Nel sempre interessante RASOIO DI OCCAM, supplemento online dell’Almanacco di Filosofia di MicroMega, troviamo una bella intervista al filosofo Umberto Galimberti, nella quale afferma una cosa che mi ha fatto riflettere:
"Io penso al libro come a un emblema, come un simbolo: quando leggo un libro, sono costretto ad attivare un pensiero; io sono l’autore di ogni libro che leggo. Quando leggo, interpreto; quando leggo, entro in un mondo che è altro rispetto al mio mondo.
"Io penso al libro come a un emblema, come un simbolo: quando leggo un libro, sono costretto ad attivare un pensiero; io sono l’autore di ogni libro che leggo. Quando leggo, interpreto; quando leggo, entro in un mondo che è altro rispetto al mio mondo.
Il libro obbliga alla creazione del libro stesso che si sta leggendo. Oggi la società è inchiodata di fronte a tv e pc, dove si registrano passivamente delle impressioni: si ricevono immagini, spesso anche ad alta velocità, al punto che vengono trattenuti solo dei frammenti.
Davanti alla televisione non si deve creare o immaginare; si deve solo vedere. L’immaginazione è un’operazione attiva, mentre la recezione delle immagine è pura passività: quando io vedo uno spettacolo non penso, resto semplicemente impressionato.
Il pensiero non si attiva, io non invento niente all’interno di una visione.
In un processo del genere, in cui spariscono i libri – come pare stia accadendo, dato che non vengono più acquistati –, sparisce anche una configurazione importante: quella dell’immaginazione e del pensiero".
In un processo del genere, in cui spariscono i libri – come pare stia accadendo, dato che non vengono più acquistati –, sparisce anche una configurazione importante: quella dell’immaginazione e del pensiero".
E infatti adesso chiudo il computer e scelgo dalla libreria un bel libro da iniziare.
Commenti
è vero che la lettura è un'altra cosa ancora e tuttavia non si possonno assimilare un mezzo che va in una sola direzione e che viene fruito solo passivamente con un altro interattivo, con tutti i suoi limiti ma pur sempre interattivo e che permette molte scelte e condivisioni.
La lettura di un libro del resto richiede un "lavoro" individuale, ancora piu' evidente adesso che dagli altri media vieni raggiunto tu, competendo per il tuo tempo e per questo generando un'estrema frammentazione/ distrazione.
Per leggere un libro, la frammentazione/ distrazione va tagliata fuori. E' questa secondo me la distinzione. In un libro ti devi immergere, a volte con un certo sforzo di isolamento dal contesto.
Q.
Non credo che l'intervento di Galimberti faccia riferimento al "valore" dell'esperienza (almeno esplicitamente) quanto al suo "segno caratteristico".
E' evidente che tutto quello di cui fruiamo (anche un tweet per dire) passa attraverso la nostra interpretazione. Ma un libro ci consegna un "contenuto informativo" inferiore rispetto a una storia che vediamo al cinema. E quindi ci costringe a aggiungere informazioni che elaboriamo attraverso la nostra immaginazione.
I personaggi di un libro, per esempio, non hanno un volto, per quanto dettagliata sia la loro descrizione. E quindi un volto lo dobbiamo immaginare noi.
Credo che sia per questo che poi spesso l'adattamento cinematografico di un libro che ci e' piaciuto ci delude sempre un po'.
Il tuo commento peraltro mi ha fatto scoprire che effettivamente l'aquila di Ligonchio e' anche una scrittrice. Ha infatti pubblicato due libri, uno dei quali, Polenta di castagne, e' in promozione (sconto 25%) fino al 6 aprile qualora in questi giorni qualche lettore di London Calling soffrisse di stipsi.
Non si finisce mai di imparare.