Kath Bloom, Cafe Oto
E' una serata gia' un po' autunnale qui a Londra. Quale atmosfera migliore per andare a recuperare i malinconici dischi incisi da Kath Bloom insieme a Loren Connors a cavallo tra anni '70 e '80.
Kath Bloom che ho visto qualche sera fa al Cafe Oto di Dalston, in quello che e' stato un concerto che mi e' davvero rimasto nel cuore. Sapete quando tutto vi appare perfetto.
Il locale: il Cafe Oto e' un piccolo caffe' ubicato in una stradina di quartiere, piacevolmente lontano dal centro citta' chiassoso (e comunque per me molto comodo: da Clerkenwell passano ben due autobus che mi portano a Dalston in un quarto d'ora). Il piccolo palco e' illuminato da luci calde e soffuse, e circondato da seggioline che puoi spostare dove preferisci sederti.
Il pubblico: colto, competente, silenzioso, concentrato, in leggera prevalenza femminile, un po' tutto tra i 30 e i 40. In numero giusto per la dimensione del caffe'.
Il gruppo di supporto: i giovani newyorkesi (fratello e sorella) This Frontier Needs Heroes, interpreti di un folk - americana sospeso da qualche parte tra Bob Dylan e Joni Mitchell. Intensi musicalmente, ma freschi e simpatici nei loro coinvolgenti raccontini tra un brano e l'altro. Molto migliori dal vivo che su disco, tra l'altro.
La musica suonata mentre Kath Bloom si preparava a salire sul palco: l'album Bless the weather di John Martyn, suonato quasi integralmente).
E poi naturalmente lei: leggenda di un folk crepuscolare, sincero e fragile fino alle sue estreme conseguenze. Poverissimo, come quello che suonava Dylan nel Village. Ascolto essenziale per la formazione compositiva delle nostre folk-singers preferite di adesso (Josephine Foster, Alela Diane, Joanna Newsom, Meg Baird...) ma non solo: anche di Bill Callahan, Mark Kozelek, Devendra Banhart.
Fuori dal tempo, eppure fondamentale per affrontare il nostro, di tempo, e ristabilire priorita'. Di sconcertante naturalita' Kath Bloom, con la chitarra a tracolla, che su di lei sembra enorme, l'armonica appesa al collo, e quella voce che sempra sempre sul punto di andare in mille pezzi.
Le sue canzoni sanno evocare nostalgia di luoghi e tempi: alcuni dei quali mai visitati ne' vissuti, ma profondamente vivi dentro di noi.
Un po' brusco il risveglio, purtroppo. Aspetto l'autobus con impazienza, tra la folla schiamazzante che passa in grandi gruppi davanti alla stazione dell'overground. Il sabato sera e' in pieno svolgimento, e mi accorgo che vorrei essere lontanissimo, in tempo e geografia.
Kath Bloom che ho visto qualche sera fa al Cafe Oto di Dalston, in quello che e' stato un concerto che mi e' davvero rimasto nel cuore. Sapete quando tutto vi appare perfetto.
Il locale: il Cafe Oto e' un piccolo caffe' ubicato in una stradina di quartiere, piacevolmente lontano dal centro citta' chiassoso (e comunque per me molto comodo: da Clerkenwell passano ben due autobus che mi portano a Dalston in un quarto d'ora). Il piccolo palco e' illuminato da luci calde e soffuse, e circondato da seggioline che puoi spostare dove preferisci sederti.
Il pubblico: colto, competente, silenzioso, concentrato, in leggera prevalenza femminile, un po' tutto tra i 30 e i 40. In numero giusto per la dimensione del caffe'.
Il gruppo di supporto: i giovani newyorkesi (fratello e sorella) This Frontier Needs Heroes, interpreti di un folk - americana sospeso da qualche parte tra Bob Dylan e Joni Mitchell. Intensi musicalmente, ma freschi e simpatici nei loro coinvolgenti raccontini tra un brano e l'altro. Molto migliori dal vivo che su disco, tra l'altro.
La musica suonata mentre Kath Bloom si preparava a salire sul palco: l'album Bless the weather di John Martyn, suonato quasi integralmente).
E poi naturalmente lei: leggenda di un folk crepuscolare, sincero e fragile fino alle sue estreme conseguenze. Poverissimo, come quello che suonava Dylan nel Village. Ascolto essenziale per la formazione compositiva delle nostre folk-singers preferite di adesso (Josephine Foster, Alela Diane, Joanna Newsom, Meg Baird...) ma non solo: anche di Bill Callahan, Mark Kozelek, Devendra Banhart.
Fuori dal tempo, eppure fondamentale per affrontare il nostro, di tempo, e ristabilire priorita'. Di sconcertante naturalita' Kath Bloom, con la chitarra a tracolla, che su di lei sembra enorme, l'armonica appesa al collo, e quella voce che sempra sempre sul punto di andare in mille pezzi.
Le sue canzoni sanno evocare nostalgia di luoghi e tempi: alcuni dei quali mai visitati ne' vissuti, ma profondamente vivi dentro di noi.
Un po' brusco il risveglio, purtroppo. Aspetto l'autobus con impazienza, tra la folla schiamazzante che passa in grandi gruppi davanti alla stazione dell'overground. Il sabato sera e' in pieno svolgimento, e mi accorgo che vorrei essere lontanissimo, in tempo e geografia.
Commenti
Sono assai piu' selettivo di prima pero'.
Alessandro -
La foto risale alla fine degli anni '70. Oggi la signora Bloom dimostra tutti i suoi anni, molti dei quali trascorsi come single mother in assoluta poverta'.
E' una donna minuta, con i capelli stopposi e jeans comprati al mercato, stando attenta a scegliere quelli piu' economici possibili.
Ma quando imbraccia la chitarra e soffia nella sua armonica ti rendi conto che e' proprio quella sua estrema poverta' estetica a renderla unica.
In questi anni di immagine e superficialita', ascoltare Kath Bloom secondo me acquista un significato politico profondo. Il folk e' musica esteticamente povera. Ma chi sa ascoltare la musica folk sa anche qual e' la vera ricchezza.
io posseggo soltanto Terror: frequentato poco, ci devo senz'altro tornar sopra.
Certo, fosse la mia vita un filo meno concitata... ma lo sarĆ presto.
xoxo
JC "creaky knees"
Spero la tua vita sia concitata in senso buono, ma spero anche io la sia un po' meno cosi' ogni tanto ti ricordi il richiamo dell'Engadina :)