Food for thought
[World Food Cafe, Febbraio 2008]
Meraviglie del mail order: Sabato mattina mi e' arrivato un pacco di dischi partito da New York il 29 Febbraio. Me ne ero completamente dimenticato di quell'ordine, per cui aprire la scatola e' stata una vera e propria sorpresa.
Sono saltate cose fuori cose che non avevo nemmeno piu' idea di avere comprato. Molte ristampe, soprattutto di jazz e soul in varie combinazioni.
Gioiello della scatola direi che e' l'unico disco, uscito nel 1972 peraltro in edizione privata, inciso da un gruppo jazz blues di Boston chiamato Natural Food. Con i quali collaboro' brevemente anche un gigante di quel genere di musica, un allora giovane John Abercrombie.
Il disco si chiama come loro, e usciva autoprodotto per l'etichetta del tastierista Mait Edey, che si chiamava Seeds, Chissa', magari in onore al gruppo di Sky Saxon. La musica pero' non c'entra molto con quella degli psychedelici californiani. I Natural Food suonavano una specie di blues elettrico, non lontano anni luce da John Mayall e dai primissimi Fleetwood Mac. Con in piu' pero' una propensione per raffinatezze jazz, rappresentate dall'aggiunta in primo piano di sax alto e tenore in alcune tracce.
Album peraltro quasi interamente strumentale, tutto tranne tre tracce cantate da tale Latifah che si rifa' piuttosto apertamente a classici del vocalismo nero quali Bessie Smith e Ma Rainey.
Loro erano un po' bianchi e un po' neri, barbuti, con giacche e cappelli da mercatino e capelli incolti al punto giusto che piace a noi.
Non andranno da nessuna parte i Natural Food. Il loro disco rimarra' sepolto fino al 2007, quando, a 35 anni dalla sua genesi, la mai sentita prima Porter decide di ristamparne una manciata di copie.
Una si trova qui davanti a me, ci ha messo quasi due mesi ad attraversare l'Atlantico, ed e' un gran bell'acquisto, che consiglio.
Tempi difficili in tutti i sensi, non inizio nemmeno a raccontare, ma la musica e' come sempre al nostro fianco. E questa scalda il cuore.
[Natural Food]
Meraviglie del mail order: Sabato mattina mi e' arrivato un pacco di dischi partito da New York il 29 Febbraio. Me ne ero completamente dimenticato di quell'ordine, per cui aprire la scatola e' stata una vera e propria sorpresa.
Sono saltate cose fuori cose che non avevo nemmeno piu' idea di avere comprato. Molte ristampe, soprattutto di jazz e soul in varie combinazioni.
Gioiello della scatola direi che e' l'unico disco, uscito nel 1972 peraltro in edizione privata, inciso da un gruppo jazz blues di Boston chiamato Natural Food. Con i quali collaboro' brevemente anche un gigante di quel genere di musica, un allora giovane John Abercrombie.
Il disco si chiama come loro, e usciva autoprodotto per l'etichetta del tastierista Mait Edey, che si chiamava Seeds, Chissa', magari in onore al gruppo di Sky Saxon. La musica pero' non c'entra molto con quella degli psychedelici californiani. I Natural Food suonavano una specie di blues elettrico, non lontano anni luce da John Mayall e dai primissimi Fleetwood Mac. Con in piu' pero' una propensione per raffinatezze jazz, rappresentate dall'aggiunta in primo piano di sax alto e tenore in alcune tracce.
Album peraltro quasi interamente strumentale, tutto tranne tre tracce cantate da tale Latifah che si rifa' piuttosto apertamente a classici del vocalismo nero quali Bessie Smith e Ma Rainey.
Loro erano un po' bianchi e un po' neri, barbuti, con giacche e cappelli da mercatino e capelli incolti al punto giusto che piace a noi.
Non andranno da nessuna parte i Natural Food. Il loro disco rimarra' sepolto fino al 2007, quando, a 35 anni dalla sua genesi, la mai sentita prima Porter decide di ristamparne una manciata di copie.
Una si trova qui davanti a me, ci ha messo quasi due mesi ad attraversare l'Atlantico, ed e' un gran bell'acquisto, che consiglio.
Tempi difficili in tutti i sensi, non inizio nemmeno a raccontare, ma la musica e' come sempre al nostro fianco. E questa scalda il cuore.
[Natural Food]
Commenti
scrivi una guida (1/2 Lonely Planet, 1/2 Gambero Rosso) sui posti organic food di Londra
proposta 2:
scrivi una guida musicale, e/o un programma via web, per gestori dei posti di cui sopra. Quella che ti piacerebbe ascoltare mentre mangi il tuo org food a pranzo..
ciao
Auro
Quello che racconti ricorda molto il colpo di coda di Johnny Cash. Il blu e' il colore dominante anche qui. A me non comunica tristezza pero', ma un senso di distacco dal mondo e introspezione. Poi certo esistono sfumature di blu poco piacevoli, ma immergersi nel blu ogni tanto fa bene, si esce da quel blu rigenerati.
Gatta con gli stivali -
Che piacere! Ricambio l'abbraccio forte!
