He must be in a good place now

Saw a butterfly and I named it after you
Your name has such a pleasant sound
Love is all around and all I see is you
I must be in a good place now.


L'ascolto di musica mi e' sempre apparso come un fenomeno stagionale. Ascoltare i Godspeed You Black Emperor in una fredda notte invernale di pioggia e Lee Perry in un assolato pomeriggio estivo sono esperienze fantastiche, ma provate a fare il contrario.

La primavera e' la stagione giusta per tirare fuori dagli scaffali questo immenso classico dimenticato, l'esordio di Bobby Charles, anno di grazia 1972.

Bobby Charles, che nell'indifferenza generale e' partito pure lui per l'Engadina a Gennaio di quest'anno, era un cantautore originario della Louisiana. Se non l'avete mai sentito, immaginate tipo un incrocio tra John Martyn e Randy Newman, addolcito da un tocco di Gram Parsons.

Il suo primo album si trova tra i forati che non vuole proprio piu' nessuno, a 3 sterline e 99. L'etichetta che l'ha ristampato qualche anno fa e' la Rhino. Ed e' un capolavoro assoluto.

Su tutto l'album brilla come un diamante una delle piu' commoventi e ispirate canzoni d'amore mai scritte, la toccante I must in a good place now, ripresa un qualche anno fa in modo magistrale dai magnifici Vetiver.

I must be in a good place now e' una di quelle canzoni che ti mettono in pace con te stesso, con il mondo, con la vita. L'ascolti, ti commuovi, e pensi a quanto amore bisogna avere dentro per scrivere una canzone cosi' infinitamente emozionante.

Ringrazi il cielo per averti fatto incontrare un disco cosi' armonico sulla tua strada, e pensi al vecchio Bobby che sicuramente suona la sua chitarra in un buon posto ora, circondato da angeli che gli sorridono, rapiti dalla sua deliziosa musica.

Commenti

hrundi v. bakshi ha detto…
...i forati che non vuole proprio piu' nessuno....sorrido!...ne posseggo,non tanti ma ce n'ĆØ!
i vinili pinzati e i cd forati, ho quasi la tentazione di fare un rastrellamento per vedere chi ĆØ stato marchiato ignobilmente
Fabio ha detto…
Mi rendo conto rileggendomi dopo aver letto il tuo commento, di essere davvero rimasto all'eta' della pietra.

Mi piacerebbe vedere che faccia farebbe un ventenne di oggi di fronte alla nostra passione per i forati, ammesso che sappia di cosa stiamo parlando.

Qualche giorno fa con alcuni amici si parlava del fatto che, ammesso che si sia rimasti giovani, siamo comunque giovani della nostra generazione (con la passione per i dischi, i libri, il cinema visto al cinema, un'invincibile intolleranza per tempi lunghi passati davanti al computer, per Facebook, ecc.) non certo di questa.

Ne prendo atto, serenamente, e torno ad ascoltare i miei polverosi forati, a me assai piu' cari di qualsiasi download.

A me, il tempo che passa piace, non ci posso fare nulla.
The Music Is Inside ha detto…
Sarebbe davvero auspicabile che il capolavoro di Bobby Charles fosse ristampato anche in vinile.
Se si ha la fortuna di trovare l'originale LP USA su Bearsville (in perfette condizioni), forato o meno, la valutazione corrente e' di 80-100 dollari circa.
Oggi (ed e' l'edizione che citi tu) e' reperibile solo in CD grazie alla benemerita Rhino (UK) che lo ristampo' nel 2008 all'interno della propria collana "Encore".
Ma, alla fine, e' davvero nulla l'importanza del formato (vinile/CD/DL) se - anche una sola persona in piu' - si accosta a questo classico.
Un album senza tempo da ascoltare in silenzio e amare profondamente.
Fabio ha detto…
La mia filosofia la conosci Marco: piu' formati ci sono e meglio e': vinile, CD, download, cassette, stereo8, nastri Revox, 78 giri... Let's change the world with music!
Anonimo ha detto…
mi ricordo che c'erano diversi tipi di forati: quelli col buchino tondo in alto a sinistra; la fessurina verticale tipo bunker, anche in basso; l'angolo che mancava proprio, di solito anche qui in alto, destra o sinistra. E poi, mi ricordo dei box in cartone dei cd americani per farli "risaltare" negli espositori, durati poco perchĆØ - suppongo - costosi assai.

amarcord...

