231/ Ambivalenza e autoinganno.



"Dissimulare e sommergere l'ambivalenza che è naturale nella maggior parte delle nostre azioni non solo ci porta l'energia, la verve, lo stile e la facilità che un'azione di successo richiede, ma ci aiuta anche ad assicurare la cooperazione sociale che è altrettanto essenziale per i nostri progetti individuali e collettivi.

Buona parte della conversazione educata della vita sociale - la descrizione pubblica delle gioie dei nostri ruoli e funzioni sociali (amica, madre, insegnante, studiosa) - ci incanala e ci fa recitare le nostre parti senza il disordine, la confusione e lo sconvolgimento che si verificherebbero se esprimessimo apertamente la nostra naturale e ragionevole ambivalenza nei confronti di questi ruoli.

È praticamente impossibile immaginare una società che non promuova sistematicamente e attivamente l'autoinganno dei suoi componenti, soprattutto quando le esigenze di continuità e coesione sociale sono sottilmente in contrasto tra loro e con la psicologia standard.

L'autoinganno socialmente indotto è uno strumento per preservare la cooperazione e la coesione sociale".

AMELIE RORTY
User-friendly self-deception. 


Ambivalenza e autoinganno sono quindi secondo la filosofa belga due facce della stessa medaglia. L'ambivalenza tra necessità e rifiuto che proviamo nei confronti dei nostri ruoli richiede dosi piuttosto alte di autoinganno per generare quell'accettazione necessaria a interpretarli e a farlo con cura.

L'induzione subdola dell'autoinganno è parte fondamentale della narrazione sociale che apprendiamo durante gli anni di formazione da vari canali di socializzazione, dalla famiglia alla scuola.

E anche quando durante la fase matura della vita scopriamo le sue dinamiche, liberarsi comporta costi sociali che pochi sono disposti a pagare.

L'altro giorno leggevo un articolo che diceva che l'80% di coloro che hanno scelto la great resignation, se potessero tornerebbero indietro. L'80%. E di questo 80%, il 68% ci ha provato.

Quindi ci autoinganniamo e nascondiamo a noi stessi l'ambivalenza in modo a volte piuttosto superficiale, in cambio di sicurezza o per non mettere in discussione la nostra identità sociale.

A volte si tratta di sopprimere (o solo nascondere, ma non è molto diverso) la parte più bella e anarchica della nostra emotività, del nostro desiderare, del nostro sentire totalmente.

Ma fino a che punto siamo disposti a ingannarci sacrificando la nostra integrità?

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