This is a LIVE recording, everything cut in three one-day sessions ('97, '05, '06) with no rehearsal. All arrangements were conducted as we played, you can hear me shouting out the names and instruments of the players as we roll. This approach takes the listener along for the whole ride, as you hear the music not just being played but being made. So, turn it up, put on your dancin' and singin' shoes, and have fun. We did. Here's the Seeger sessions. Pete, thanks for the inspiration.

Ricordo una conversazione a proposito di musica, fatta uno o due mesi fa. Dopo un po' che parlavamo, mi e' stato chiesto, in modo sarcastico "Ma musica di questo secolo non ne ascolti?", al che in modo niente affatto sarcastico (anzi, in un certo senso preoccupato) ho sentito me stesso rispondere "Perche', esiste una musica di questo secolo? E quale sarebbe?". Dall'altra parte non e' arrivata alcuna risposta, come era logico sarebbe successo.

Chi di voi ha letto il fondamentale "Rip it up and start again" di Simon Reynolds si e' fatto probabilmente un'idea di quello che la musica ha saputo essere fino all'avvento della sciagurata MTV. La nascita di MTV ha segnato la fine di tutta quella creativita' musicale che si esprimeva in sottoculture vitali e indipendenti che cercavano di cambiare il mondo attraverso la musica. MTV ha generato l'abbraccio stritolante offerto dalla corporate culture alla musica. Persino gli Arctic Monkeys ammettono che oggi la musica si scrive per vendere i ringtones dei telefonini.

Gli indie-kids che leggevano all'inizio questo blog e ascoltavano Tropici & Meridiani se ne sono andati da un pezzo. Ma se qualcuno passasse di qui, mi piacerebbe che leggesse queste parole: quello che voi state ascoltando adesso e' (non sempre, ma molto molto spesso) una neanche tanto mascherata variazione sul tema di quello che noi quarantenni ascoltavamo grosso modo tra il 1980 e il 1985. Purtroppo, oggi, tutto e' revival: l'hip-hop, la dance, il rock indipendente. Gli anni che stiamo vivendo passeranno alla storia come la stagione delle ristampe. I dischi dei Talking Heads, tanto per fare un nome, sono gia' stati ristampati almeno 3 volte, ed ogni volta presentati con recensioni che li salutavano come una grande novita' (e' successo 3 mesi fa l'ultima volta e probabilmente succedera' ancora nel 2008 o 2009 se non interverra' qualcosa della portata del punk).

Ci sono eccezioni? Si', qualcuna. La musica proposta da Wire per esempio. Dischi che riesci a trovare solo in websites oscuri, stampati in 150 copie. Non molti, ma alcuni di quei dischi contengono declinazioni musicali mai udite prima. Ognuno poi puo' decidere se personalmente preferisce accettare la logica delle ristampe oppure andare su un sito giappones e comprare per la modica cifra di 22 euro piu' spese di spedizione un disco di effetti larsen registrati in casa sua da Otomo Yoshihide.

E comunque, di fatto, la logica delle ristampe e' quella dominante, anche quando la musica viene ri-suonata da musicisti giovani, dagli Yeah Yeah Yeahs ai Kaiser Chiefs e la lista sarebbe interminabile. Sono le ristampe, vere o presunte, che tengono in piedi la baracca delle case discografiche, major o piu' o meno indipendenti.

Tutta questa introduzione per parlare del disco nuovo di Springsteen. Anzi, no, dico prima un'altra cosa. Esistono a mio parere un tempo musicale oggettivo e uno soggettivo, i quali possono camminare in modo anche decisamente diacronico. Facciamo un esempio semplice. E' ovvio che Hank Williams e' arrivato prima dei Joy Division (tempo musicale oggettivo), ma e' altrettanto vero che per me (e forse per molti di voi che state leggendo in questo momento) i Joy Division sono arrivati prima di Hank Williams (tempo musicale soggettivo).

In questo senso, in questa logica di ripescaggio e ristampe, "We shall overcome" puo' suonare ben piu' fresco e nuovo di un disco di, poniamo, gli Editors. Per me, nella mia visione soggettiva delle cose, e' proprio cosi'. Pensate, per esempio, che Springsteen dice di avere scoperto Pete Seeger nel 1997. A me e' successo addirittura dopo, proprio negli ultimi anni.

