A hard rain's a-gonna fall (reprise)
Choice and zappers have affected our attention span. And mobile phones are our reality zappers. We do the same with people that we do with TV.
L'ha detto Grayson Perry (Turner Prize, ricordate?). Leggendo la sua intervista mi e' venuto in mente quello che e' successo a London Calling in questi giorni.
Tutti i commenti al post precedente questo che sono arrivati prima che potessi intervenire, forse con l'esclusione di quello di Prema, a me sono sembrati scritti in grande fretta, senza quasi pensare. Non e' una critica, intendiamoci. Senza i vostri commenti che lo tengono vivo, London Calling sarebbe una serie di note sul mio moleskine, non avrebbe senso tenere un diario online. Quindi ogni commento e' benvenuto.
Pero' io credo anche che se persone come quelli di voi che conosco personalmente, con i quali mi capita di avere discussioni cariche di senso quando abbiamo la fortuna di incrociare i nostri percorsi anche occasionalmente, intervengono senza aggiungere nulla al tema, polemizzando, gettando frasi a effetto, c'e' qualcosa che non va nell'uso che del mezzo blog facciamo. Sono solo io a percepire che la superficialita' che tutti quanti abbiamo dimostrato finira' per portarci, tra un anno o due magari, a considerare l'esperienza blog come una, in fondo, perdita di tempo?
Da pensiero nasce pensiero: i mezzi con i quali oggi comunichiamo (email, telefono mobile che spesso implica conversazioni interstiziali come forse le definirebbe Eco, sms, ecc.) non hanno portato le relazioni a trasformarsi nella rete di zapping umani che Perry sembra prefigurare?
Non ho risposte. Lo zapping puo' anche essere emozionalmente piacevole. Per fare il primo esempio che mi viene in mente, qualche giorno fa un amico italiano mi ha telefonato per dirmi che a Radio Popolare mi hanno citato annunciando un brano di Sufjan Stevens: il fatto che abbia fatto una telefonata internazionale per questo mi ha fatto certamente piacere.
Ma questo zapping di segnali frammentati e parziali, questo attention span di durata brevissima, in quale direzione sta portando le nostre reti relazionali? Abbiamo piu' contatti di prima e con piu' persone. Ma siamo sicuri di approfondirli questi contatti, nella misura in cui possiamo davvero dire di *conoscerci*?
La risposta a voi, io cerco di riconnettermi all'internet point del congresso prima o poi, coda permettendo.
L'ha detto Grayson Perry (Turner Prize, ricordate?). Leggendo la sua intervista mi e' venuto in mente quello che e' successo a London Calling in questi giorni.
Tutti i commenti al post precedente questo che sono arrivati prima che potessi intervenire, forse con l'esclusione di quello di Prema, a me sono sembrati scritti in grande fretta, senza quasi pensare. Non e' una critica, intendiamoci. Senza i vostri commenti che lo tengono vivo, London Calling sarebbe una serie di note sul mio moleskine, non avrebbe senso tenere un diario online. Quindi ogni commento e' benvenuto.
Pero' io credo anche che se persone come quelli di voi che conosco personalmente, con i quali mi capita di avere discussioni cariche di senso quando abbiamo la fortuna di incrociare i nostri percorsi anche occasionalmente, intervengono senza aggiungere nulla al tema, polemizzando, gettando frasi a effetto, c'e' qualcosa che non va nell'uso che del mezzo blog facciamo. Sono solo io a percepire che la superficialita' che tutti quanti abbiamo dimostrato finira' per portarci, tra un anno o due magari, a considerare l'esperienza blog come una, in fondo, perdita di tempo?
Da pensiero nasce pensiero: i mezzi con i quali oggi comunichiamo (email, telefono mobile che spesso implica conversazioni interstiziali come forse le definirebbe Eco, sms, ecc.) non hanno portato le relazioni a trasformarsi nella rete di zapping umani che Perry sembra prefigurare?
Non ho risposte. Lo zapping puo' anche essere emozionalmente piacevole. Per fare il primo esempio che mi viene in mente, qualche giorno fa un amico italiano mi ha telefonato per dirmi che a Radio Popolare mi hanno citato annunciando un brano di Sufjan Stevens: il fatto che abbia fatto una telefonata internazionale per questo mi ha fatto certamente piacere.
