I will survive
Tutte le volte che torno in Italia cerco di ritagliarmi un paio d'ore per godermi un bel film italiano. Questa volta sono andato a vedere L'uomo che verra', di Giorgio Diritti, regista che qualche anno fa aveva diretto quel piccolo capolavoro che era Il vento fa il suo giro.
Quello di Diritti e' cinema che ricostruisce nei dettagli ambienti sociali, prima ancora che storie, e in quegli ambienti ci permette di entrare, di farne esperienza diretta, come se di quelle comunita' fossimo parte in prima persona e ne condividessimo gesti e rituali quotidiani.
E se nei suoi film a esplodere sono spesso emozioni negative collettive, la redenzione individuale nelle sue storie resta comunque possibile, se si ha il coraggio di esplorare strade personali e di affrontare rischi. In questo senso, quello di Diritti mi sembra cinema importante, per questa sua capacita' di mettere al centro della scena il tema della responsabilita' individuale nei confronti della collettivita', l'agire socialmente responsabile. Un agire complesso, rischioso, con conseguenze spesso incalcolabili.
Non ci sono eroi nel cinema di Diritti: solo persone come noi, che diventano protagoniste di un agire che puo' essere terribile quanto salvifico, per se' e per tutti gli altri.
Film diversi i suoi, ma che hanno in comune domande alle quali dare una risposta e' molto, molto difficile. Come per esempio, quale sia il senso del nostro essere uomini e come sia possibile realizzare noi stessi in armonia con le comunita' delle quali facciamo parte, per scelta o per necessita'.
Il vento fa il suo giro resta tutto sommato un film piu' originale, con una tematica piu' attuale (e paradossalmente moderna) rispetto a L'uomo che verra'. E pero', nella differenza, anche temporale, dei temi (Il vento fa il suo giro racconta la storia ambientata nel presente di una famiglia che fugge dalla civilta', mentre L'uomo che verra' ricostruisce la strage di Marzabotto) colpisce il linguaggio tutto sommato simile delle due pellicole.
Quello di Diritti e' cinema che ricostruisce nei dettagli ambienti sociali, prima ancora che storie, e in quegli ambienti ci permette di entrare, di farne esperienza diretta, come se di quelle comunita' fossimo parte in prima persona e ne condividessimo gesti e rituali quotidiani.
E se nei suoi film a esplodere sono spesso emozioni negative collettive, la redenzione individuale nelle sue storie resta comunque possibile, se si ha il coraggio di esplorare strade personali e di affrontare rischi. In questo senso, quello di Diritti mi sembra cinema importante, per questa sua capacita' di mettere al centro della scena il tema della responsabilita' individuale nei confronti della collettivita', l'agire socialmente responsabile. Un agire complesso, rischioso, con conseguenze spesso incalcolabili.
Non ci sono eroi nel cinema di Diritti: solo persone come noi, che diventano protagoniste di un agire che puo' essere terribile quanto salvifico, per se' e per tutti gli altri.
Film diversi i suoi, ma che hanno in comune domande alle quali dare una risposta e' molto, molto difficile. Come per esempio, quale sia il senso del nostro essere uomini e come sia possibile realizzare noi stessi in armonia con le comunita' delle quali facciamo parte, per scelta o per necessita'.
Commenti
Chissa' se li fanno leggere ancora nelle scuole, immagino proprio di no. Poi ci si stupisce se i giovani italiani di fronte a un tentativo di ragionamento sulla disoccupazione fischiano scomposti e mandano i messaggini che vogliono sentire Pupo.
Nel film di Diritti si respira un'Italia semplice e bellissima, che lottava per liberarsi dalla dittatura e di quella stessa gente che invece gli italiani di adesso votano felici.
Qualche giorno fa a Milano ho visto una scritta su un muro. Diceva: Mentre leggi Berlusconi te mette nel culo.
Neanche una scritta come quella pero' sembra svegliare le coscienze.
Un film a suo modo attualissimo.
Ho visto "Il vento fa il suo giro" e mi sono sentito davvero parte di quel posto, di quel momento...
Spero che prima o poi "L'uomo che verrĆ " venga programmato anche qui nella sperduta provincia di Imperia! :-)
A questo proposito, la differenza tra digitale e pellicola mi sembra si sia assottigliando sempre piu': mi pare di capire che anche i film girati in pellicola poi vengono ripuliti con procedure digitali (ma non sono un tecnico, ripeto a pappagallo cose che lessi tempo fa, magari non piu' valide).
E invece il fascino dei vecchi film sta proprio nei granelli di polvere e nel montaggio meno che perfetto.
Qualche mese fa ero al Cine Lumiere, il cinemino dentro l'Istituto Culturale Francese, e durante la proiezione si e' strappata la pellicola.
Mi sono quasi commosso.
L'uomo che verra' l'ho visto anch'io all'Anteo, sala 100. Resta una tappa fissa dei miei ritorni milanesi. Tra l'altro ho lavorato nella tua zona, ma lavorato troppo, al punto che non sono riuscito a chiamarti per berci un te' insieme, e mi e' spiaciuto.
Certo che uscire dalla metro di Porta Garibaldi fa abbastanza paura, dalle tue parti sta nascendo una citta' del tutto nuova e un po' inquietante.
Se hai nostalgia degli imprevisti anni '70 passa dalle mie parti :)
Un caro saluto
La luce che non si spegne pero' mi fa schiantare. Vedere un film con la luce accesa dev'essere un po' come (omissis) in piena luce :)
Non sapevo frequentassi ancora questi lidi Sole, mi fa troppo piacere, un abbraccio.
Proprio per questo va visto, per la straziante umanita' che esce dallo schermo e ti prende alla gola.
E' importantissimo non dimenticare, specie in questo cupo, abissale momento storico per il nostro Paese.