160/ La bellezza e la spiritualità. Seconda parte.

 

Ieri ho pubblicato la lettura scelta da padre Natale sul tema della bellezza. Oggi condivido con voi la trascrizione del mio intervento. Fatemi pure sapere se avete commenti. Buona lettura.

Grazie padre Natale per avermi invitato a fare qualche riflessione personale su questo tema.

Non è facile parlare di bellezza. Se ci pensiamo è un concetto diverso rispetto ad altri che abbiamo affrontato, come responsabilità, gratuità, servizio, gratitudine. E questo perché un nostro comportamento è gratuito o non lo è. Un gesto è responsabile o non lo è.

La bellezza invece ha una valenza molto soggettiva e quindi una natura sfuggente.

Eppure se c’è qualcosa che avvertiamo istintivamente e “come la tempesta scuote”, per riprendere le parole di Gibran che ha letto padre Natale, quella dimensione è proprio la bellezza.

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La filosofa francese Simone Weil si spinse a dire “la bellezza è la sola finalità su questa Terra”, indicando nella ricerca della bellezza il nostro fine ultimo.

Leggendo questa frase mi sono domandato se davvero la bellezza sia un fine, oppure se non sia al contrario un mezzo. Un mezzo che ci permette di accedere a una dimensione superiore. Una dimensione profonda, che è anche una dimensione etica. Non solo estetica.

Cosa ci trasmette infatti immergerci nella bellezza, sia questa bellezza la contemplazione di un paesaggio delle Dolomiti, di un quadro meditativo di Mark Rothko, del nostro cane felice quando lo portiamo a fare una lunga passeggiata con noi, del famoso concerto di Koln di Keith Jarrett? Ci portano a fare esperienza di una dimensione profonda, che definirei spirituale e che in qualche modo ci trascende.

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Vorrei fare riferimento a un episodio personale. Anni fa mi capitò di intervistare per una radio la poetessa, cantante e scrittrice Patti Smith. In quell’occasione le chiesi cosa fosse per lei la spiritualità. E lei mi disse che della spiritualità possiamo fare esperienza attraverso la bellezza. E che lei ne aveva fatta esperienza proprio il giorno prima, al Louvre. Contemplando la Vergine delle Rocce di Leonardo da Vinci.

E quindi la bellezza (dell’arte, della natura) come mezzo, come via. E dove ci conduce questa via?

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In una delle meravigliose lettere al fratello Theo, Vincent van Gogh scrisse: “Vorrei fare dei disegni che vadano al cuore delle persone”. E direi che ci riuscì. Sempre per fare riferimento a esperienze personali, a me capitò di mettermi a piangere al Museo di Arte Moderna di New York di fronte alla Notte stellata di Van Gogh.

Ecco, la bellezza ci conduce secondo me al cuore. E cos’è il cuore? Il cuore è il centro dell’amore, il centro del bene, delle nostre emozioni più autentiche. E quindi la bellezza ha questa capacità di portarci in uno stato che è contemporaneamente di scuotimento (sempre per ricondurci alla poesia di Gibran) e però per usare la terminologia dello yoga anche di centratura. Ci riporta in contatto con la parte migliore di noi stessi.

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Per concludere. Io credo che chiunque di noi possa non solo fare esperienza della bellezza, ma anche e soprattutto generare bellezza. E lo facciamo ogni volta che generiamo armonia, unione, in quello che facciamo e nelle nostre relazioni. Anche al lavoro. Per esempio nella cura che mettiamo nelle nostre espressioni, nelle parole che usiamo, nel modo in cui ci rapportiamo tra di noi.

E chiudo questo mio intervento proprio osservando la bellezza del momento presente che stiamo vivendo insieme, perché io credo che ogni volta che noi ci riuniamo in ascolto delle parole di padre Natale si rinnovi questo miracolo della bellezza. Di una bellezza che si fa saggezza condivisa.

Vi ringrazio per avermi ascoltato e ripasso la parola a padre Natale.

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