da quella romantica idea.

Commenti

Anonimo ha detto…
Proprio venerdì sfogliavo in libreria questo volume (spero che il link funzioni) che è una specie di piccolo riassunto sulla cosiddetta New Wave e i suoi prodromi e pensavo a quanta di questa musica possa oggi essere considerata ancora avanguardia. A me personalmente va anche bene anche quando si ricalca un genere del passato, purché sia fatto in maniera creativa, e non - per intendersi - alla Michael Bublé. Ciao. Q.
Fabio ha detto…
Certo, sono d'accordo. Per esempio, i Joy Division rifacevano creativamente Sister Ray, trasformandola in una conflagrazione ancora piu' oscura di com'era stata concepita dai Velvet. Oggi questo desiderio di trasformare, andare oltre, ricercare si e' perso completamente in un ambito ragionevolmente pop.

In ogni caso, non credo nemmeno si possa fare un confronto tra oggi e quegli anni. Guarda l'NME, che allora era l'organo di informazione della new wave, cos'e' diventato: una selva di pubblicita' di telefonini e broadband. Pensa alle interviste nelle quali Green Gartside citava Gramsci e Derrida, Ian Curtis Herzog, Linder Sterling Man Ray, ecc. e confrontale con un'intervista dei Kaiser Chiefs che parlano solo di bere e scopare. Fermati a osservare le copertine di Pete Saville e la grafica Factory e fai un confronto con le orride copertine dei Maximo Park e degli Arctic Monkeys.

I migliori dischi di quegli anni suonano ancora oggi rivoluzionari, quelli di oggi sembrano gia' vecchi prima di uscire.