50 milioni



Da questo articolo, vengo a sapere che nel Paese nel quale vivo la maggior parte del mio tempo, ogni anno anno si contano 50 milioni di prescrizioni di antidepressivi. Considerando che gli abitanti del Regno Unito sono 63 milioni, si direbbe che a non ricorrere a queste schifezze siamo rimasti una sparuta minoranza.

Considerando poi che gli effetti collaterali includono l'inibizione dell'appetito e della libido, due antidepressivi naturalissimi, mi viene da equiparare chi cade in questo imbroglio a quel mio vicino che si alza alle 5.30 tutte le mattine per andare in palestra e che poi per fare un piano in discesa chiama l'ascensore.

A tutti capitano i giorni no, e a me capitano spesso: ma in alternativa agli antidepressivi chimici, posso permettermi di consigliare un'ora in piu' di sonno, una buona fetta di torta o un cinnamon bun della Nordic Bakery, una passeggiata fino a Rough Trade, un salto da Daunt Books per sfogliare un bel libro fotografico, un caffe' con un amico da Host o da Look Mum, un giro in bici scoprendo un percorso nuovo...? E sono solo i primi tra i millemila rimedi naturali che mi vengono in mente in questo momento.

Commenti

Paolo ha detto…
Caro Fabio, le prescriptions sono mensili, quindi 50 milioni diviso dodici fa in realtĆ  4 milioni e rotti, sempre troppi senz'altro, ma minoranza. E stimo che una buona metĆ” delle donne GB conti il sovrappeso (o lo stigma sociale che ne consegue) tra le cause della depressione, quindi la fetta di torta non va. Senz'altro la maggioranza dovrebbe fare un passo indietro e considerare il proprio lifestyle di schiavi delle convenzioni sociali e delle gioie facili e preconfezionate. E uscire un po' all'aria aperta...
Fabio ha detto…
Non ricordo se frequentasti il corso di psicologia sociale di Gabriele Calvi, Paolo, che ci fece conoscere i libri di Paul Watzlawick. Recentemente ho riletto "Istruzioni per rendersi infelici", libretto agile e geniale, scritto benissimo.

La tesi, implicita e non enunciata, e' che la felicita' sia gia' dentro di noi, e che ricercarla la' fuori (nel mondo dei consumi, per esempio) porti ad allontanarci da essa.

Forzarsi a essere felici (comprando gioie facili e confezionate come dici tu, e aderendo a uno stile di vita da schiavi consumisti), e' per Watzlawick come forzarsi a essere spontanei...

Uscire all'aria aperta, magari con la macchina fotografica nello zaino, e' sempre la medicina migliore: concordo con te.

Se poi ad accompagnarci nella nostra passeggiata sono i nostri amati cani, basteranno pochi minuti e all'improvviso una bella serenita' accompagnera' i nostri passi.
Paolo ha detto…
AltrochĆ© che ho frequentato i corsi di Calvi, infatti hanno decisamente lasciato un'impronta indelebile nella mia vita anche professionale (i 12 anni al Survey Center qui a UCSB inclusi). Non mi ricordo il libro che citi, perĆ², lo cercherĆ².

Comunque la mia era una precisazione... statistica. Siamo in perfetto accordo :)

Ora come farlo a capire a quella parte della popolazione che soffre e crede alla propaganda iperconsumistica?
Fabio ha detto…
Ovviamente non conosco la risposta. Credo che la liberazione arrivi dopo un lavoro progressivo e paziente di distruzione e sostituzione. Lavoro che richiede passione, tempo, errori, a volte isolamento, a volte irrisione. Ostacoli superati i quali, pero', sei libero, naturalmente nei molteplici e contradditori significati del termine raccontati magistralmente da Erich Fromm oltre 70 anni fa.

Non e' un'impresa per tutti. Per tutti gli altri ci sono le case farmaceutiche a rimetterli in riga, riportandoli in regime di dipendenza.

Come se ne esce? Se si vuole si puo', ma credo che a molti non interessi affatto uscire dal gregge griffato.

PS: Gabriele Calvi mi assunse in Eurisko nel 1994, 5 anni dopo che mi laureai. Siamo ancora in contatto, anche se un po' saltuariamente. Nell'aprile 2015 compira' 90 anni, sempre portati benissimo. L'ultima volta che ci siamo sentiti mi disse che stava ancora collaborando con lo IARD, dopo avere lasciato Eurisko quando l'istituto venne venduto a NOP e poi a GFK, avendo quell'istituto perduto la propria natura di vivo laboratorio di ricerca sul cambiamento sociale che abbiamo conosciuto.

Gabriele Calvi, Alessandro Cavalli e Celestino Colucci sono stati i migliori professori che abbia mai avuto. Con tutti loro ho mantenuto i contatti dopo gli studi. I loro insegnamenti mi hanno cambiato profondamente e sono stati fondamentali proprio nel percorso di liberazione che cito qui sopra. Provo per loro un affetto e una stima difficilmente esprimibili a parole.