Il cielo azzurro sulla piazza e l'odore di muffa nel garage
Ringrazio Alessandro Achilli per avermi mandato questa mattina un belissimo intervento del sociologo Luciano Gallino (uno dei miei eroi, citato svariate volte nella mia tesi di laurea) su Repubblica. Da leggere assolutamente, e il finale (cosi' come il finale dell'articolo di Alessandro Robecchi stamattina sul Fatto Quotidiano), sembra riecheggiare la domanda che ci siamo posti qui lunedi'.
Qualche passaggio chiave dall'articolo di Gallino:
Da un lato un gran sole, il cielo azzurro, uno spazio amplissimo, una folla sterminata, brevi discorsi su temi concreti. Dall’altra un garage semibuio dove non si riusciva a vedere al di là di una decina di metri, un centinaio di tavoli dove si parlava di tutto, un lungo discorso del presidente del Consiglio in cui spiccavano acute considerazioni sull’iPhone e la fotografia digitale, e non più di sei-settemila persone — giusto 140 volte meno che a San Giovanni.
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Alla manifestazione di Roma non c’erano (o erano poche) le persone che dovevano scegliere se stare o no dalla parte dei deboli, degli svantaggiati, delle classi inferiori di reddito, di quelli il cui destino dipende sempre da qualcun altro.
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Alla manifestazione di Roma non c’erano (o erano poche) le persone che dovevano scegliere se stare o no dalla parte dei deboli, degli svantaggiati, delle classi inferiori di reddito, di quelli il cui destino dipende sempre da qualcun altro.
Erano loro stessi, la massa dei partecipanti, a essere deboli, svantaggiati, poveri, perennemente in balia del parere e della volontà di qualcun altro. Collocati, in altre parole, al fondo delle classifiche delle disuguaglianze di reddito, di ricchezza, di potere politico ed economico; disuguaglianze il cui scandaloso aumento negli ultimi vent’anni, nel nostro paese come in altri, accompagnato dalla scomparsa del tema stesso nel discorso delle socialdemocrazie, ha fatto parlare più di uno studioso di nuovo feudalesimo.
Invece nel garage semibuio di Firenze c’erano soprattutto persone a cui l’idea di stare dalla parte dei più deboli e magari di dichiararlo appariva semplicemente repellente, o quanto meno fastidiosa, non meno che mettersi a parlare “in un mondo che è cambiato” di lotta alle disuguaglianze.
Invece nel garage semibuio di Firenze c’erano soprattutto persone a cui l’idea di stare dalla parte dei più deboli e magari di dichiararlo appariva semplicemente repellente, o quanto meno fastidiosa, non meno che mettersi a parlare “in un mondo che è cambiato” di lotta alle disuguaglianze.
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Anche per l’altra condizione non c’era confronto tra i partecipanti di piazza San Giovanni e quelli della Leopolda. Per i primi era evidente che quello che sta succedendo da parecchi anni è una “guerra dell’austerità”, per usare la dizione di un noto economista americano.
Una guerra di classe in cui la destra si prefigge di distruggere le conquiste sociali degli anni 60 e 70, che furono un tentativo riuscito di sottoporre il capitalismo a una ragionevole dose di controllo democratico.
Le misure imposte da Bruxelles, di cui il governo Renzi, a parte qualche battuta, è fedele esecutore, sono precisamente espressione di tale guerra o conflitto di classe, nella quale le classi dominanti hanno negli ultimi decenni conseguito una grande vittoria.
Equivalente a una dolorosa sconfitta per i manifestanti romani.
A Firenze l’interpretazione predominante della crisi è stata quella canonica delle destre europee: lo stato ha un debito troppo alto, dovuto all’eccesso di spesa; il problema è il costo eccessivo del lavoro; per rilanciare la crescita bisogna ridurre le tasse alle imprese; i dettati di Bruxelles sono onerosi, ma bisogna pur mantenere gli impegni, ecc.