Ma questo zapping di segnali frammentati e parziali, questo attention span di durata brevissima, in quale direzione sta portando le nostre reti relazionali? Abbiamo piu' contatti di prima e con piu' persone. Ma siamo sicuri di approfondirli questi contatti, nella misura in cui possiamo davvero dire di *conoscerci*?
La risposta a voi, io cerco di riconnettermi all'internet point del congresso prima o poi, coda permettendo.
Commenti
Metto insieme un attimo le idee e poi ritorno!
Buona giornata!
Per rispondere alle domande (retoriche?) di questo post: non mi sento di essere una persona superficiale, che fa zapping relazionale. E sto alla larga da questa tipologia nelle mie amicizie/amori.
Certo che ĆØ un fenomeno che vedo in giro, e la blogosfera ne amplifica la portata direi, dando la falsa impressione che siamo tutti intelligenti, tutti colti e...tutti amici.
Ma veramente ti prego, rimani una delle commentatrici di Fabio. Hai la fortuna di averlo come amico(io non lo conosco), e anche se sono due anni che non lo senti non importa...tu in questo modo, leggendolo e commentandolo gli sei lo stesso vicina, e lui a te.
Resta veramente te lo chiedo con il cuore...condivido con te il fatto un blog serve anche a sollevare polemica. E sicuramente ci sarĆ ancora modo di fare polemica...ma se te ne vai come faremo?! :o)
Ti abbraccio!
Questo ĆØ un OT solo Myriamba, nulla a che vedere con il post.
E non sto dicendo che il blog ci seppellira' tutti quanti, di sicuro e' un ottimo pre-incontro (a quando la 2' cena dei frequentatori del tuo blog?), e un posto per ridere, leggendo le tue strepitose storie. Un po' piu' difficile e' trovare lettori che si trovino esattamente sulla nostra lunghezza d'onda quando abbiamo scritto un post, e che commentino qualcosa di appropriato
il tuo blog precedente aveva messo insieme almeno due problemi diversi, troppo per poche righe. E poi ĆØ stato sviato dalla risposta di Sonia e dai commenti da lei suscitati.
In due righe ĆØ fin troppo facile dire cazzate ma ĆØ difficile comunicare davvero.
Concordo con Andrea, l'unico modo per comunicare ĆØ incontrarsi e parlarsi, tutto il reso sono succedanei poveri.
Sonia: beata te che riesci ancora a volare. E dove vai?Ma poi torni?
Auro
Per ora mi viene da osservare che si puĆ² fare zapping anche nella vita reale passando tra locali e localini, parlando di nulla tra persone a cui poco importa le une delle altre.
Non ĆØ tanto il mezzo che fa la qualitĆ dei rapporti secondo me. Ci possono essere scambi di commenti sui blog densi di significato e conversazioni faccia a faccia vuote.
Sta a noi la qualitĆ dello scambio, e la volontĆ di approfondire gli scambi con le persone per farli diventare piĆ¹ consistenti.
comincio col dire che i commenti al post precedente, che ho letto solo ora e dopo aver letto questo post, non mi sembrano nulla di grave.
Fabio, io non so se ogni tanto giri su altri blog, per esempio su Splinder o forum vari o altrove ma vi sono discussioni nei commenti al cui confronto quella tra Sonia e gli altri ĆØ roba da mammolette con tanto di scuse, chiarimenti etc.
c'ĆØ chi arriva ad insulti pesanti e poi querele etc.
personalmente mi ĆØ anche capitato di trovarmi in alcune di queste situazioni e ho capito che c'ĆØ un problema: esattamente il problema di cui tu parli qui.
cioĆØ il problema delle relazioni che si creano in rete, siano esse di amore, desiderio, amicizia, odio, scambio di opinioni o di file e quant'altro.
lophelia dice che non ĆØ il "mezzo" che fa la qualitĆ dei rapporti e sono d'accordo ma ricordo che qualcuno ha detto che "il mezzo ĆØ il messaggio" e trovo che questa affermazione sia piĆ¹ che mai calzante nel caso di cui parliamo.
qui dentro (intendo nella rete, nei luoghi in cui si comunica in rete), fatta eccezione per Fabio e altri come lui che si presentano col loro nome, ĆØ il regno dei timidi, dei nick e degli anonimi.