JC Fursaxin' in the rain
Fabio ha detto…
Mi ha fatto tutta una dotta disquisizione sul tema Marco Reina, autorita' in fatto di collezionismo, passeggiando al parco Domenica scorsa.

I termini tecnici, ho imparato, sono: saw cut (taglio come di sega sulla copertina), corner cut (uno degli angoli zappato via), e il buchino come si chiama tecnicamente non me lo ricordo proprio piu' e chiedo a Marco lumi se passa di qui (lo so, lo so, non c'e' nessuna soddisfazione a insegnare alcunche' a uno smemorato come il sotrtoscritto).

I box in cartone me li ricordo come un incubo, perche' una parte era vuota e mi capitava sempre di schiacciarla (quando i CD costavano come gioielli di Tiffany).

Anche qui pioggia e pioggia...
The Music Is Inside ha detto…
Chiamato in causa, rispondo con piacere al tuo invito (a nozze).
La pratica della "foratura" e' detta tecnicamente "cut out" (laddove il taglio e' indicativo del fatto che i dischi vengono messi "fuori catalogo").
Ricordi benissimo (non e' affatto vero che non hai memoria!) cio' che ti ho detto sul "saw cut" e sul "corner cut"; il "buchino" si chiama "punch hole".
Sui box in cartone, poi, aggiungo che erano stati creati con l'intento (espositivo, come scrive JC) di poterli mettere la' dove una volta stavano i vinili. Infatti, se ancora ne avete in casa e andate a misurarne il lato lungo, vedrete che sono gli stessi centimetri di un LP.
Due "long box" messi uno di fianco all'altro andavano a riempire lo spazio fino ad allora occupato da un album in vinile, consentendo al dettagliante USA di non dovere sostituire l'allestimento originario del proprio negozio ma, semplicemente, di togliere i vinili per far spazio ai "dischi d'argento".
Come scrivi tu Fabio, erano un incubo, e - ben presto - si preferi' rifare il layout dei negozi per accomodare i nuovi arrivati, spogliati del loro superfluo involucro cartaceo esterno.
Fabio ha detto…
Grazie per la ripetizione a questo incostante studente, Marco :)

Tra l'altro il ritorno del vinile dev'essere una pacchia anche per i falegnami :)
Andrea ha detto…
l'idea di ascoltare la musica giusta nella stagione sbagliata mi fa venire in mente un fantastico sito http://www.gothsinhotweather.com/

dura essere diversi nel solleone...
Fabio ha detto…
Dura essere diversi, sempre.

Peraltro mi e' capitato di andare in un posto che ameresti alla follia, venerdi' scorso.

E' un oratorio cattolico di Somers Town (per i lettori non londinesi: distesa di casermoni popolari tra King's Cross e Camden Town), dove suonava Vic Godard.

Il pubblico era strepitoso: mod, rockers, punk attempati, ogni sorta di marginale sociale che ti possa venire in mente.

Vic Godard e' salito sul palco senza cambiarsi, con la divisa della Royal Mail (ricordo che Godard fu tra gli inventori del punk: suono' al 100 Club nel Settembre 1976 con Clash e Pistols. E oggi fa il postino al mio ufficio postale locale, qui a Clerkenwell).

Finito il concerto si e' tolto la maglietta della Royal Mail, si e' asciugato il sudore con quella, e poi se l'e' rimessa come se nulla fosse.

Musica per tutte le stagioni, il punk.