A Firenze l’interpretazione predominante della crisi è stata quella canonica delle destre europee: lo stato ha un debito troppo alto, dovuto all’eccesso di spesa; il problema è il costo eccessivo del lavoro; per rilanciare la crescita bisogna ridurre le tasse alle imprese; i dettati di Bruxelles sono onerosi, ma bisogna pur mantenere gli impegni, ecc.
Ciascuno di questi slogan è falso quanto dannoso — e si noti che a dirlo sono ormai dozzine di economisti, compresi perfino alcuni esponenti delle dottrine neoliberali. A parte l’interpretazione ortodossa della crisi, che non sta in piedi, chi vi aderisce non si rende conto che ci si avvicina a un momento in cui o si modificano i trattati europei e si adottano politiche economiche opposte a quelle del governo Renzi (che sono poi quelle degli ultimi tre o quattro governi, prescritte dalla Troika e da noi passivamente messe in atto), o ci si avvia ad un lungo periodo di grave recessione e di rapporti intereuropei sempre più difficili, nonché dagli esiti imprevedibili.
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Solidarieta' da questo blog agli operai delle accierie di Terni che oggi hanno provato sulla propria pelle il nuovo regime che avanza. Una testimonianza tra tante:
Ci hanno chiusi dentro piazza Indipendenza e ci hanno caricato: eravamo a testa e mani nude, miravano subito alla testa.
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Battendo a sorpresa con un inatteso scatto d'orgoglio la Boschi, oggi la gara di somiglianza tra una donna di regime e una gallina la vince la Picierno.
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Solidarieta' da questo blog agli operai delle accierie di Terni che oggi hanno provato sulla propria pelle il nuovo regime che avanza. Una testimonianza tra tante:
Ci hanno chiusi dentro piazza Indipendenza e ci hanno caricato: eravamo a testa e mani nude, miravano subito alla testa.
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Battendo a sorpresa con un inatteso scatto d'orgoglio la Boschi, oggi la gara di somiglianza tra una donna di regime e una gallina la vince la Picierno.
Commenti
http://ilmanifesto.info/storia/i-nuovi-poveri-sono-gli-autonomi-a-partita-iva/
vi sono dati molto interessanti che spiegano anche perché certe parole e certe scelte, tutte da verificare al momento, di Renzi possano far presa su alcuni e, allo stesso tempo, come quegli stessi si tengano ben lontani dai cieli azzurri di Roma, nonostante si voglia far credere il contrario.
ci vorrà del tempo per loro per riacquistare fiducia in un sindacato che, de facto, li ha sempre osteggiati e abbandonati al loro destino.
e questo senza nulla togliere agli operai di Terni e alla loro questione che purtroppo, a mio parere, può essere solo risolta con la famosa "politica industriale" di cui tanto si parla ma nessuno sa cosa sia.
e che poi probabilmente se mai si farà dovrà essere per forza di cose globale, giacché mi par di capire che la loro disoccupazione sia generata dalla solita competizione mondiali con altri all'altro capo del mondo.
Io non credo molto che una politica di ulteriore industrializzazione abbia senso in un Paese come l'Italia. Credo pero' che agli operai si debba garantire un futuro: facendo lavorare i piu' giovani per smantellare le industrie e riqualificare il territorio, e consentendo ai piu' anziani di riposarsi, socializzando con questa finalita' una parte dei patrimoni degli industriali che li hanno sfruttati per anni.
La competizione con l'altro capo del mondo e' persa in partenza, non inizierei nemmeno a parlarne. Il nostro Paese credo che debba investire nella bellezza: nell'ambiente, nell'arte, nella cultura, nella musica.
PS: Ho letto per bene l'articolo del Manifesto che mi hai mandato.
Mi spieghi la ragione per la quale la nuova legge del lavoro si chiama con il nome inglese di jobs act, che in inglese non significa una mazza?
