Ai miei pensieri, a com'ero ieri, e anche per me (reprise).



"Ha mai pensato di scrivere un blog?", ha chiesto giovedi' scorso nella nostra sessione settimanale l'analista danese molto ECM.

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Ieri pomeriggio se ne scherzava via Whatsapp con Laura, ricordando quando scrivevamo proprio qui che il blog ci serviva per non andare dall'analista.

Abbiamo concluso lo scambio concordando che se tutti ci andassero, il mondo sarebbe molto migliore di com'e'. Tutti ne hanno bisogno. Specialmente chi non lo sa. Mi viene in mente (scritto con la piena consapevolezza che autocitarsi non e' un gran che elegante) quello che dicevo in conclusione del mio ultimo Prospettive Musicali. Quando affermavo che e' chi ha piu' bisogno di rompere i propri schemi di ascolto ad essere meno disposto a farlo.

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Stamattina leggevo in un'intervista a un'analista di New York che si chiama Jamieson Webster: "But it's very difficult to tell your story, and the story you tell is always a lie".

Il fatto, l'ho capito proprio grazie all'analisi, e' che non sei consapevole di questo strato di finzione fino a quando quella storia l'hai raccontata. E' solo raccontandola che capisci, magari non subito, quali parti della tua autobiografia non hanno tanto senso nel contesto della narrazione. Sono quelle che hai ricostruito attraverso acrobazie compiute ad arte per tenerti a distanza di sicurezza dalla realta'. E sono nel contesto dell'analisi le piu' importanti di tutte.

Ci vuole un po' di tempo (molte ore nelle quali brancoli un po' nella nebbia), ma poi quando meno te l'aspetti si chiarisce tutto.

La mia analista ha lo studio vicino a una chiesa con un cortile alberato (St. Bartholomew's, non lontano dal mercato di Smithfields). Poco piu' di un mese fa sono uscito e avevo questa distinzione cosi' chiara che ho passato un'ora a scriverla sul mio Moleskine nel giardinetto alberato della chiesa. Un'epifania, un atto noetico, chiamatelo come preferite ma di quello si e' trattato. Avevo una riunione di lavoro ma l'ho cancellata, non potevo fare altrimenti.

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La domanda dell'analista mi ha fatto capire anche un'altra cosa, dopo averci pensato un po' in questi giorni. Che un blog non e' un Moleskine, non e' un diario. E', e non puo' essere altrimenti che questo, un racconto romanzato della realta'. Una rappresentazione in bassa fedelta'. A lie, direbbe forse Jamieson Webster. O almeno una fotografia passata attraverso un effetto di Instagram. La realta', ma filtrata attraverso la lente deformante delle parole.

E' dopo essermi chiarito bene questo che ieri ho ricominciato a scrivere qui, dopo molto tempo.

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