VV. AA.
Aimer et perdre: songs, 1917 - 1934
Tompkins Square
2012
Ascolto per l'ennesima volta questo doppio volume, pubblicato dalla sempre eccellente Tompkins Square, mentre mi preparo a uscire (merenda a Islington, cena a Brixton) in una domenica deliziosa, 27 gradi, cielo azzurro tersissimo.
Non esiste una raccolta piu' adatta di questa per una bella domenica. Certo, c'e' struggimento in questi 78 giri, ispirati dalla perdita dell'amore, ma anche un gran desiderio di gettarsi la tristezza alle spalle, ricominciando a vivere con ottimismo.
Mette insieme cajun, musica delle orchestrine di immigati ucraini che rallegravano matrimoni di campagna, valzer e klezmer frenetici eseguiti da piccoli gruppi di polacchi poverissimi, danze gitane: l'America minore, proprio quella che piace a noi, genuina e fragrante.
Copertina disegnata da Robert Crumb, libretto di 60 pagine: per me, uno degli eventi dell'anno.
Aimer et perdre: songs, 1917 - 1934
Tompkins Square
2012
Ascolto per l'ennesima volta questo doppio volume, pubblicato dalla sempre eccellente Tompkins Square, mentre mi preparo a uscire (merenda a Islington, cena a Brixton) in una domenica deliziosa, 27 gradi, cielo azzurro tersissimo.
Non esiste una raccolta piu' adatta di questa per una bella domenica. Certo, c'e' struggimento in questi 78 giri, ispirati dalla perdita dell'amore, ma anche un gran desiderio di gettarsi la tristezza alle spalle, ricominciando a vivere con ottimismo.
Mette insieme cajun, musica delle orchestrine di immigati ucraini che rallegravano matrimoni di campagna, valzer e klezmer frenetici eseguiti da piccoli gruppi di polacchi poverissimi, danze gitane: l'America minore, proprio quella che piace a noi, genuina e fragrante.
Copertina disegnata da Robert Crumb, libretto di 60 pagine: per me, uno degli eventi dell'anno.
Commenti
Ci racconti cos'è successo? Il perché di questo ritorno alle origini?
Sto male perche' vivo in un luogo che non mi rappresenta, ah se vivessi tra le montagne svizzere e tutte le mattine mi facessi il muesli con il latte appena munto che bello sarebbe, ecc.
Il fatto e' che spesso il problema e' un altro. Trasferirlo, aiuta, costruisce una narrazione possibile, che pero' spesso possibile non e'.
Poi c'e' anche un'altra ragione.
Sto riflettendo su quello che i blog sono diventati, terminata la fase della maturita' ed essendo iniziata la vecchiaia di questo linguaggio.
Trovo che i blog siano un po' ritornati bambini, come accadra' a ciascuno di noi, o almeno a coloro che avranno la fortuna di invecchiare.
Scrivi davvero perche' hai delle cose che vuoi dire, dei pensieri che vuoi collezionare, che desideri non vadano perduti.
Non, quindi, perche' ti aspetti che qualcuno commenti. E' tornato quello che era, London Calling: un messaggio in bottiglia.
Non ho idea di chi questi miei scritti li legga. Le statistiche dicono di una media di 50 visitatori unici giornalieri e 80 pagine scaricate ogni giorno, ma non so di chi si tratti: se chi passa di qui mi conosce personalmente o capita qui per caso.
Potrei saperlo con qualche analisi di dettaglio dei dati di Shinystat, ma non ho proprio tempo.
(continua)
Forse un giorno seguiro' quella strada. Non lo faccio perche' parlare in Facebook dei Salmi del pentimento di Schnittke e dei canti dei trovatori provenzali, tra foto di feste e vacanze, mi imbarazzerebbe un po'. Mentre qui mi sento libero di farlo.