Le leggi che regolamentano il mercato del lavoro nel mondo anglosassone si chiamano labour laws o employment laws.
JOBS Act e' un acronimo che sta per Jumpstart Our Business Startups Act, e con il lavoro non c'entra nulla.
E' una legge fatta approvare da Barack Obama al Congresso Americano nel 2012 per regolamentare le operazioni di venture capitalization e di crowdfunding delle startups.
Ma in fondo, cosa vuoi che importi ai Leopoldini, pronti a succhiare qualsiasi minchia gli sventoli sotto il naso purche' abbia un nome in inglese?
quello che però ti chiederebbero gli avvocati del diavolo (o di Renzi) è come finanziare il tuo progetto.
e tu rispondi, al pari del sindacato, con la tassazione dei patrimoni (o la socializzazione).
ma il problema, per riprendere le parole di Giorgio Galli sentite stamattina a Radio Popolare, è che i patrimoni sono già volatilizzati chissà dove e che il potere economico mondiale è nelle mani di seimila persone che controllano 500 multinazionali.
da questo punto di vista anche la posizione di CGIL, Landini e compagnia sembra parlare del nulla e non portare a nulla.
i Leopoldini almeno si pongono la prospettiva della trasformazione, anche se non nel senso che noi auspichiamo, puntando a una trasformazione del linguaggio e del ceto politico e a cercare di aggiustare un po' del disastro italiano.
va detto che ora hanno il coltello dalla parte del manico e non giova questa contrapposizione, né al sindacato né a noi che in qualche modo ci facciamo portatori di idee che provengonno dalle contro-culture degli anni '70.
io per esempio non sono d'accordo con te quando, in altri post, parli di Renzi come un fascistello o un babbeo.
secondo me non è né l'uno né l'altro, caso mai un nuovo liberal-democristiano formatosi nella comunicazione televisiva e che sfrutta, al pari di altri, nuove forme di comunicazione.
è ambizioso e impaziente e questo non gli giova.
e pur essendo lontanissimo da me da tutti i punti di vista non riesco a preferirgli gente come Camusso, Bersani o Vendola.
il che vuol dire che non sto né con gli uni né con gli altri.
alle primarie sono andato (pur non essendo mai stato un votante PD) a votare Civati, per simpatia nei confornti di molti che conosco che erano entusiasti di lui.
aspetto che lui o qualcun altro trovino il carisma e il coraggio necessari.
o forse che nasca un qualche nuovo movimento, ora che i 5S sono immobilizzati a causa del malsano rapporto coi loro 2 capi.
ma sulla piazza di Roma resto scettico e certo lì nessuno ha gridato:"lavorare meno, lavorare tutti"...
Leggevo proprio ieri in un rapporto di Oxfam che dal 2009 a oggi il numero dei miliardari e' raddoppiato: da 793 a 1645.
Le disuguaglianze, che si erano progressivamente ridotte fino agli anni '70, dagli anni '80 hanno ripreso a crescere e secondo Piketty, sempre ben documentato (pagina 48 del Capitale nel XXI secolo), sono tornate al livello del 1929.
E' l'elite finanziaria a controllare le sorti del mondo, non certo i governi eletti piu' o meno democraticamente (e stendiamo un velo pietoso sul fatto che il governo italiano non e' stato eletto democraticamente ma nominato in modo oscuro).
E' un'elite finanziaria che ha accumulato ricchezze cosi' faraoniche da poter mettere in ginocchio stati sovrani, detenendo attraverso banche controllate enormi quote di debito di questi stati (incluso quello italiano).
Questo non puo' che spaventare, e trattandosi di soggetti sfuggenti per la loro natura, nascosti in paradisi fiscali, dall'identita' frammentata in una serie di scatole cinesi contenenti una miriade di soggetti economici posseduti/ controllati/ partecipati, credo che Galli abbia, tristemente, ragione.