dunque di quelli (e mi ci metto dentro anch'io) che hanno tanto da dire e tanta paura di dirlo, tanti desideri e tanta paura di esprimerli e viverli, tanti pensieri che si credono unici e tanta voglia di proclamarli, tanta voglia di litigare anche, tanta aggressivitĆ repressa, tanto amore che non trova una strada.
ma non solo, qui ĆØ anche il regno del narcisismo collettivo, il narcisismo di chi ha i mezzi culturali e tecnologici per esprimerlo e non si fa scrupolo di farlo.
tutto questo non puĆ² altro che esprimersi cosƬ, con parole veloci, che possano essere lette velocemente , parole che richiedono risposte altrettanto veloci, che possano essere cancellate velocemente, di cui non rimanga traccia, di cui non vi sia memoria.
e tutto questo non puĆ² altro che generare relazioni veloci, o "liquide" come dice Baumann, che possano essere interrotte velocemente, di cui non rimanga traccia nell'anima, di cui non vi sia memoria.
mi ĆØ capitato di assistere ad un film agghiacciante recentemente, duole dirlo ma ancora una volta si trattava di Pasolini e delle sue visioni letteralmente apocalittiche sul mondo come immaginava che sarebbe diventato, cioĆØ quello in cui noi tutti adesso viviamo.
non so cosa PPP avrebbe pensato della rete e delle relazioni che vi si creano, so che in quella sala dove proiettavano il documentario di Giuseppe Bertolucci recentemente presentato al Festival di Venezia, sullo schermo c'era un uomo angosciato e disperato che tentava di spiegare ad un intervistatore il senso di quello che sarebbe stato il suo ultimo, straziante, inguardabile film, un uomo che parlava giĆ trent'anni fa del mondo di oggi ma senza immaginare le dimensioni della sua trasformazione.
e ho sentito che in sala, mentre lui diceva quelle cose, molti ridevano.
e mi sono chiesto perchƩ.
grazie Fabio, per lo spazio, ti segnalo che, anche in seguito a queste riflessioni e ad altri fatti, ho chiuso tutti i miei blog: "pollici" e "guscio della lumaca".
ciao, francesco
A tutti noi succede di scherzare, di fare commenti cretini, ironici, di fraintendere e di venire fraintesi.
Fin qui niente di male. Ma se questa diviene la regola, se si scrive solo per istinto, come si mangia o si va in bagno, c'ĆØ qualcosa di sbagliato. Si comunica senza riflettere, senza pensare.
Probabilmente esistono persone che vivono cosƬ il 99% della loro vita. Probabilmente per loro non ĆØ un problema. Il problema ĆØ per gli altri.
Il blog di per sĆØ non ĆØ ne' meglio ne' peggio di altri mezzi e modi di comunicare. Purtroppo la superficialitĆ , il concepire la discussione e il dibattito come polemica, l'incapacitĆ di differenziare, di approfondire, di accettare che spesso non esistono soluzioni semplici a problemi complessi (ma che non per questo bisogna smettere di cercarle)ĆØ il Grande Male della nostra societĆ .
Io in rete cerco, e per fortuna continuo a trovare, persone che cercano di andare oltre tutto questo. Le parole hanno un peso, un valore. E non ĆØ vero che l'unico modo per conoscersi sia incontrarsi e guardarsi negli occhi. Questo ĆØ riduttivo. Esistono molti tipi di rapporti. Per fortuna.
Forse una delle parole chiave ĆØ responsabilitĆ . Accettare che si ĆØ responsabili per quello che si pensa, per quello che si dice, per quello che si scrive.
Non sono molto d'accordo. Su argomenti vasti e complessi possono essere scritti pensieri e osservazioni profondi oppure superficiali, originali oppure banali. Ma questo vale anche parlando di un film, di un disco, di una fotografia. Dipende dalla nostra disponibilita' a riflettere e a esprimere la profondita' che sentiamo di voler mettere in comune con gli altri lettori. Lo zapping, l'affanno per proliferare quanti piu' segni di noi sappiamo lasciare nella rete, e' spesso inversamente proporzionale alla qualita' delle tracce di noi che lasciamo. Quanto piu' un argomento e' vasto e complesso, tanto piu' possiamo individuare percorsi di riflessione nostri all'interno di quel tema, non credi? Certo, sedersi per terra ad ascoltare i TVOTR dopo una bella domenica passata sotto gli alberi di St. Matthew's Row a mangiare i bagels della panetteria di Brick Lane ispira belle discussioni, ma la parola scritta, se scelta con cura, puo' essere altrettanto efficace ed evocativa secondo me.
