156/ Profumo di carta.



Ho un po' abbandonato questo blog, lo so.

Capita che si voglia provare qualcosa di nuovo, e così ho iniziato a usare Twitter. L'ho fatto un po' a mio modo. Dandomi delle regole personali.

Per esempio, non usando hashtag. In quel modo si riescono a tenere lontani gli attaccabrighe, quelli che con un termine moderno si chiamano haters e che come ogni bambino bullizzato a scuola ho sempre temuto moltissimo.

Nonostante le mie regole e dandomi tempo per giungere a questa conclusione, ho capito che Twitter non fa per me. 

Ci sarei potuto arrivare anche senza provare forse, dato che Twitter è notoriamente un ambiente molto veloce e la velocità dei giudizi va d'accordo con la loro superficialità. Con l'incapacità di leggere la complessità del reale.

Ma non è quello il principale problema. Il problema è che in Twitter le persone ti leggono.

Anche in un blog ti leggono, obietterete. Sì, ma è diverso. 

Un blog è un luogo che raggiungi con le tue gambe quando ti va, e non seguendo la cronologia di un feed. E quindi è un ambiente più appartato, più intimo. I diari in forma di blog attraggono anime che sentono in modo simile.

Vado io a leggere un blog, non viene lui da me. E quindi un blog consente a chi scrive più libertà.

A voi non prometto niente, ma a me stesso prometto di scrivere qualcosa in più di qui e qualcosa in meno di là.

Anche perchè è vero che sia in un blog che su Twitter si scrive con una tastiera, e però in un blog a me sembra sempre di scrivere con carta e penna. E' alla fine questo profumo di carta che si sente distintamente scrivendolo e leggendolo a rendere un blog un mezzo di comunicazione preferibile.

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