Non la tiro ulteriormente lunga, siete gia' stati molto pazienti ad arrivare fino a qui, se davvero state ancora leggendo. Aggiungo solo che le storie di Jesse James (che rapinava banche e treni per dare ai poveri e mori' colpito alle spalle da un"amico" che voleva intascare i 25 dollari di taglia) e Ted McGrath (che perse entrambe le gambe in guerra nell'inno pacifista tradizionale irlandese dell'800) mi fanno battere il cuore e mi commuovono. Anch'io devo ringraziare Pete Seeger, e naturalmente un uomo con un cuore grande come una casa, che porta il nome di Bruce Springsteen.

Commenti

PiB ha detto…
Fabio quella distinzione che fai tra tempo musicale oggettivo e uno soggettivo la trovo quanto mai attinente....mi rattrista invece,perchè so essere vera, la storia dei ringtones.
Unknown ha detto…
Devo ammettere che hai ragione, ma mi sento ancora leggermente fortunato perchè qui in Emilia si riesce a stanare qualche buon gruppo che fa musica con l'intento di FARE MUSICA.
COSA RARA

BEL BLOG
Andrea ha detto…
ollala' fabio che bel post

quando chiedi a qualcuno quali sono i suoi 10 migliori dischi e' quasi inevitabile arrivare al massimo ai nirvana (tempo oggettivo) come declinazione "nuova" e "utima" della musica moderna. E se fosse solo questione di
1) ci sono troppi gruppi in giro, e' sempre (stato) difficile trovare il lavoro "immortale" dentro tanto bailamme?
2) lasciare che il disco sedimenti nelle coscienze/esperienze ecc? Daydream nation dei sonic youth e' dell'93 (oggettivo) ma per me suona piu' moderno di tutti i vari cloni (sogg)
Andrea ha detto…
ups volevo dire 1988, non 93
Anonimo ha detto…
Penso alla famosa definizione di tempo in Aristotele: "Il numero del movimento secondo il prima e il dopo", l'idea cioè che il tempo sia una forma di movimento, solo un poco speciale. Speciale perché, secondo lui, "misurata" dall'anima, senza l'esistenza della quale lo stesso concetto di tempo non avrebbe senso.
Ho sempre pensato che la musica stessa sia una "generatrice" di tempo, in quanto agente direttamente sulla nostra anima secondo regole spesso arcane e oscure.
Canzoni che dilatano i secondi in un tempo che pare infinito, altre che volano via senza che ce ne rendiamo conto. Dischi che ascolti da anni e ti pare di averli comperati ieri, e dischi che ascolti per la prima volta e sei sicuro che tanto tempo fa, da qualche parte ...
Grazie per le tue sensazioni, mi hanno fatto riflettere.
Nicola
CICCILLO ha detto…
ops! nel mio desiderio di celarmi definitivamente al mondo mi era sfuggita la data di nascita rimasta sul profilo.
pazienza.... e grazie per la risposta.

ma veniamo a questo interessantissimo post il cui tema credo possa estendersi a molte altre forme artistiche, scientifiche, di pensiero etc...
io dico: ma bisogna proprio cercare sempre il nuovo?
o è un'ossessione di noi 40enni e passa?
attenzione dunque alla sindrome dell'"ai miei tempi...", giacché ti segnalo appartenere a tutte le generazioni che ci hanno preceduto e, probabilmente, a tutte quelle che verranno.
mio padre ad esempio, quando io ascoltavo una musica che trovavo sconvolgentemente nuova come per esempio quello che suonavano gli Henry Cow ancora nei primi anni 80 (e anche a Milano in concerto), mi diceva: "ma questo è Kurt Weill!" e aveva in parte ragione, infatti era quello e anche Britten, Messiaen, Stravinsky, Coltrane etc ma questo l'ho capito dopo e non ha sminuito il mio entusiasmo per quella musica anzi l'ha accresciuto. E così via...