Auro -
Ecco qua i miei organic cafes vegetariani londinesi preferiti (gli indirizzi si trovano in Google):
1) Food for Thought (un classico che frequento da almeno 20 anni)
2) World Food Cafe (migliore per atmosfera)
3) The Place Below (squisito, ma essendo nella City un po' caro)
4) Govinda (economico e molto friendly)
5) Beetroot (buona scelta di piatti che puoi comporre come preferisci).
Adesso che mi ci fai pensare, nessuno di questi suona musica decente tranne Beetroot, che si trova in Berwick Street dove ci sono i negozietti di dischi (quelli rimasti). Una volta avevano un piccolo rack pubblicitario di Sister Ray, prima che Sister Ray si spostasse un po' piu' su.
Quando ancora compravo i dischi nei negozi, spesso mi fermavo a scambiare opinioni musicali con i ragazzi che servono da Beetroot, quasi tutti ben informati. Ora che compro quasi tutto via mail order mi capita molto meno spesso ed e' un peccato.
JC
Invece, lunga vita a Sounds of the Universe, che per me resta l'unica ragione per frequentare ancora Berwick Street (in realta' e' in una parallela, ma non sottilizziamo).
Eccellente l'idea di una honeymoon a Londra. A volte provo a vedere questa citta' attraverso gli occhi di chi viene qui in vacanza, e la vedo bellissima. La vita vera e' un'altra cosa, e io con gli inglesi riesco a scontrarmi su tutto, sono diventato piuttosto insofferente alla loro chiusura.
Esiste pero' una Londra internazionale che e' un gran divertimento, come un Erasmus che dura tutta la vita.
comunque ricordo una giornata intera o giĆ¹ di lƬ passata alla Tate modern...
g.
E, che tu sappia, esiste ancora l'Heather's cafƩ-bistro (190 Trundleys Road Deptford SE 8)? Era un "all you can eat" vegetariano e vegan.
E, giĆ che ci siamo, ci sono ancora i mercatini di Sclater Street e Cheshire Street (a Brick Lane), le librerie Skoob Books (17 Sicilian Avenue, angolo Southampton Row) e Dillon's, e i negozi di dischi These (in Brook Drive), Music & Video Exchange (a Notting Hill Gate), Ray's Jazz (in Shaftesbury Ave.), Mole Jazz (311 Gray's Inn Road) e Minus Zero (in Blenheim Crescent)?
Ciao
a
Stand Out/Minus Zero (due negozi in uno, l'ex Plastic Passion degli anni ottanta) ĆØ ancora vivo e vegeto.
Sempre in zona (a parte gli "ovvi" e eccellenti Rough Trade West e Honest John's) da non perdere ĆØ Intoxica (in Portobello Road) per la fantastica scelta di vinile d'epoca e attuale.
Record & Tape Exchange (come si chiamava una volta) esiste ancora ma ĆØ anni che non ci metto piede.
Rimpiangero' sempre invece Vinyl Solution in Hereford Road (morto tanti anni orsono) ed i Barracudas che - da commessi - mi vendevano i vinili originali degli Standells e degli Shadows Of Knight mentre la TV diffondeva in diretta le immagini del Live Aid e noi si ascoltava Nuggets a tutto volume!
L'usato era a livelli validi...
JC
(consiglio a riguardo "Il vento fa il suo giro", film riscoperto ad un London Film Festival...credo)
JC Marzullo
Si', qualla Londra direi che non c'e' piu'. Mi raccontava il mio amico Marco di un dialogo avuto anni fa con Tiberio Longoni, uno dei primi punk milanesi, poi chitarrista dei Peter Sellers, il quale gli disse che non vivrebbe mai a Londra oggi. E' proprio un'altra citta' rispetto a quella di allora. Quella Londinium vive nella nostra memoria.
Un'altra cosa che mi ha colpito e' una dichiarazione di Don Letts. Ti ricordi quando i punk affermavano Never trust anyone above 30? Don Letts oggi dice che lui non si fida piu' di nessuno sotto i 30. Troppo spoilt, troppo viziata questa generazione.
E' cambiato tutto, completamente.
Alessandro -
Fantastico commento il tuo, che ci permette di ricostruire quella Londra.
Allora. Il Paprika Vegetarian Cafe fu uno dei primi vegetariani che nacquero in una piazzetta dell'allora povera zona di Covent Garden. Ad aprire in quella piazzetta il primo caffe' vegetariano e la prima alternative therapy room fu un ragazzo ex-hippy che passo' un periodo della sua vita a San Francisco facendosi venire eccellenti idee. Si chiamava Nicholas Albery e io lui non l'ho mai conosciuto perche' mori' appena prima che mi trasferissi a Londra, ma ho parlato spesso di lui con sua moglie (che una volta mi invito' pure a mettere i dischi in un loro garden party).
La piazzetta da allora e' cambiata molto. Ha aperto e poi chiuso un Rough Trade. In fondo, dove la piazzetta si stringe c'era una panetteria alternativa che serviva zuppe deliziose e che da alcuni anni ha chiuso.
