Dedicato ai visionari intrappolati nella realta' (come Ugo e, ehm, me)
Ieri sera approfittando dell'apertura fino a tardi del Giovedi' e della mia scarsa voglia di andare a nuotare con questo freddo (nonche' del fatto che l'apertura serale dell'uscita Est della metropolitana permette di minimizzare la probabilita' di entrare in contatto con la popolazione di junkies che after dark ciondolano fuori dalla stazione di Aldgate East, che a me di solito chiedono di tutto e si arrabbiano se tiro dritto per la mia strada), sono stato alla Whitechapel Gallery. Ora, per quanto Ugo Rondinone mi sia tanto simpatico, lui e quello che dice di se' (tipo che si sente un visionario intrappolato nella realta', cioe' un po' quello che io penso di me stesso nei miei non tanto rari momenti di megalomania), e per quanto la Whitechapel continui a restare ai primi posti degli "spazi per pensare" in questa citta', insomma, beh, ehm, a me queste sue installazioni non sono mica piaciute tanto. Poi devo dire un paio di cose per essere completamente sincero con voi: 1) che avevo aspettative molto alte e 2) che quella che ho visto e' stata solo una parte dei lavori che lui sta esponendo a Londra (gli altri sono alla galleria di Sadie Coles e, a quanto pare, tutto quanto e' collegato: insomma e' come se commentassi un film alla fine del primo tempo). Ho poco da raccontare in effetti, sapete quando qualcosa vi sfugge piu' o meno del tutto e piu' vi sforzate e meno capite e allora vi dite "ma forse invece sto pensando troppo e non mi lascio trasportare abbastanza" e allora vi mettete in condizione di volare, ma invece state fermi a terra, manca il vento sotto le ali. Ecco, cosi'. Magari poi e' un effetto voluto, come la grande lampadina di plastica che non fa luce, o come la "nevicata di carta un fiocco alla volta" della quale non ho proprio compreso il significato. L'unica cosa interessante erano le maschere appese alle pareti, che pero' sono meno belle di quelle dei fratelli Chapman, per dire.
Se invece salite al piano superiore della galleria (magari fermandovi al caffe' e alla sala lettura del piano ammezzato, nella quale proiettano in questo periodo la serie completa di "Dream spaces", un programma di BBC3 dedicato all'archiettura - realizzato con un linguaggio visivo davvero molto funky), trovate una bella retrospettiva dedicata a uno dei migliori architetti londinesi (piu' o meno, dato che e' nato in Tanzania), l'ultra-hip David Adjaye. Bellissime le foto dei suoi lavori (tra i quali non finiro' mai di consigliare la devastante collaborazione con Chris Ofili, che trovate alla Tate Britain), mentre un po' piu' per addetti ai lavori i plastici di 10 suoi progetti, raccontati pero' poi in forma video (con la splendida musica composta dal fratello dell'architetto, Peter Adjaye).
Se andate il Giovedi' c'e' musica dal vivo nel caffe', tipo dopo le 21, e l'ambiente e' proprio bello.
Beh, ora riprendo a lavorare cosi' non esco tanto tardi che e' Venerdi'. Buon fine settimana dudes.
Se invece salite al piano superiore della galleria (magari fermandovi al caffe' e alla sala lettura del piano ammezzato, nella quale proiettano in questo periodo la serie completa di "Dream spaces", un programma di BBC3 dedicato all'archiettura - realizzato con un linguaggio visivo davvero molto funky), trovate una bella retrospettiva dedicata a uno dei migliori architetti londinesi (piu' o meno, dato che e' nato in Tanzania), l'ultra-hip David Adjaye. Bellissime le foto dei suoi lavori (tra i quali non finiro' mai di consigliare la devastante collaborazione con Chris Ofili, che trovate alla Tate Britain), mentre un po' piu' per addetti ai lavori i plastici di 10 suoi progetti, raccontati pero' poi in forma video (con la splendida musica composta dal fratello dell'architetto, Peter Adjaye).
Se andate il Giovedi' c'e' musica dal vivo nel caffe', tipo dopo le 21, e l'ambiente e' proprio bello.
Beh, ora riprendo a lavorare cosi' non esco tanto tardi che e' Venerdi'. Buon fine settimana dudes.
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