Io per altro, quasi casualmente, una cosa che secondo me è nuova, o meglio creativa, negli ultimi anni l'ho scoperta, una che è nata lo stesso giorno di Springsteen e da lui molto ammirata ricevendone in cambio altrettanta stima e cioè: Ani Di Franco.
La quale è una miscela imprevedibile di Patti Smith e Joni Mitchell, folk e punk, funky e contemporaneo zappiano, poesia e racconto, uomo e donna, rockstar ma indipendente etc...
In questo senso non è nuova, anzi pienamente nello spirito degli anni 70, ma il risultato è secondo me qualcosa di mai udito prima.
E ci sarebbero poi molti altri casi, non solo su Wire, mi viene in mente Regina Spektor, che ho scoperto grazie a te ma anche molti altri in vari campi para-jazzistici, para-contemporanei, para-canzone etc. etc.
Vanno cercate queste identità sfuggenti e molteplici o come diceva Deleuze "divenire mionoritari" (150 copie ma anche 1000).
E non certo su mtv o nell'intera programmazione di radiopop, eccezion fatta per la vostra trasmissione e poco altro.

a presto
Rachele ha detto…
io volevo solo dirti che se ami seeger,e cash ovviamente, insieme a woody guthrie, dovresti (ma magari già lo hai fatto) leggere alessandro portelli, che di cultura popolare americana, come la intendevano quei meravigliosi artisti, ne sa veramente tanta.
poi non so se vale quanto i sopracitati,ma tra gli artisti giovani di questo secolo io voto josh ritter,non credo che ci siano suonerie sulla falsariga delle sue ballate.non ancora almeno..
Anonimo ha detto…
Questo discorso in parte lo condivido e in parte lo rifiuto, perchè mi toglie fiducia e motivazione nei confronti del futuro. Però io non parlerei soltanto di 'nuovo', bensì di qualcosa che suoni altrettanto vivo, fresco, e potente della musica del passato. Secondo me è questo che si va perdendo. La musica lentamente pare svuotarsi di quell'energia. Ma c'è n'è ancora! tante volte è solo questione di saperla scovare. Inventarsi qualcosa di nuovo a questo punto non so se è ancora possibile. Ma non credo neanche sia indispensabile, sinceramente. Non è quello che cerco.
Come dice un mio amico, a mo' di battuta, essere dei geni al tempo di Leonardo era facile, era ancora tutto da inventare... Ma la genialità esiste ancora, no? Si esprimerà in modo diverso, non per forza attraverso l'invenzione, ma nella capacità di rinnovare, portare nuova linfa.

una domanda per Rachele (se ripassa di qua): di Portelli ho letto L'ordine è già stato eseguito, mi è piaciuto molto. Di inerente alla cultura americana cosa consigli?

raffaella
Rachele ha detto…
ciao raffaella.io per esempio quel libro di portelli non l'ho letto, ma ho letto tutto quello che riguarda il suo studio della cultura americana, quindi ti consiglierei:
*canzone politica e cultura popolare in america.il mito di woodie guthrie
*taccuini americani
*la linea del colore

poi lui scrive sul manifesto e ha collaborato a una bellissima raccolta di testi su malcolm x, edita dalla manifestolibri, che si chiama dialogo su malcolm x..

ecco fatto,buona lettura :)
Anonimo ha detto…
Grazie mille! ho preso nota.
ciao, un bacio
raffaella
Unknown ha detto…
grandissima cultura musicale la tua...
sono davvero impressionata, tornerò presto, c'é da imparare molto ... : )
buona giornata
Barbara
Anonimo ha detto…
Ottimo post, letto d'un fiato. In parte sono d'accordo con te e in parte con Bruno Argioles. Nulla si crea, nulla si distrugge e tutto si trasforma, e questo secondo me vale anche per la musica, come per tutte le forma d'arte. E' anche vero che c'è poca memoria storica... Io me ne accorgo quando stilano qualche classifica cinematografica, l'ultima mi pare indetta da Fiorello sulle frasi celebri... Beh, al massimo si arrivava a citazioni di film degli anni'90 e il vecchio caro "Rosebud" (per esempio) chi se lo ricorda più? Ciao
Fabio ha detto…
Pib -

Piu' che altro i ringtones tocca sorbirseli ovunque, ormai sono una colonna sonora costante delle nostre giornate. Come ultra-minimalista, l'unica opzione che tollero personalmente e' il super tradizionale ring ring.

Berso -

E' gia' qualcosa, ma credo che le migliori realta' musicali del passato non abbiano avuto l'intento di fare musica e basta. C'era qualcosa di piu', il desiderio di cambiare magari non il mondo, ma certamente il modo di sentire di tante persone. Un po' OT, ma legato al tuo blog. Mi e' capitato esplorando la rete di trovare davvero tanti blog di ricette. Per un dummy in cucina come me, che vive di zuppe in scatola, una vera rivelazione.