Sonia -
London Calling e' un po' allo sbando, sto cercando una direzione. In questi due anni e' sempre stato cosi', si alternano fasi di stabilita' (segui un po' un percorso tracciato) ad altre nelle quali capisci che quel percorso ha esaurito le sue potenzialita' e sta diventando piu' un commuting che un'esplorazione. E allora e' arrivato il momento di cambiare, provare qualcosa di nuovo.
Kit -
Non sono domande retoriche, ho scritto infatti che non ho risposte. Come e se vengono commentati i miei post e' anche affar tuo, dato che leggi London Calling e partecipi da almeno un anno. E a tutti fa piacere partecipare a una discussione di qualita', nella quale gli interventi dei lettori propongono idee e punti di vista interessanti, non credi?
Myriamba -
Non credo che dipenda dal numero delle righe. Quando scrivevo per il Manifesto, molte delle recensioni che mandavo tassativamente non potevano superare le 10 righe. Si possono dire molte cose con poche parole, se sono scelte con attenzione. Il blog non dimostra la futilita' delle relazioni, il blog e' un mezzo, e come tutti i mezzi puo' essere usato in molti modi, offre molte possibilita'. Non ci vediamo da due anni perche' hai cambiato citta', e mi spiace che quando passi da Londra non ti faccia sentire. Promettimi che la prossima volta non dimenticherai di chiamarmi.
Auro -
Ma non e' che tutti (non solo i ggiovani) abbiamo ridotto il nostro attention span di fronte all'offerta infinita di possibilita', che finiamo per assaggiare tante cose e persone col solo desiderio di non perdere alcuna di queste possibilita', perdendo cosi' il senso della profondita' che solo la lentezza e la riflessione sono in grado di farci assaporare?
Lophelia -
Perfettamente d'accordo con te, non so che altro aggiungere, se non che la velocita' di spostamento virtuale (attraverso una tastiera o per chi lo usa un telecomando per esempio) finisce per esacerbare i comportamenti ai quali fai riferimento. Meglio una bella mattinata a sorseggiare te' guardando fotografie sotto gli ulivi del giardino di Enrico che tutti i locali e localini del mondo comunque!
Francesco -
In effetti si', London Calling e' una piccola oasi di tranquillita'. Non aspiro affatto alla quantita' dei commenti, mi importa la qualita', vorrei che magari rimanessimo in dieci, ma con il desiderio di scambiare punti di vista, fatti, sentimenti, emozioni. Di approfondire, camminare insieme. Con leggerezza e profondita'. Scegliendo i temi con cura e senza fretta. L'ho detto che London Calling si trasformera', e vorrei che fossimo tutti protagonisti di questo cambiamento. Un luogo dove discutere, un luogo di scambio. Il tuo intervento va in questa direzione. Oggi mi e' capitato tra capo e collo un complimento davvero inatteso. Ero a pranzo con il mio direttore, con il quale lavoro da quasi dieci anni, un americano di Chicago, e a un certo punto, di punto in bianco, mi ha detto: "Vedi Fabio, tu sei un vero ribelle, e per questo mi piace lavorare con te (ora, uno si aspetterebbe di sentirsi dire: "Mi piace lavorare con te perche' fai quello che ti dico" dal proprio direttore, no?). Sei uno dei pochi *true individuals* che conosco, una delle poche personalita' davvero forti con le quali mi e' capitato di entrare in contatto". Ora, io non credo affatto di meritare questo complimento, ma credo pero' che mi/ ci possa aiutare a trovare una direzione. Credo che abbia senso, all'interno di London Calling (e altrove, e sempre) esprimere l'essenza ribelle che ognuno di noi porta dentro di se', i punti di vista "odd", disallineati. E, naturalmente, tutto cio' che ci fa battere il cuore, l'unica ragione per la quale abbia senso vivere.
Artemisia -
Il tuo intervento e' meraviglioso, condivido ogni parola e non saprei aggiungere altro. E' proprio cosi', ognuno di noi e' "responsabile" per quello che esprime, con parole e comportamenti, nei confronti di tutte le persone con le quali entra in contatto. E' un concetto simile a "coscienza", ma piu' avanzato e adulto. Ha a che fare con la consapevolezza, che deve sempre essere vigile.
Auro M. -
A round of applause for Artemisia, infatti.