I dischi del 2017: # 1 - 5



Che cosa restera' di noi su questa Terra, quando non ci saremo piu'? Io credo che rimarranno tutte le cose che abbiamo fatto con amore, cercando grazia e trascendenza. Quelle piccole (un gesto di gentilezza che qualcuno ricordera', una bella fotografia che abbiamo scattato amando profondamente il momento che abbiamo voluto fermare, un nostro scritto particolarmente ispirato), cosi' come quelle che anche a noi stessi rivelano con sorpresa l'immensita' delle nostre anime (avere amato una persona o un ideale come non pensavamo fosse possibile, trascendendo i nostri umani confini).

Come si inserisce la musica in queste osservazioni? La musica, come scrivevamo qualche giorno fa, attraversa le nostre vite regalandoci momenti di grande consolazione. Ma non rappresenta solo questo. La musica puo' essere una forza inesauribile di ispirazione, che ci rinnova e ci rende persone migliori.

Con questo spirito, negli anni della maturita' i miei ascolti hanno sempre piu' privilegiato musiche che mi aiutano a entrare in profondita' dentro me stesso.

C'e' chi sa meditare. Io, nonostante tanti goffi tentativi, non ne sono capace. La mia mente, proprio perche' la cerco di fissare su un punto o sul respiro, inizia ad andare dove vuole lei senza volerne sapere di tornare.

Cosi' da qualche anno ho sostituito la meditazione con la scrittura. Almeno in un paio di occasioni al giorno (di solito la mattina appena sveglio e la sera appena prima di dare la buona notte alla Gio'), mi metto di fronte a una pagina bianca del mio moleskine e scrivo una paginetta di pensieri. Se scrivi tutti i giorni, di cose da scrivere ne hai sempre tantissime.

Li chiamo i miei quaderni londinesi, e mi fa sempre sorridere immaginare il giorno in cui qualcuno li scoprira', quando non ci saro' piu', e magari decidera di sfogliarli e leggere qualcuno di questi miei pensieri quotidiani scritti di prima mattina o a notte fonda, prima di sbarazzarsi di quella pila di quaderni. Oppure come e' forse piu' probabile i quaderni londinesi verranno buttati via senza che nessuno li legga mai. La mia vita finita davvero in quel momento, chissa' quanto tempo dopo il mio ultimo respiro.

E mentre scrivo i quaderni londinesi ascolto musica, sempre, perche' la musica aiuta a entrare dentro la propria anima, se e' scelta bene. Naturalmente non tutta la musica. Quella da intrattenimento ha una funzione diversa, escapistica, va in una direzione opposta a quella che cerco io. Va benissimo anche quella, ci mancherebbe. Semplicemente io non ne sono attratto in questo momento. Lo sono stato in passato e magari lo saro' in un'altra fase della mia vita, ma adesso no.

Un lungo preambolo che magari qualcuno che passa di qui trovera' stucchevole, ridondante (dai, su, passiamo a questo elenco!), e forse lo e'. Ma volevo introdurre i dischi che ho ascoltato, amato, suonato alla radio quest'anno, con una nota che li tenesse tutti insieme.

Anche perche' i primi cinque provengono tutti da zone geografiche diverse: Italia, Argentina, Israele, Svizzera, India.

Stefano Battaglia ha composto un capolavoro assoluto, ispirato dal tema delle migrazioni, che non puo' lasciarci indifferenti. E' musica che e' stata concepita al monastero di Bose, e se ci siete stati capite immediatamente il senso di pace e centratrura in se stessi che si prova raccogliendosi in preghiera in quel luogo isolato dal mondo e bellissimo.

Un altro disco che ho amato particolarmente e che e' stato concepito in un luogo sacro, una chiesa affacciata sul lago d'Orta, e' l'incontro tra il chitarrista classico Horacio Burgos e il contrabbassista Carlos El Tero Buschini, entrambi musicisti di origine argentina, che rivisitano con gentilezza di tocco le musiche della loro terra, dalla malinconia del tango al ritmo leggero del carnavalito.

Ancora il tema della guerra e della migrazione ha ispirato il nuovo lavoro del trombettista israeliano Avishai Cohen, che si apre con una traccia semplicemente commovente che porta il titolo di "Will I die, miss, will I die", parole pronunciate tra le lacrime da un bambino siriano vittima di un attacco con armi chimiche.

Il pianista svizzero Colin Vallon ha pubblicato nella prima parte dell'anno un album di sue composizioni impressioniste che hanno accompagnato con grazia l'arrivo della primavera.

E infine, il suono del sarod quest'anno e' riuscito a darmi un po' di pace in momenti difficili. E dato che non sono ancora finiti (anzi), portero' con me nel prossimo anno anche i meravigliosi raga classici eseguiti da Pradeep Barot e dai suoi discepoli Riccardo Battaglia e Federico Sanesi.

Un grazie particolare alla Gio', che ha condiviso in tempo reale il mio entusiasmo per queste musiche, e a tutti gli ascoltatori di Prospettive Musicali che mi hanno accompagnato con pazienza in queste scoperte.

STEFANO BATTAGLIA
Pelagos

BURGOS BUSCHINI DUO
Entreverados

AVISHAI COHEN QUARTET
Cross my palm with silver

COLIN VALLON TRIO
Danse

PRADEEP BAROT/ RICCARDO BATTAGLIA/ FEDERICO SANESI
Tales of Indian sarod.

Commenti

albertocchio ha detto…
scusa l'invasione volontaria ma ho approfittato del primo buco libero per fare gli auguri per le feste [a tutti voi che passate] soprattutto per un anno diverso… ma che dico diverso… mi accontenterei che non sia peggio di quello che se ne va.
chissĆ  che riesca a finire Il Re Pallido…

ciao_alb
Fabio ha detto…
Sempre molto graditi gli auguri. Grazie Alberto.

Ti auguro piu' momenti belli e un po' meno grattacapi rispetto allo scorso anno. Il resto lo scopriremo vivendo, cercando di fare qualcosa che sappia dare a ogni giorno un po' di senso. Molto dipende da noi, no?

Grazie ancora per essere passato di qui a trovarmi.