Andrea -

Non conosco la risposta, ma direi che ha molto a che vedere con l'associazione tra musica ed esperienza, con l'idealizzazione del passato che interviene naturalmente per molti di noi, con la razionalizzazione del vissuto personale associato a quei dischi. Poi credo che abbia un proprio peso la conoscenza dell'influenza che quei dischi hanno avuto sulle generazioni future. Una delle ragioni per le quali il primo e il terzo disco dei Velvet Underground sono in tante classifiche dei 10 preferiti, probabilmente dipende dalla conoscenza (necessariamente a posteriori) dell'impatto fondamentale di quei dischi sulla musica di 15 - 20 anni dopo (post-punk, new wave). Stessa cosa si puo' dire degli Stooges, di Bowie, di Eno. Pero' e' un discorso interessante. Resta qualcosa di inspiegabile. E si', Daydream Nation resta un oggetto misterioso, un colpo di genio irripetibile, la rivoluzione in due memorabili pezzi di vinile.

Nicola -

Anche tu mi hai fatto riflettere, e molto. Al di la' della semplificazione che ho introdotto nel post, esiste proprio una capacita' che certi dischi hanno di farci viaggiare, nel tempo e nello spazio, in momenti e luoghi che abbiamo vissuto o solo immaginato, ma che sono molto nostri. Musica generatrice di tempo e di viaggi nel tempo.

Bruno -

Quarantenni, punto. "E passa" non ancora :-) C'e' una piccola contraddizione pero' tra la prima parte del tuo intervento e la seconda. Ani Di Franco e Regina Spektor, personalita' per certi versi simili, sono tra i pochi esempi di folk-punk singers che dicono qualcosa di nuovo. La prima, per esempio, mischia poesia politica e gusto melodico in modo davvero inedito (il suo primo album autoprodotto e' assolutamente fondamentale). "Nuovo" e' spesso sinonimo di "Intenzione di dire qualcosa di nuovo", un'attitudine insomma. Gli Henry Cow certamente muovevano da elementi di Weill e del loro connazionale Britten (che qui e' adorato come una divinita'), ma cercavano, almeno, di contestualizzarli nella controcultura dell'Inghilterra loro contemporanea. C'era in loro un'ambizione che oggi non riesco piu' a individuare.

Rachele -

Grazie davvero per i consigli di lettura. Portelli lo leggo spesso sul Manifesto, insieme a D'Eramo e' alla base della mia comprensione della societa' amaricana passata e presente. E Josh Ritter mi piace proprio tanto, il suo nuovo album sta finalmente facendolo uscire dall'underground, come merita.

Raffaella -

Sono d'accordo con te, si tratta di attitudine. Gli esempi che faceva Bruno, Ani Di Franco e Regina Spektor, calzano a pennello. Resta il fatto che ci sono stati periodi dove quell'attitudine era dominante, pervadeva il mondo della musica, mentre oggi sembra non essere nemmeno un obiettivo. Pensa che tra il 1978 e il 1984 c'era tanta musica nuova e vitale in giro che le case discografiche facevano a gara a chi cancellava dai cataloghi i dischi dei '70: nessuno avrebbe avuto il tempo o il desiderio di ascoltarli. Adesso, invece, quei dischi stanno uscendo dagli archivi. Bene per certi versi, intendiamoci. Ma vorrei avere meno tempo di sentirli, se capisci cosa intendo. Ieri Marco e io ci domandavamo se non sia il caso di cercare la nuova linfa e il rinnovamento che dici in altri ambiti, extra-musicali: teatro e danza d'avanguardia per esempio. Forse sbagliamo nel cercare all'interno dei confini musicali un'attitudine che e' di altri mondi in questo momento.

Baebs -

Grazie, ti aspettiamo. Oggi sono proprio di corsa, ma verro' a trovarti nei prossimi giorni.

Emanuela -

Anch'io sono in parte d'accordo con Bruno e in parte con me stesso. E in parte con Andrea, che dice un po' quello che sostieni anche tu. Il punto e' comunque secondo me sulla qualita' della trasformazioen che dici. Ci sono periodi nei quali quella trasformazione la respiri nell'aria, altri nei quali l'aria si ricicla continuamente.