Qualche tempo fa, al termine dell'anno scolastico, la mia amica G. mi parlava di sua figlia, F., che fa la terza elementare, tutta contenta per la sua pagella. Tutti 9 e 10, solo un 8, in disegno... Pure 10 in condotta.
Sapendo che F. e' una bambina molto vivace e ciarliera, le ho chiesto come fosse possibile che sia uscita con 10 in condotta.
La spiegazione e' bellissima. G. ha detto che la maestra, se un bambino e' molto composto, educato, si comporta bene, ecc., gli ha dato come voto massimo 9. Il 10, l'eccellenza, lo ha riservato solo ai bambini, anche quelli un po' vivaci, che sono sempre disponibili ad aiutare gli altri, i compagni meno bravi di loro.
Pare che a un certo punto, a meta' dell'anno scolastico, la maestra abbia assegnato a F., come compagno di banco, un bambino problematico, A., di incontenibile vivacita' e non particolarmente brillante. E che F. se ne sia presa carico, dandogli continui consigli e aiuti. Al punto che A. in pochi mesi e' cambiato: si e' integrato nella classe, ha migliorato i propri voti e il proprio comportamento.
G. mi ha detto che F. era ogni giorno piu' felice nel vedere che A. arrivava a scuola con i compiti fatti, stava al suo posto, era piu' ordinato, seguiva quello che diceva la maestra. Ne parlava spesso arrivata a casa, prima ancora di parlare di se stessa.
Un 10 in condotta meritatissimo. Bravissima F., e brava la maestra che ha usato per la sua valutazione un criterio di solidarieta', volto a introdurre nella societa' del futuro valori di uguaglianza e aiuto ai componenti meno fortunati.
Commenti
Questo racconto mi ha fatto tornare alle medie e superiori. Io ero un F. (ancora adesso in realtà), se non che il mio voto in condotta è andato via via calando.
Il 10 lo prendevo solo alle elementari, quando ero un bambino timido ed estremamente fiducioso, tanto da essere stato succube del mio compagno di banco per quasi tutti i cinque anni. Liberatomi del mio aguzzino, alle medie ho cominciato ad attirare la presenza degli A. della classe, con i quali tessevo amicizie vere ed intense. Attiravo anche gli sberleffi dei bullotti, ai quali rimanevo indifferente. Stessa roba alle superiori. Però, dalle medie in poi, con l'età cresceva anche l'esuberanza ed una certa inclinazione ad infrangere le regole. Così il mio voto in condotta si abbassava, con mia grande soddisfazione, devo ammettere, e si allargava il mio giro d'amicizie, formato da tutte le lettere dell'alfabeto.
Credo che sia questa la forma di alfabetizzazione che più vada insegnata, incoraggiata e stimolata nelle scuole. Anche riconosciuta con un 10 in condotta, purché sia ben chiaro che non si tratta di un premio, di un trofeo o di una medaglia della quale i tanti F. debbano stimarsi. L'amicizia e l'empatia non devono portare all'antagonismo.
Diverso e' se ti danno la medaglia del 10 in condotta perche' sei stato seduto al tuo banco e hai alzato la mano prima di parlare, oppure se quella medaglia ti viene consegnata a fronte di un comportamento ispirato da valori di solidarieta' e partecipazione.
In una societa' come quella che abbiamo attorno, a me quello della maestra di F. sembra un comportamento davvero rivoluzionario: non sei bravo se ti affermi individualmente, ma se con le tue capacita' fai progredire la comunita'. Altrimenti, per quanto intelligente tu sia, vali poco.
E fai molto bene a parlare di integrazione, alfabetizzazione diffusa, laddove le lettere dell'alfabeto hanno tutte valore, nella misura in cui contribuiscono a formare parole, frasi, un linguaggio condiviso.
Non devi scusarti per la lunghezza. Il tuo intervento e' articolato e pensato, e ne vorrei ricevere tanti cosi'. (O pochi, ma insomma, tutti cosi').
Accidenti, hai ragione, ho pensato da grande. E' vero, per loro la medaglia ha un valore diverso.
Condivido pienamente il pensiero della maestra di F. che, come dici tu, è davvero rivoluzionario.
Ciao Fabio, buon fine settimana. A presto!