Il Paprika Cafe' adesso mi pare si chiami Neal's Yard Cafe, e non e' affatto un gran che: e' diventato turistico e ha alzato i prezzi. Nella piazzetta resta eccellente solo il World Food Cafe'.
L'Heather's Cafe' Bistrot non lo conosco, e del resto non sono mai stato a Deptford.
I mercatini che dici ci sono ancora. Cheshire Street si e' totalmente trasformata negli ultimi anni. Ogni porta e' diventata un piccolo negozietto di moda. Il meglio del meglio si chiama Labour and Wait, che vende di tutto purche' sia di vecchio design e materiali: tazze di metallo, maglioni delle isole, vecchie scope di saggina, cose cosi'. Resta uno dei piu' bei negozi di Londra. Sara' 15 metri quadrati a essere generosi.
Skoob Books prima ha chiuso, e poi si e' trasferita un po' piu' su, dalle parti del Renoir, nel cuore di Bloomsbury. Credo che abbia riaperto proprio quest'anno.
Dillon's ha venduto alla catena inglese Waterstone.
These mi pare abbia chiuso pure lui. Prima che chiudesse dovevi telefonare al tipo e apriva il negozio per te. Certo che pure lui ce l'aveva messa tutta per trovare una zona sfigata! In piu' si faceva vanto di non avere un'insegna!
Music & Video Exchange si e' moltiplicato, sempre a Notting Hill, e vivacchia come allora, con direi gli stessi clienti, ageing.
Ray's Jazz ha chiuso e poi si e' spostato all'interno di Foyles in Charing Cross Road. E' in un angolo del caffe' all'interno della libreria. L'atmosfera resta piuttosto unica.
Mole Jazz pure lui mi pare vivacchi, vicino a King's Cross dov'era allora, ma non ci passo da secoli.
Su Minus Zero ti ha risposto Marco qui sopra.
Marco -
L'unica cosa che aggiungerei e' che i negozi che dici sono mese dopo mese un po' piu' vuoti. L'ultima volta che sono stato a Honest Jon's, un Sabato pomeriggio!, ero l'unico cliente. I commessi si guardavano attorno annoiati.
JC -
Siamo tutti stranieri, ma ti rendi a volte conto che per qualcuno diventa una categoria per dividere il mondo, e questo a volte diventa un po' pesante. Stando all'estero capisci davvero un sacco di cose. E stiamo parlando di un'immigrazione volontaria, con tutti i comfort. Pensa a quelli che scappano da guerre e carestie. It's a beautiful world, but very very sad.
Deana -
Si' pero' a volte quando torno in Italia noto il fenomeno opposto: qui va tutto male e all'estero invece!
Sulla malinconia della Londra di questi tempi mi trovi terribilmente d'accordo.
Rough Trade di Covent Garden in realtĆ ha chiuso soltanto il punto vendita, e - come sai bene - si ĆØ trasferito a Brick Lane, conservando tutti i posti di lavoro che aveva prima e assumendo nuove persone.
Ora - sono d'accordo con te - che RT di oggi non ĆØ quello di 30 anni fa, ma resta un faro nel deserto. Uno dei pochi posti con i commessi gentilissimi, pronti a consigliarti ed a trasmettere il loro entusiasmo. Io, per citare esempi recentissimi, ho scoperto grazie a loro Marissa Nadler nel 2004 e James Blackshaw lo scorso anno.
Spero che tu continuerai imperterrito ad andare da Honest John's e dagli altri che meritano la tua fiducia (Other Music in primis e sopra tutti), anche se sarai il solo avventore. E' soltanto cosi' che i migliori sopravviveranno, senza farsi stritolare dalle mega corporation on-line, imbattibili sulla leva prezzo.
E' totalmente un'altra citta'. La componente internazionale pero' e' un po' unica al mondo. A me piace parecchio quella. Del mio rapporto con i locali preferisco parlare un'altra volta :)
Marco -
Razionalmente ti do mille ragioni, emozionalmente a me Rough Trade East lascia freddo. Trovo paradossalmente che abbiano pochi dischi. Oggi il supremo negozio di dischi e' Other Music di New York. Gli altri seguono, ma a distanza. Direi che la mia classifica mondiale oggi potrebbe essere:
1) Other Music, NY (punti: 100!)
2) Dusty Groove, Chicago (punti: 60)
3) Sounds of the Universe, Londra (punti: 50)
4) Honest Jons, Londra (punti: 40)
5) Rough Trade, Londra (punti: 10).
Anche perche' uno dei piatti della foto ĆØ finito nella mia panza e con sommo gradimento.
Gran sproloquio per segnalare ai londoners che su http://www.smartplanet.com/ ci sono anche recensioni dei ristoranti bio. Gamma alta, pero'. Roba piĆ¹ da Gambero Rosso che da Lonely Planet.
Pero', sappiatevelo, sono carnivoro. Nessuno ĆØ perfetto.
Grazie per l'indicazione del sito. Sull'alto di gamma imbattibile per me e' il Gate di Hammersmith. Invece deludente Manna di Primrose Hill, che tutti decantano e mi ha deluso ben due volte.