100/ L'anima fisica.



Dopo un'accettazione della novita' in quanto tale, a me ogni giorno che passa questo nuovo mondo virtuale digitale piace un po' meno.

Tutto quello che stiamo facendo per necessita', dal lavoro in remoto agli acquisti online, a me sembrano esperienze alle quali manca l'essenza umana, l'anima fisica.

Sento persone che si trovano bene, e leggo previsioni secondo le quali alcuni cambiamenti sarebbero irreversibili. Che si stia andando a generare una nuova normalita', nuove abitudini destinate a restare.

Io spero sbaglino.

Ieri sera ho provato a registrare Prospettive Musicali usando il mio Macbook anziche' lo studio di Radio Popolare dove trasmetto di solito. E' possibile anche cosi', certo. Ma l'anima fisica dell'esperienza svanisce, completamente.

Entrare in redazione, salutare chi c'e' e fare due parole. Rendersi conto che il tempo corre e che devi andare a preparare lo studio perche'  manca poco. Mettere i dischi in una pila ordinata. Disporre gli appunti nello spazio tra i due mixer. Alle 22 lanciare il blocco pubblicitario e prendere la linea.

Sono queste liturgie di passaggi obbligati a costituire l'esperienza complessiva. A renderla ricca, completa, tridimensionale.

Vale per tutto. Comprare un libro e un nuovo paio di jeans. Organizzare una riunione di lavoro. Fare esercizio fisico. Tutto questo il coronavirus l'ha ridotto a esperienze funzionali, bidimensionali e in fondo gelide.

Non sto parlando di solitudine dell'esperienza. C'e' anche quella, certo, e ne abbiamo parlato. Questo e' un discorso diverso, sul modo in cui si fanno le cose.

Mi auguro solo che questo periodo non lasci strascichi permanenti.

Che l'anima fisica delle cose sia sospesa solo temporaneamente e che ritorneremo umani, ancora piu' umani, concreti, analogici di come eravamo prima. Che dall'altro lato di questo tunnel nel quale siamo adesso ritroveremo il mondo proprio come lo conoscevamo.

Commenti

Claudia ha detto…
Capisco quello che vuoi dire.
Purtroppo o per fortuna, in questo momento particolare, la tecnologia ĆØ un mezzo: per ordinare la frutta, studiare, fare yoga con l'istruttrice virtuale, parlare con gli amici, conversare con gli studenti.
Non puĆ² sostituire l'esperienza fisica, quella di attraversare la nostra cittĆ , di andare al mercato, sedersi in un'aula, fare pilates sapendo che, se sbaglio, l'istruttrice vera mi correggerĆ , incontrare gli amici per condividere le nostre esperienze davanti ad un tĆØ.
Il web pullula di eventi: mostre, balletti, performances, concerti, film.
E' ovviamente cosa diversa dall'esperienza reale. Anche se il curatore era eccellente e lo streaming di qualitĆ , la mostra di Van Eyck a Ghent l'avrei voluta vedere in persona. Nessuna immagine puĆ² sostituirsi all'esperienza di essere di fronte alla tela, ammirare la composizione, le pennellate, i grumi di colore, i dettagli infinitesimali, le cornici, il muro o il supporto che c'ĆØ dietro, la magia dell'incontro tra noi e l'artista, in uno spazio tempo espositivo, che annulla le distanze.
E questo vale ovviamente per altre manifestazioni. Parafrasando un motto degli anni ottanta: "dal vivo ĆØ meglio."
Prima o poi, ricominceremo a vivere.
Fabio ha detto…
Sono d'accordo con te, Claudia.

Da un certo punto di vista e' una fortuna potere continuare a essere connessi tra di noi e a seguire i nostri interessi.

Ma quello che queste settimane mi hanno insegnato e' che a me la dimensione fisica di queste esperienze manca molto. Che appena potro' tornero' a fare le cose proprio come le facevo prima.

Magari piu' scomodamente. Facendo code, prenotando con anticipo, rispettando orari, restando deluso quando quello che desidero non e' piu' disponibile, quando l'autobus non ne vuole sapere di passare e quando finalmente arriva devi fare il viaggio in piedi.

E pero' vivendo l'esperienza in modo reale, non mediato da uno schermo che alla fine appiattisce ogni gesto e lo rende prevedibile.

Sai invece cosa mi piace? La qualita' dell'aria. Stamattina ho fatto colazione in terrazzo. L'aria era cosi' pulita qui a Clerkenwell che sembrava di stare sulle Dolomiti. Non ricordo niente di simile.
Claudia ha detto…
E' vero, ci ho fatto caso anch'io. E si sentono gli uccelli, il vento, l'odore delle piante e dell'erba...
Ci pensavo stamattina, certi odori e certi suoni li ho provati solo andando via da Londra, camminando in aperta campagna.
Fabio ha detto…
Dammi odoroso all’alba un giardino di fiori bellissimi dove io possa camminare indisturbato.

- Walt Whitman.

Resta un grande desiderio di camminare in campagna, in collina, in montagna, in riva al mare. Questo isolamento ci mette in contatto con i nostri desideri veri, con quello che e' davvero importante per noi. E camminare nella natura e' un'esigenza profonda. Fa sentire vivi.