Near, far, wherever you are

Suonavamo perche' l'Oceano e' grande, e fa paura, suonavamo perche' la gente non sentisse passare il tempo, e si dimenticasse dov'era, e chi era. Suonavamo per farli ballare, perche' se balli non puoi morire, e ti senti Dio. E suonavamo il ragtime, perche' e' la musica su cui Dio balla, quando nessuno lo vede. (Alessandro Baricco, Novecento, Feltrinelli)

The sinking of the Titanic credo si possa ascoltare all'infinito, e ogni volta cogli un particolare che tutte le altre ti era sfuggito. Gavin Bryars lo compose nel 1969, quando era insegnante in una scuola d'arte di Portsmouth, con l'intenzione di creare musica come si trattasse di arte concettuale.

La prima volta fu eseguito qui a Londra, alla Queen Elizabeth Hall nel 1972, ma non venne pubblicato fino al 1975, come numero 1 del catalogo Obscure, sussidiaria della Island curata da Brian Eno.

L'idea di partenza di Bryars fu quella di comporre musica fatta di echi e riverberi come se venisse suonata sott'acqua. La storia dell'affondamento del Titanic immagino la conosciate, con l'orchestra che continuo' a suonare fino a quando tutti i musicisti furono inghiottiti per sempre dalle acque dell'oceano. Pare che non avessero smesso, pur consapevoli della fine, per calmare e consolare gli altri passeggeri. E forse, anche se stessi. Una storia che mi ha sempre commosso, capace di spiegare il potere della musica piu' di migliaia di parole.

The sinking of the Titanic, con i suoi archi solenni che cercano di stare a galla in un oceano di echi sul quale sono sospese note di carillon, e' una delle pagine piu' misteriose della musica classica del ventesimo secolo. In un certo senso, e' una di quelle cose che e' meglio che non ci pensi, se no ci esci matto. Quando cade un quadro. Quando ti svegli, un mattino, e non la ami piu'. Quando apri il giornale e leggi e' scoppiata la guerra. Quando vedi un treno e pensi io devo andarmene da qui. Quando ti guardi allo specchio e ti accorgi che sei vecchio. Quando ti accorgi che i confini dell'universo musica sono un po' piu' distanti di quello che pensavi fino a quel momento. Quando prendi coscienza che il territorio che vale la pena di esplorare e' cosi' vasto che non finisce mai.

La facciata B dell'album e' altrettanto straordinaria. Nel 1971, Bryars collaboro' alla realizzazione di un documentario sugli homeless di Elephant & Castle, ancora oggi una delle zone piu' povere di questa citta'. Uno di questi homeless si mise a cantare una canzone religiosa: il sangue di Gesu' non mi ha mai tradito, e c'e' una cosa che so, che Lui mi vuole bene.

Bryars trasformo' quella canzone in un loop e aggiunse un accompagnamento, mentre lavorava come ricercatore al Fine Art Department di Leicester. Sentiamo dalla sua voce cosa successe dopo:

The door of the recording room opened on to one of the large painting studios and I left the tape copying, with the door open, while I went to have a cup of coffee. When I came back I found the normally lively room unnaturally subdued. People were moving about much more slowly than usual and a few were sitting alone, quietly weeping.

I was puzzled until I realised that the tape was still playing and that they had been overcome by the old man's singing. This convinced me of the emotional power of the music and of the possibilities offered by adding a simple, though gradually evolving, orchestral accompaniment that respected the tramp's nobility and simple faith. Although he died before he could hear what I had done with his singing, the piece remains as an eloquent, but understated testimony to his spirit and optimism.

Quel disco di tanti anni fa sta girando nello stereo del mio soggiorno, con le finestre aperte nella tranquilla notte di Clerkenwell, mentre una fresca brezza fa ondeggiare dolcemente la lavanda fiorita nei vasi sul terrazzo. Muovo lentamente le dita sulla tastiera, anche io commosso dall'infinita semplicita' e nobilta' delle parole di quell'homeless che non c'e' piu', che molto insegnano.

Commenti

Unknown ha detto…
E avevo pure un biglietto in piu' per Sabato...