Ma vedremo cosa succedera', magari cambiero' idea, e conoscendomi lo sai che non mi faccio problemi in tal senso :)
fotosensibile non l'ho chiuso, per me è in standby, potrebbe starci anche per sempre, chissà (soprattutto se mi ostino a far scadere la casella di posta dell'account).
Per me era inizialmente uno spazio libero in quanto anonimo, ma ormai l'anonimato in rete è assai difficile. Quello che posso dire con nome e cognome, come sai, lo dico altrove. Il resto per ora lo taccio, anche se ho avuto la tentazione di aprire altri spazi anonimi.
Il tuo blog mi pare che mantenga intatta la sua ragion d'essere.
Mi sono spesso domandato le ragioni dell'esodo di massa dallo spazio libero e creativo dei blog a quello assai piu' controllato di Facebook.
Facebook a me pare un'enorme cacofonia di linguaggi, un luogo rumoroso e affollato che si aggiunge ai luoghi rumorosi e affollati della vita reale: la metropolitana, le vie del centro, ecc.
Quando vi accedo leggo pensieri superficiali, vedo foto insignificanti, litigi, grafica brutta e omologata.
Pero' probabilmente c'e' qualcosa che non colgo, perche' le dimensioni del fenomeno mi danno sicuramente torto.
Qui nel blog mi piacerebbe un po' di partecipazione in piu' forse.
Ma in fondo va bene cosi'. Questo e' un quadernetto personale. Appunti che mi servono per preparare i programmi alla radio, e che mi fa piacere condividere.
Se qualcuno oltre a me li trova utili, bene. Se lo vuole scrivere mi fa enorme piacere, ma altrimenti va benissimo lo stesso.
Facebook è uno spazio per tutti. Per tutti quelli che “vogliono esserci” e soprattutto farlo sapere, al maggior numero di persone possibili, pur avendo spesso solo cose banali da dire. Uno spazio che possono occupare anche quelli che vanno di fretta, oppure che non hanno altro da fare, ma, quel poco, non riescono a farlo meglio perché non hanno un particolare gusto estetico né alcuna dimestichezza con la tecnologia, le pagine web, l’html ecc. Facebook ha risolto tutti i problemi. Usarlo è facilissimo, alla portata anche dei coetanei dei miei genitori (tant’è vero che ne sto incontrando in numero sorprendente). Insomma, basta avere un pc e una connessione ad internet per far sapere agli amici vicini e lontani che stiamo mangiando un panino o siamo appena rientrati da una vacanza. E poi piovono i commenti “Bello!!” – “Anch’io!!” – “Evviva, quando ci vediamo?” e via così. E i “like”, che danno la sensazione che qualcuno ci legge, ci segue, ci ama…
E’ chiaro che il tuo spazio è molto più il blog di quanto non possa essere Facebook.
Twitter…non c’è verso, per me resta qualcosa di anomalo. Fatico a classificarlo.
D'altro lato la mancanza di riscontri, diciamolo, un po' fa passare la voglia.
Qualche giorno fa ho confidato a Alessandro e Gigi che non so se dopo l'estate London Calling continuera' a esistere.
Magari mi prendo un periodo di autoesilio dalla rete, vediamo.
Non per scomparire per sempre. Probabilmente a un certo punto se mi verra' un'idea nuova ricompariro'.
Semplicemente, forse dopo 8 anni e' tempo di prendere atto, con serenita', che London Calling ha esaurito la sua funzione, e chiudere un'esperienza che mi ha regalato lo scambio con persone meravigliose, ognuna ora andata per la sua strada.
Però standoci dentro impari a selezionare le perle che, pure, offre. Links che non scopriresti in altro modo. Autori poco conosciuti che si offrono in piazza, e valgono più di altri venduti in galleria.
Informazioni sui temi che ti interessano, raccolte senza dover setacciare i giornali.