C'e' poi da fare i conti con l'assuefazione e con l'assopimento generale delle coscienze: e' un dato di fatto che alla maggior parte delle persone non interessa di capire le cause strutturali dei fenomeni dei quali sono vittime. Per pigrizia intellettuale, per mancanza di conoscenze di base, per semplice disinteresse, ma insomma e' cosi'.
Parlano di crisi come si parla di un fenomeno naturale (un'inondazione, un terremoto) non capendo che si tratta invece di una ridistribuzione dal ceto medio alle elite finanziarie, sapientemente orchestrata.
Quindi si', ammetto di essere spesso eccessivamente ottimista: lo faccio per non disperarmi, perche' se a differenza della maggior parte delle persone hai acquisito gli strumenti di comprensione della realta' e' quello, la disperazione, il sentimento prevalente.
Hai ragione tu, e non ho risposte sufficientemente robuste da contrapporre agli elementi fattuali che gli avvocati del diavolo mi recapitano attraverso le tue parole.
Sono invece un po' piu' scettico rispetto alla seconda parte del tuo discorso. Pur non essendomi schierato completamente dalla parte del sindacato (proprio perche', come scrivi, nessuno ha gridato "Lavorare meno, lavorare tutti", forse l'unico slogan che abbia ancora senso gridare, attuale come non lo e' mai stato alla luce dei dati ISTAT pubblicati oggi stesso), trovo esista una differenza sostanziale tra Renzi e Landini, per dire. E non devo nemmeno starla a spiegare, almeno credo.
Dopodiche' auspico da molto tempo la nascita di un soggetto politico che metta al centro temi quali uguaglianza, solidarieta', ambiente, pacifismo.
Come te ho sperato in Pippo Civati, uno che leggo tutti i giorni e con il quale ho discusso molto volentieri quando Danilo De Biasio me lo presento' una delle ultime volte che sono tornato a Milano. Mi piace Tocci, mi piace Mineo, mi piace la Ricchiuti.
Pero' quando dico queste cose ai miei colleghi della radio, mi guardano strano. Nessuno crede davvero in loro.
Io continuo ad avere fiducia, ma sempre per non farmi prendere dalla disperazione. Una disperazione che, ti confesso, a volte mi tiene sveglio.
ma temo che entrambi abbaiino alla luna e in un certo senso si adagino sulla rappresentazione mediatica che ciascuno di loro, da posizioni diverse, porta avanti.
però va detto che Renzi rispetta più lui della Camusso e in un certo senso ha ragione.
quanto alla disperazione è comprensibile, non ti dico stando a viverci qui, a Milano è palpabile e mica solo quella di noi che abbiamo gli strumenti per interpretare la realtà, no, è palpabile anche quella di molti che stanno male e manco sanno il perché.
non ho risposte su questo ma se Giorgio Galli (che avrà almeno 90 anni, me lo ricordo che scriveva su Panorama quando ero bambino) continua lucidamente ad analizzare e indicare strategie di intervento dobbiamo comunque fare lo stesso sforzo anche noi, magari non illudendoci di cambiamenti epocali ma insomma, continuando ogni giorno a dare un piccolo e microscopico contributo alla trasformazione di noi stessi e del mondo allo stesso tempo.
almeno, questa è l'uncia cosa che riesco a pensare.
e poi c'è sempre Papa Ciccillo! :-)
Qualche notte fa ti saranno fischiate le orecchie, perche' Giovanna e io facevamo a gara su chi di noi due apprezzava maggiormente i tuoi commenti :)
Galli, ho controllato, e' del 1928, quindi si sta avvicinando ai 90. Anch'io ricordo una sua rubrica su un settimanale, ma mi ricordavo fosse l'Espresso. Probabilmente sto facendo un po' di confusione.
Su papa Ciccillo, sai come la penso. Ogni volta che parla, insegna qualcosa.