Non è poco, sicuramente è una cosa diversa dal blog. Non so se è lo stesso principio del messaggio in bottiglia, a me il blog piace pensarlo (quello ufficiale) come un archivio di cose che forse potranno essere d'aiuto a qualcuno, come sta succedendo per chi studia il tema genere e media. O per quelli che cercano foto sexy e trovano gli scatti erotici di Art Kane ;)
Se ci pensate, e' abbastanza vero.
E' essenziale, come dici Lophelia, imparare a selezionare le perle, distinguendole dalla spazzatura, che pure abbonda (per dire: oggi uno dei miei contatti ha inserito 53, dicansi 53, foto del giubileo della regina. Non ho tempo di guardare, ma immagino che su 53 ce ne saranno 2 o 3 che sarebbe valsa la pena pubblicare).
E' poi essenziale imparare a selezionare le perle che decidiamo noi di postare, partendo dal presupposto che finiranno nei feed di centinaia di contatti.
A proposito delle poesie, Arte, pero' mi domando: davvero non ha senso pubblicarle in Facebook?
Magari, se c'e' la possibilita', togliendo la possibilita' di commentare, perche' i commentatori professionisti in Facebook abbondano (abbondavano anche nei blog un tempo) e riuscirebbero a banalizzare ogni cosa.
Ma insomma, quello che penso, riprendendo Bolelli, e' che Facebook abbia senso usarlo non solo per salutare la zia, ma anche per elaborarne un uso "più inventivo ed espansivo e vitale".
Perche' deve partire da qualcun altro, e non da noi?
fondamentale è imparare ad oscurare i postatori compulsivi, se proprio non vuoi depennarli dalle amicizie...e per me anche resistere dal postare status umorali fini a se stessi.
E, non ultimo, FB aiuta la diffusione di iniziative sul territorio.
A parte quello (cioe' eliminato il 50% buono degli utenti), puo' essere utile, sono d'accordo con te.
La tecnica, tutta la tecnica, non è mai un mezzo neutro: è quello che ne facciamo noi. Noi ci esprimiamo anche attraverso fb, e chiaramente ognuno di noi ha la possibilità di usare almeno la su apagina come ritiene giusto e opportuno e congeniale. A me piace anche l'idea che tutti noi la usiamo in modo diverso - perchè siamo diversi, e questo è il bello.
Effettivamente, almeno alcune cose potrei pubblicarle anche su fb. Chissà. È che l'idea che alcuni miei colleghi leggano le mie cose non mi piace molto. Potrei sempre filtrare.
Succederebbe quello che succedeva qui qualche tempo fa: sarebbe entrata una qualche voce stonata, in genere gridando, a interrompere il flusso del discorso (non fatemici nemmeno piu' pensare).
Michele Serra qualche giorno fa auspicava che chi posta in Facebook facesse riferimento a modelli alti (Dickens, scriveva). Se cosi' fosse, sarebbe un vero piacere accedervi.
E infatti Serra lo leggo proprio su Facebook, a proposito di utilita' dello strumento.
E adesso vado ad aggiornare il titolo del tuo blog, là da me. :)
Che non è aggiornato di proposito, perchè mi piace tenere traccia di blog che non esistono piùm "alla memoria". Ognuno è stato un progetto, e con ognuno dei gestori sono entrato in contatto a un certo punto. Prima che, appunto, molti di loro si trasferissero in Facebook.
I commenti che arrivano adesso qui sono pochi, ma seguono un filo logico coerente col discorso che si sta facendo.
Mi piacerebbe ne arrivasse qualcuno in più, ma senza compromettere la scelta di parlare di musiche altre: per definizione, di interesse per una minoranza di ascoltatori, a volte minima.
La sfida di Facebook secondo me è quella di usarlo in modo intelligente, svincolandosi dal numero di like che si ricevono quando si fanno "considerazioni profonde" o si posta "qualcosa di particolare". Non è facile, dato che il confronto è un po' inevitabile. Ma ci si può provare, con costanza e pazienza.
Sembra che li' abbia smesso di piovere finalmente :)